Responsabile dell’iniziativa social sulla piattaforma cinese, che prende il via il 3 Maggio, è Milano & Partners, l’agenzia di promozione ufficiale della città e, nel caso specifico, del brand Yes Milano, all’interno della campagna ‘Milano quartieri Spring-Summer 2021’ che ha il fine di rilanciare il turismo di prossimità nei diversi quartieri di Milano.
L’inizio della campagna è concentrato su Baggio, Isola e Chiaravalle, e le proposte sono variate: tour tematici, e playlist musicali per i singoli quartieri, mini-siti dedicati, manifesti in PDF e per l’OOH. Non può mancare una campagna sui social media, e qui appare la novità: oltra ai canali più consueti, Instagram e Facebook, si avvia una sperimentazione su TikTok, che si concluderà 30 settembre 2021. Lo scopo principale è quello di attirare studenti internazionali, andandoli a cercare dove trascorrono il loro tempo libero. E quindi non più su Facebook o Instagram, sempre più visti come canali di comunicazione tradizionali e ‘ufficiali’ ma sui social innovativi, capaci di usare un linguaggio diverso, come appunto TikTok.
Il che porta comunque a uno ‘scontro’ tra i social media e il loro impiego da parte del Comune di Milano. Si diceva prima, a questo proposito, del ruolo quasi istituzionale assunto da Facebook, che, al di là delle polemiche su alcune campagne, ha nel tempo assunto un ruolo riconosciuto: la pagina del Comune nel mese di febbraio (ultimi dati a disposizione) ha segnato 203.727 follower. Il numero di persone raggiunte dai diversi post è di 6 milioni e 293 mila. Il top post, quello più letto, riguarda la ‘Milano c’è, la città che aiuta’, sulla rete di aiuti messi in campo da Palazzo Marino per le persone in difficoltà: lo hanno visto 552mila persone.
Facebook è però solo uno dei tanti fili della ramificata strategia di comunicazione del Comune che si basa su tre pilastri. Il primo riguarda gli display presenti in città, sui quali il Comune ha a disposizione gratuitamente il 10 per cento del tempo. Il secondo è la newsletter quotidiana con 300mila abbonati e una tasso di lettura medio tra il 20 e il 30%. Il terzo è il sito ufficiale del Comune: a marzo le visite sono state un milione e 700 mila, con 920mila visitatori unici e una crescita del 22 per cento rispetto all’anno scorso. Più ridotto l’uso di Twitter, anche se la platea di follower è molto ampia: 362mila.
Rimane sullo sfondo Instagram, che è gestito direttamente dal sindaco Beppe Sala, a differenza di Facebook e Twitter, gestiti da un’agenzia di comunicazione. Su questi due social infatti seguono un modello istituzionale per la comunicazione della attività del Comune, Instragram riporta direttamente a Sala, che ha le password e interagisce da solo con i suoi follower, che sono cresciuti nonostante ‘passi falsi’ come quello della campagna #MilanoNonSiFerma o anche #abbracciauncinese l’anno scorso. Alcune foto hanno avuto una valenza che è andata oltre la semplice cronaca, come quella con i calzini arcobaleno in occasione del Milan Pride Day.
Oggi i follower del sindaco hanno raggiunto i 241mila, un record tra i politici del centrosinistra, nonostante questi ‘inciampi’. Ma il successo paradossalmente rappresenta un problema in più, ora che Beppe Sala ha assunto un doppio ruolo: quello di sindaco di tutti i milanesi e quello di candidato in corsa per la rielezione, comunicata ufficialmente nei mesi scorsi.
Va da sé che una comunicazione istituzionale, anche su più ‘libera’ come quella inaugurata da Sala potrebbe rivelarsi inappropriata o non efficace per concorrere in una gara senza esclusione di colpi quale si profila essere la prossima elezione comunale. Le opzioni a disposizione potrebbero essere un paio: sdoppiare il profilo (ma che fare allora dei follower – pochi o molti che siano – che magari non sono interessati al ‘candidato’ Sala), o affidarne la gestione a due soggetti, uno per la parte politica ‘istituzionale’, l’altro per quella più propriamente elettorale. Nessuna soluzione è priva di controindicazioni e di problemi.
Un dilemma ben diverso e molto più complesso di quello di Milano & Partners, che si è limitata ad aggiungere un nuovo social media al vantaglio di quelli usati. E che importa se la proprietà cinese continua a non essere al sopra di ogni sospetto, secondo gli USA. Dopotutto, adesso è presente anche in televisione con campagne pubblicitarie ad hoc, che altro si può volere di più?