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Federico Fuzzi, Webranking: “La rivoluzione analytics in atto rappresenta un’opportunità preziosa: tutte le strutture aziendali condivideranno gli asset organizzativi disponibili”

Federico Fuzzi, Head of Digital Analytics di Webranking

Il 2 novembre è stata diffusa la notizia del rilascio di Digital Analytics Revolution, un manuale di visione interamente dedicato all’analisi della rivoluzione che sta vivendo in questi mesi il mondo della digital analytics. Per approfondire maggiormente le criticità e le opportunita del comparto, abbiamo dato la parola a Federico Fuzzi, Head of Digital Analytics di WEBRANKING, per avere un’opinione ‘informata’ di ciò che sta accadendo ora e un’indicazione di quali saranno le direzioni future che imboccheranno le imprese.

“Ci siamo resi conto una volta di più di quanto la misurazione digitale sia precaria e di come le energie delle aziende in questo campo siano rivolte più alla compliance normativa che alla valorizzazione degli investimenti”, afferma Vivaldelli di UPA nell’introduzione al paper ‘Digital Analytics Revolution’. Una visione troppo cinica oppure la constatazione di una realtà di fatto? Che conseguenze stanno avendo le scelte dei legislatori europei sulla misurazione digitale?

Credo che questa espressione sia una fotografia esatta dello stato dei fatti: si sono accumulate sulle aziende necessità indotte da una serie di avvenimenti, quali soprattutto la sospensione degli accordi USA-UE sul Privacy Shield, la deprecazione dei cookie da parte di Google – annunciata in tempi ben precedenti alle attuali vicissitudini, e infine la decisione delle Authority di alcuni paesi europei che hanno reso ‘non conformi’ le abitudini consolidate sul trattamento dei dati. Il tutto si è palesato in maniera forte davanti agli occhi di tutti, impattando soprattutto sulle funzioni legali delle imprese. Lo scenario complessivo, benché sfidante, non è tuttavia una realtà completamente svantaggiosa, a mio parere. La necessità di porre nuova attenzione e rivedere le modalità di rilevazione e memorizzazione dei dati, avrà ripercussioni non soltanto sugli strumenti utilizzati ma ci auguriamo porti a una nuova consapevolezza all’interno delle aziende sulla cultura che ruota intorno ai dati e al loro utilizzo.

Google – che rappresenta l’85% della misurazione mondiale – ha annunciato il sunset del suo tool più utilizzato, Universal Analytics. Cosa comporta questa decisione per le aziende e per il futuro della misurazione?

Come avevo accennato all’inizio, questa scelta non è un effetto delle decisioni dei Garanti europei. Google aveva già deciso autonomamente di sostituire il suo tool con uno nuovo, che riunisce la misurazione sia sulle app che sui siti internet. Una decisione molto logica che ha richiesto una nuova piattaforma, un nuovo tool set e che è stato ribattezzato Google Analytics 4 o GA4. Nel marzo 2022 Google ha annunciato la deprecazione graduale di Universal Analytics e la sua progressiva sostituzione con GA4. La decisione sui dati di alcuni Garanti europei risale a giugno di quest’anno ed è stata immediatamente esecutiva, inducendo un cambiamento di proporzioni impreviste in tutto il settore: un’accelerazione improvvisa a tutto il processo.
Entro l’anno prossimo tutte le aziende dovranno scegliere quale sistema utilizzare e tutti i dati accumulati negli ultimi 15 anni non saranno più esportabili né utilizzabili dai nuovi strumenti di analisi. Non si tratta di una difficoltà nel “porting” dei dati, piuttosto del fatto che soluzioni come GA4 raccolgono e riorganizzano i dati in modo incompatibile col passato. Le aziende potranno scegliere tra una vasta gamma di soluzioni proposte, valide per i prossimi 5 o 10 anni, ma questa scelta non sarà effettuata solo su basi tecnologiche: si tratta di un drastico cambio del paradigma da adottare per la misurazione dei dati. In azienda sarà necessario abituarsi a leggere i dati espressi in modalità diverse, con nuovi KPI: a mio parere questo, dopo le scontate difficoltà iniziali, rappresenta una nuova opportunità, perché – al di là di quale strumento verrà scelto, GA4 o uno dei numerosi concorrenti – le imprese si trovano davanti alla necessità di diffondere una cultura dal dato al di fuori della unit dedicata all’eCommerce dove è stato centrale farlo. Una vera e propria rivoluzione: tutti gli organi dell’azienda, dal digital marketing al CRM, all’IT, condivideranno così gli asset organizzativi disponibili.

Esistono vari strumenti di misurazione sul mercato, quali caratteristiche prendereste come riferimento per la scelta di una piattaforma?

Nella stragrande maggioranza dei casi non esiste uno strumento perfetto ‘off the shelf’, che risolva tutte le esigenze possibili in modo esaustivo. Per ogni azienda che abbia avviato un percorso di digital transformation -al di là dell’ampiezza di questo, delle caratteristiche dell’hardware e del cloud utilizzati- sono proprio l’identificazione e la consapevolezza del livello raggiunto in questo processo che aiutano a individuare le soluzioni più adatte, il miglior percorso verso una completa adozione, nonché un utilizzo capace di sfruttarne ogni peculiarità. Ulteriori fattori di scelta sono, inoltre, la capacità di analisi complessiva dello strumento e l’attivazione – verso l’advertising, verso il direct marketing o verso la personalizzazione dei contenuti in Home Page – del proprio sito.
Un ultimo consiglio: quando si tratta di grandi aziende o di siti altamente strutturati diventa fondamentale scegliere tra le soluzioni enterprise disponibili. Una scelta ‘al ribasso tecnologico’ per rispondere a timori futuri sul trattamento del dato, può rivelarsi un freno forte e non reversibile.

Quali sono le conseguenze e gli effetti di uno spegnimento affrettato delle piattaforme di misurazione? Quali sono in generale i consigli che vi sentite di dare ad una azienda in questo momento?

Quello che stiamo vedendo ora è un impatto immediato delle decisioni dei Garanti a livello europeo: la scelta aziendale di ‘spegnere’ i sistemi di analytics perché non più percepiti in regola con l’interpretazione delle norme, è sostanzialmente presa dagli uffici legali per ragioni di ‘safety’. La conseguenza immediata è un’improvvisa cecità dei business – di proporzioni non sempre percepite – sia nel leggere i frutti del lavoro svolto finora, sia nel fare proiezioni dei risultati a medio e lungo termine. Questo sta avendo ovviamente un impatto fortissimo sull’operatività di tutti quei settori che facevano della data culture il principale punto di riferimento nella lettura del presente e nella previsione del futuro del business.
Anche adottare una soluzione ‘temporanea’, d’altra parte, nell’attesa che la situazione si chiarisca, è quasi altrettanto costoso. Dispendioso in termini di licenze e di formazione del personale, che necessariamente andranno ‘perse’ con l’adozione di un sistema di analytics definitivo, ma costoso anche in termini di adattamento dei processi delle unit a un diverso linguaggio e una diversa serie di dati con cui operare. Non c’è una soluzione che vada bene per tutti: il nostro suggerimento è quello di coinvolgere gli interessati – data manager, legali, consulenti esterni sui dati e sulla privacy – per identificare insieme la soluzione più adatta al caso specifico.

Secondo Webranking come sarà il comparto tra tre o cinque anni? Qual è la sua visione?

È una visione davvero di lungo periodo, viste tutte le variabili in gioco. Ad esempio, nelle scorse settimane negli USA si è arrivati a formulare un nuovo Privacy Law che ora è all’esame della Commissione Europea. Se venisse accettato senza modifiche, si tornerebbe a una situazione analoga a quella del Safe Harbor, senza differenze tra le due sponde dell’Atlantico. Nell’incertezza del momento però, tutti i grandi player, da Google ad Adobe, si stanno muovendo per fornire alle aziende soluzioni tecniche sempre più vicine alla regolamentazione europea, dallo storage su territorio europeo alla sovranità del dato. Se dovessi sbilanciarmi, prevederei che il 2023 sia ancora simile al 2022, sul fronte delle norme regolatorie e delle soluzioni offerte dal mercato; dal 2024 in avanti, invece, immagino il ritorno a una visione più ‘basica’ e ‘matter of fact’ degli analytics, prima della inevitabile successiva trasformazione in ottica di utilizzo diretto, come nella marketing automation, nell’advertising, nel direct marketing e nell’eCommerce.