Interactive

La rivincita della ‘old economy’ e il ‘sorpasso in discesa’ dei tech giant. Giovanni Ferrero batte Mark Zuckerberg, e la Kweichow Moutai trionfa alla Borsa cinese

Chi vive sulla pubblicità online precipita, chi ha un equilibrio superiore tra le fonti di revenue inciampa comunque in un percorso difficile: tutte le aziende tecnologiche hanno i conti – più o meno – in rosso. E, beffa suprema, sono i campioni della old economy che vincono, in questo pazzo 2022 che guarda con sospetto crescente alle performance negative del Nasdaq, il cui indice è precipitato dai quasi 16.000 punti di un anno fa a meno di 11.000 di ieri.

E, in questa turbinosa caduta di valori, si assiste a vicende che sarebbero sembrate incredibili anche solo 12 mesi fa. La classifica dei miliardari di Bloomberg, quell’indice che ogni mese aggiorna i patrimoni degli ultra-ricchi del pianeta, non mente. Ed ecco allora che Mark Zuckerberg deve fare i conti con una rivoluzione del Metaverso che non decolla, anzi affossa il titolo di Meta in Borsa bruciando 80 miliardi di dollari, mentre la Ferrero – come azienda – veleggia tranquilla verso nuovi record, con Giovanni Ferrero, Ceo della multinazionale di Alba, che figura al 25 esimo posto degli uomini più ricchi del pianeta: in portafoglio 38,9 miliardi di dollari, circa tre miliardi in più rispetto all’anno scorso. In confronto il ‘povero’ Zuckerberg ‘precipita’ alla 28 esima posizione con 38,2 miliardi. Ne aveva in tasca 128 solo un anno fa. ‘Sic transit gloria mundi’, verrebbe da dire, se non fosse che – al di la dell’impressionante crollo numerico – il calo interessa tutte – o quasi – le aziende tech quotate a New York.

Ma anche dall’altra parte del mondo, in Cina, le cose non vanno meglio per le aziende tecnologiche, con Kweichow Moutai, azienda statale che distilla il liquore baijiu, uno dei prodotti ‘simbolo’ della Cina tradizionale, che ha superato per capitalizzazione Tencent, gigante privato della tecnologia che controlla la piattaforma WeChat utilizzata da 1,3 miliardi di cinesi per scambiarsi messaggi e pagare ogni tipo di beni e servizi online con lo smartphone. La quotazione di Tencent si è più che dimezzata dall’anno scorso, passando dai 480 dollati di HongKong ai 221 di ieri: anche in questo caso si è trattato di un sorpasso ‘a rovescio’ e in una situazione determinata dagli intenti ‘dirigisti’ del Governo. A proposito, qualcuno ha sentito nominare recentemente Jack Ma, l’ex-dominus di Alibaba?

Torniamo però alle Borse occidentali, meno soggette a indirizzi politici e governativi, e più rispondenti al mercato. La situazione non è rosea: Meta è stata affossata da risultati sotto le aspettative e – ancor di più – dalla nebulosità del suo futuro; Alphabet non procedeva così a rilento da quasi un decennio; l’eCommerce di Amazon potrebbe deludere sotto l’albero di Natale. E, per ragioni diverse, neppure Apple e Microsoft si sono salvate.

Ma guardiamo alle singole aziende e ai rispettivi punti di debolezza. Meta spicca in questo quadro negativo perché, in attesa che il Metaverso sviluppi le sue potenzialità – se ne ha, visto lo scetticismo diffuso al riguarda – al momento dispone una sola fonte di reddito, la pubblicità, che nel terzo periodo 2022 ha rappresentato il 98% del fatturato. Un dipendenza quanto meno molto rischiosa in una fase così turbolenta del mercato globale.

Che si replica anche in Alphabet: il fatturato della holding cui fa capo Google è sì cresciuto, ma solo del 6%, deludendo le aspettative degli analisti. Il punto debole in particolare è YouTube, in calo del 2% come ricavi, e più in generale, l’advertising, che conta per i tre quarti delle revenue. Il paracadute – di cui Meta è privo – capace di rallentare la picchiata si chiama Google Cloud. È ancora in perdita, ma è cresciuto ben oltre le attese (+37%, a 6,9 miliardi).

Neppure Microsoft, questa volta, ha retto: il titolo ha perso il 9,5% nel giro di due sedute, dopo la stima di un fatturato tra i 52,35 e i 53,35 miliardi di dollari. Meno delle attese. In qualche modo, tuttavia, grazie alla distribuzione tra cloud, servizi per le imprese e prodotti per gli utenti, la società tiene. Ma proprio il caso di Microsoft, che fa dell’equilibrio il proprio punto di forza, fa capire quanto la crisi sia trasversale a più settori.

Anche l’eCommerce di Amazon mostra segnali di debolezza, mentre le azioni del Gruppo hanno perso oltre il 12%. La delusione, qui, arriva dalle stime per il periodo ottobre-dicembre: Amazon prevede di incassare tra i 140 e i 148 miliardi. Si tratta però dell’ultimo quarter dell’anno, quello più ricco per le vendite online, tra Black Friday e feste natalizie. Il gruppo teme quindi che l’incertezza e il caro energia, pesando sulle famiglie, freneranno gli acquisti online. In più non brilla neppure Aws, cioè il cloud: la nuvola continua ad ampliarsi, ma per la prima volta dal 2020 è cresciuta meno del 30%.

Infine Apple, l’azienda verticale per eccellenza, dall’hardware al S.O., all’Apple Store. Anche qui non mancano i segnali di debolezza: dopo la pubblicazione della trimestrale, il titolo ha perso il 3%. Un calo che, confrontato con gli scivoloni delle altre tech company, sembra quasi una buona notizia. La nubi si concentrano su iPhone, servizi e indicazioni per i prossimi mesi: soprattutto l’iPhone che rappresenta metà del fauurato del Gruppo, potrebbe essere una mina vagante se i gusti dei consumatori – volenti o nolenti – si allontanassero dagli acquisti premium.