di Massimo Bolchi
“In realtà la categorizzazione, che continuiamo a fare, tra investimenti televisivi e quelli digital, ha sempre meno senso”. L’esordio di Francesco Barbarani, Direttore Digital & Experience di Rai Pubblicità, va diritto al cuore della questione. “Certo, se si parla di Fcp la questione è già risolta, ma nei fatti gli investimenti della aziende sul digitale oscillano sempre di più tra i budget media televisivi e quelli digitali, e con ragione. Prendiamo il caso della Smart Tv: sono un’estensione della televisione o delle app? E poi, quando di guarda lo stesso programma su una smart tv o su un cellulare/tablet bisognerebbe classificarlo diversamente? Lo so che spesso si fa così, ma è una complicazione che presto sarà superflua, almeno lo spero”.
“Comunque quello che posso dire, tornando ai miei ambiti istituzionali”, riprende Barbarani, “è che sul digital cresciamo in doppia cifra, battendo largamente il mercato. Non per caso oggi il 90% degli investitori televisivi è presente sulla proposte digitali: erano ancora solo il 70% nel 2022. E in questi primi mesi del 2024 la quota è ancora cresciuta. D’altronde, abbiamo iniziato a fare le offerte commerciali di Domination Big Screen con Fiorello, da un tempo tutto sommato limitato, mentre è di ieri l’ampliamento dell’offerta alle Olimpiadi, a conferma della crescita di questo modello di business”.
“Perché lo schermo della CTV è sempre quello”, spiega, “cambia la metodologia di fruizione: Fiorello, per esempio, fa numeri importanti anche in replay tv e on demand; l’impaginazione è identica a quella digitale, con due inserzionisti; e quindi è sempre più complesso identificare la tecnologia alla base della messa in onda del contenuto”
“Non parlerei di fortuna”, aggiunge Barbarani, “quanto di capacità di creare contenuti di qualità – come dimostrano i numeri della emittenti – e di aver saputo, come editore, anticipare le nuove tendenze e presidiarle in maniera estesa: abbiamo anche due canali su YouTube e dei team che ‘snackizzano’ i video per complementare le audience televisive classiche”.
“Senza trascurare il fatto che abbiamo oltre 26 milioni di utenti registrati: questi sono dati di prima parte su cui possiamo fare lavori molto raffinati, per dare all’investitore ‘personas’ e cluster che sono davvero affini alle sue richieste, oltre all’abbinata vincente tra la pubblicità e un contenuto di qualità che rappresenta un insieme imbattibile, unita a un visualizzazione full screen. Noi non abbiamo widget o popup, ma lavoriamo sull’impatto e sul ricordo delle pubblicità”.
“Per ultimo lasciamo il discorso listini, che sono molto semplici come concezione”, conclude Barbarani. “Si parte da un minimo di general rotation per la CTV o per i digital device. Su questo valore si applica un mark up per la audience: si inizia dai soli dati Geo e socio-demo, per poi salire gradatamente man mano che le specifiche si fanno più verticali, fino alle Custom, profili molto dettagliati che vengono costruiti insieme al cliente, che sono il massimo di personalizzazione possibile, per la quali il mark up è del 50%”.