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Rapporto Auditel Censis: la Smart Tv sorpassa il televisore tradizionale, 21 milioni contro 20,5. Gli schermi connessi sono 97 milioni. Aumenta il pubblico dello streaming: il 45,8% degli italiani fruisce di contenuti su piattaforme e siti

Andrea Imperiali, Presidente Auditel
Andrea Imperiali, Presidente Auditel
di Maurizio Ermisino

Il dato più importante del nuovo Rapporto Auditel Censis è anche quello che meno ci lascia sorpresi. È quello che segna il sorpasso delle Smart Tv sui televisori tradizionali: oggi nelle case degli italiani ci sono complessivamente 21 milioni di Smart TV e 20 milioni e mezzo di Tv tradizionali. Gli schermi connessi oggi in Italia sono 97 milioni. Come ormai tutti sappiamo aumenta la fruizione in streaming, ma non solo quella dei grandi servizi internazionali: aumenta anche quella dei network nazionali. È quello che sancisce il Sesto Rapporto Auditel-Censis, ‘La nuova Italia televisiva’, presentato ieri a Roma la Sala Capitolare del Senato della Repubblica, una fotografia in altissima risoluzione della società italiana. Realizzato attraverso 20mila interviste familiari condotte nelle case degli italiani face to face, mira a fissare la reale fisionomia delle famiglie italiane. Dalla ricerca emerge l’assoluta centralità della televisione nel processo di trasformazione digitale del paese.

La protagonista è la Smart Tv, oggetto che è triplicato nelle case degli italiani negli ultimi sette anni, passando da poco poi di 7 milioni a 21 milioni (+ 13 milioni e 600.000 in valore assoluto). Sommando a queste le tv connesse attraverso i dispositivi esterni, il numero arriva 22,8 milioni. È chiaro come a questo punto sia conseguente l’aumento della visione in streaming dei nostri programmi preferiti: il 45,8% degli italiani (26 milioni e 300.000) fruisce di contenuti su piattaforme e siti web, con un aumento del 66,2% nei sette anni considerati. Quest’anno, in cui la crescita si è consolidata dopo il boom degli anni della pandemia, ha segnato comunque un aumento del 7,3%. È interessante vedere come i broadcaster italiani non si siano fatti trovare impreparati: con i loro cataloghi e le loro piattaforme digitali hanno aumentato i loro bacini d’ascolto.

Sempre più schermi connessi: sono 122 milioni, +9,6% negli ultimi sette anni

La ricerca, che è stata introdotta da Andrea Imperiali, Presidente Auditel, e presentata dalla Dott.ssa Anna Italia, consiste in 7 rilevazioni annuali. I dati presentati sono aggiornati a giugno 2023. Come detto in apertura, le Smart Tv superano le tv tradizionali e le famiglie con tv collegate a internet sono la maggioranza. Ci sono sempre più schermi connessi: sono 122 milioni, cresciuti del 9,6% negli ultimi sette anni. La crescita è frutto dei device connessi, che sono 97 milioni e 300 mila (cresciuti del 31,7% negli ultimi sette anni e del 4,4% nell’ultimo anno). Se la crescita continuerà su questi ritmi, si stima che nel 2024 arriveremo a 100 milioni di device connessi. L’aumento dei device connessi è frutto principalmente dell’aumento delle Smart tv, in forte crescita; i tablet sono rimasti stazionari negli anni, così come i pc che rimangono invariati. Continua una crescita ininterrotta, forse destinata a fermarsi, degli smartphone: sono 50 milioni nelle case degli italiani, quasi uno smartphone ciascuno. All’intero del comparto televisioni è cambiata la distribuzione degli apparecchi. Dai 32 milioni di tv tradizionali contro i 7 milioni di Smart tv di sette anni fa siamo arrivati ai 21 milioni di Smart tv contro i 20,5 milioni di apparecchi tradizionali di oggi: le Smart tv sono cresciute del 183% e le tradizionali calate del 37,1%. È stato il passaggio al digitale terrestre di seconda generazione che ha costretto molti a cambiare. In Italia ci sono 43,4 milioni di televisori. 15 milioni e 400 mila famigli sono e pronte per il digitale terrestre di seconda generazione. E 8 milioni e 400 mila famiglie che non sono pronte. E che, quando ci sarà il momento dello switch-off definitivo, ci si aspetta che acquistino un nuovo televisore.

Il 91,7% degli italiani ha internet a casa, 2 milioni di famiglie non hanno internet

A proposito di connessioni, il 91,7% degli italiani possiede il collegamento a internet a casa: è un dato che segna una crescita del 12,1% rispetto al 2017. Il 60,9% degli italiani ha una connessione sia fissa che mobile, (+25,2%), il 63,1% delle famiglie ha una connessione a banda larga. Ma, a fronte di questi dati, ci sono ancora 2 milioni di famiglie che non hanno internet (8,3%) e 7 milioni e 400mila famiglie che in casa hanno solo una connessione mobile (30,2%). 5 milioni e 500mila famiglie (il 22,4% del totale) si collegano solo con lo smartphone.

26 milioni e 300mila italiani (il 45,8%) guardano contenuti in streaming

Il dato che ti aspetti è questo. Aumenta il pubblico dello streaming: 26 milioni e 300mila italiani (il 45,8%) guardano contenuti televisivi su siti e piattaforme: è un aumento del 66,2% rispetto al 2017, quando erano il 27% del totale e non raggiungevano i 16 milioni. È un pubblico di tutte le età, ma soprattutto fatto di giovani e adulti, gli anziani sono meno numerosi. I broadcaster nazionali hanno dimostrato una buona capacità di adattarsi al nuovo contesto e di proporsi sul web attraverso cataloghi digitali e piattaforme on demand, mantenendo una specificità nel pubblico (più donne, più laureati, più anziani, più minori) e una vocazione più generalista da parte del loro pubblico. In sintesi, continua il processo di modernizzazione degli schermi televisivi che ormai interessa la maggioranza delle famiglie italiane. Con il passaggio al digitale terrestre di seconda generazione, però, saranno molto importanti le politiche di incentivazione affinché tutti possano fruire dell’opportunità di avere una tv connessa.

Adolfo Urso: Promuovere l’alfabetizzazione digitale e l’industria dell’audiovisivo

“Quando iniziai la mia attività professionale di giornalista ricordo che ciascun redattore doveva esser in grado di selezionare le 60-65 notizie che riceveva per farle entrare nel quotidiano”, ha ricordato Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy. “E doveva gerarchizzarle, la prima pagina l’apertura. La bravura del corpo redazionale era selezionare le notizie per i propri lettori, e il giorno dopo si trattava di capire chi aveva bucato la notizia. Oggi il problema è come selezionare le notizie dando una gerarchia e evitando la disinformazione quotidiana che ognuno di noi riceve, spesso dal proprio cellulare. Oggi giornalista è chiunque abbia un cellulare nelle proprie mani”.

“Tutto questo rende necessarie alcune riflessioni”, ha dichiarato il ministro. “L’ibridazione digitale ha reso necessario un continuo aggiornamento e adeguamento normativo. Occorre promuovere l’alfabetizzazione digitale e il sostegno all’industria dell’audiovisivo che è in perenne fase di transizione. Occorre favorire un aggiornamento del quadro normativo a tutela degli operatori del settore e dei consumatori soprattutto se minori”.

De Rita: È una società che si prende il tempo. Se arrivasse una crisi profonda noi staremmo sui tempi lunghi

“La cosa più sorprendete è una sorta di conferma dei tempi lunghi, paesani, della società italiana”, è intervenuto, immaginifico come sempre, il Presidente del Censis Giuseppe De Rita. “È un paese dove il 91% della popolazione è contento della casa in cui vive e il 77% crede che la casa sia ben accessoriata. E trascorre in casa più tempo di quanto trascorresse cinque anni fa”.

“Il nostro modo di gestire i mezzi di comunicazione sembrava andare verso una personalizzazione”, ha spiegato il presidente. “Con il telefonino eravamo destinati a vivere con il telefonino per strada, allo stadio, sembravamo destinati a un trend di ulteriore personalizzazione. Anche la comunicazione di massa premia la dimensione personale, e la ricerca appena presentata accentua questa cosa: in fondo, all’interno della casa abbiamo moltiplicato le dimensioni dello schermo. Non solo il numero degli schermi, che è cresciuto: oggi abbiamo 6 milioni di grandi televisori. Ci piace lo schermo grande, stare a casa come se fossimo al cinema, con un miglioramento della qualità. Il prodotto più utilizzato da queste famiglie è il film, quello che ha bisogno di più tempo: per avere il risultato di una partita bastano pochi minuti, per un film ci vogliono due ore. È una società che si prende il tempo. Se arrivasse una crisi profonda noi staremmo sui tempi lunghi. Staremmo a guardare il film. Non recupereremmo subito la dimensione che abbiamo avuto sino a 10 anni fa, 30 anni fa, nel dopoguerra, di un ritmo adeguato alla crisi“.

Maurizio Gasparri: Esiste un tema di equità fiscale

Maurizio Gasparri, Presidente del Senato, ha puntato l’attenzione sul problema economico che deriva dalla Smart tv. “Abbiamo potenti così potenti che nessuno fa niente. I giganti del web che dominano la scena entrano anche in tv, Amazon e Netflix. I giganti del web non pagano le tasse facendo una concorrenza sleale. Esiste, dunque, un tema di equità fiscale che deve essere posto. Il mercato come regola il progresso? I più forti oggi pagano meno di tutti”.

Barbara Floridia: Il servizio pubblico deve pensare prodotti per la Smart tv e il digitale. E non si taglia

Anche il servizio pubblico deve ripensare informazione e intrattenimento, secondo Barbara Floridia, Presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. “A scuola, a un certo punto, la lavagna tradizionale era stata sostituita dalla Lim, la lavagna digitale”, ha ricordato a proposito del suo passato da insegnante. “Prima la usavo come lavagna. Ma quella non è una lavagna è una finestra. Se avessi continuato a utilizzare la Lim come una lavagna non avrei cavalcato il presente. Se noi non cambiamo e non pensiamo che le Smart tv e i telefonini non sono più come le vecchie tv e telefoni, come quella non era una lavagna ma una finestra, non andremo incontro alle persone”.

“Il servizio pubblico deve trasformarsi, fare in modo di pensare prodotti per la Smart tv e il digitale“, ha continuato. “Il servizio pubblico è un bene comune. E allora servono risorse, il servizio pubblico non si taglia“.

Laura Aria: Serve una regolamentazione sempre più omogenea

La trasformazione digitale è ormai avanzata. “In questo mondo connesso si uniscono i due mondi, il mondo regolato fin dal 1989, come quello televisivo, e quello dei servizi delle società tecnologiche, che è stato volutamente deregolamentato, per renderlo uno spazio libero per non frenare l’innovazione tecnologica”, è intervenuta Laura Aria, Commissario AGCOM. “Le sfide regolatorie sono molteplici a partire dal contrasto alla pirateria digitale. Occorre, dunque, trovare una formula in linea con le normative territoriali ed europee per arrivare a una regolamentazione sempre più omogenea. È importante sfruttare le opportunità che la tecnologia ci offre, al contempo è fondamentale che le istituzioni siano responsabili per minimizzare i rischi derivanti da tale processo”.