Apple è stata accusata apertamente di ‘ipocrisia’ e ‘cinismo’, per la sua politica anti-tracciamento implementata sugli iPhone, da IAB – Interactive Advertising Bureau, di sono soci – com’è noto – giganti dell’adtech quali Meta e Google. Nella prima giornata effettiva dell’ARM (Annual Leadeship Meeting) di IAB, che si tiene a Marco Island, in Florida, da domenica pomeriggio fino a questa sera, il CEO di IAB David Cohen ha tenuto uno speech decisamente duro nei confronti della Mela morsicata, in particolare riguardo alla politica e alla privacy vantata dall’iPhone.
Secondo quanto riporta la testata AdAge, Cohen ha accusato Apple di ‘attaccare’ il settore pubblicitario dall’interno, spiegando che Apple rappresenta ‘cinismo e ipocrisia’, aggiungendo che “mentre non mancano gli attivisti che attaccano il nostro settore (quello del digital advertising, ndr) dall’esterno, ce ne sono altri che lo attaccano dall’interno, come Apple che rappresenta l’esempio concreto del cinismo e dell’ipocrisia che sono alla base della visione estremista prevalente”.
Cohen ha spiega che, mentre Apple impone alle app presenti sul suo store di chiedere il permesso agli utenti prima di tracciarli su app e siti web di proprietà di altre aziende, l’azienda può tracciare i propri utenti senza doverne rendere conto. Cohen cita la funzione chiamata App Tracking Transparency (ATT), lanciata nell’aprile 2021, che obbliga le app a chiedere agli utenti un consenso esplicito prima di tracciarli. “Non è possibile che ‘personalizzazione‘ nell’ecosistema Apple equivalga a ‘tracciamento‘ al di fuori di esso”, ha sottolineato Cohen. “Non è una battaglia equa“.
Apple richiede che le app di terze parti chiedano il permesso agli utenti prima di tracciarli, ma le app stock dell’azienda evitano di chiedere il permesso perché “non tracciano gli utenti”, secondo Craig Federighi, VicePresident of hardware engineering di Apple, che in un’intervista rilasciata al Wall Street Journal nell’aprile 2021, a proposito di ATT, ha spiegato che nessuna app Apple avrebbe il pop-up di ATT poiché “non c’è nessuna app o servizio Apple che traccia gli utenti“.
Federighi aveva aggiunto che se Apple lanciasse un’app o un servizio che tracciasse gli utenti, rispetterebbe la propria politica dell’App Store. Ma queste sono dichiarazioni di parte, sostengono non pochi competitor, tant’è che Apple sta attualmente affrontando un’azione legale collettiva perché – sostengono i ricorrenti – registra l’attività mobile degli utenti senza il loro consenso e nonostante le garanzie sulla privacy. In tribunale Apple viene accusato di aver fornito garanzie “assolutamente false” sul fatto che gli utenti di iPhone abbiano il controllo dei propri dati.
“Apple registra, traccia, raccoglie e monetizza i dati analitici, tra cui la cronologia di navigazione e le informazioni sulle attività, indipendentemente dalle garanzie o dalle impostazioni sulla privacy e sui dati che i consumatori adottano per proteggere la loro privacy”, si legge nelle carte della causa.
In effetti, la politica e le dichiarazioni della Casa di Cupertino, nonché l’approccio alla privacy dell’App Store di Apple sono sempre più oggetto di attenzione da parte di organizzazioni e aziende internazionali, dall’UE al Regno Unito, da Meta a Google, a Spotify. Ad esempio, la settimana scorsa, il giorno 19 gennaio, Spotify, Deezer e altri sei firmatari hanno sottoscritto una lettera al Parlamento UE e ai vertici della Commissione europea definendo la politica di Apple ‘anticoncorrenziale’ e ‘dannosa’ per le aziende.