All’interno della tragedia attuale tra Russia, con il ruolo di aggressore, e Ucraina, che cerca di difendersi strenuamente, si inserisce il ‘piccolo gioco’ tra Facebook (e in generale i social media occidentali) e il governo russo.
Tutto inizia, non c’è neppure bisogno di ripeterlo, con l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe, invasione – merita di essere sottolineato – che non può essere etichettatata come tale in Russia, pena una condanna che potrebbe arrivare a 15 anni di prigione. La prima mossa è di Facebook, che – come peraltro aveva già fatto con l’exPresidente americano Donald Trump – sospende (in Occidente, si noti la delicatezza) i media statali russi: RT e Sputnik qualche giorno dopo l’invasione. Venerdì 4 marzo la risposta russa: bloccato Twitter e reso più difficoltoso l’accesso a Facebook su tutto il territorio nazionale.
Poi si è assistito a un cambio di strategia di Meta, che ha permesso agli iscritti di Facebook e Instagram in alcuni paesi di postare contenuti contro l’esercito russo che ha invaso l’Ucraina: gli stati ‘liberi’ dalla censura sono Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina. O almeno questo è quello che appariva dalle prime notizie.
In risposta a ciò, l’ambasciata della Russia negli Stati Uniti ha chiesto a Washington di porre un freno alle ‘attività estremiste’ del gruppo di Mark Zuckerberg. “Chiediamo alle autorità di fermare le attività estremiste di Meta e prendere misure per portare i responsabili di fronte alla giustizia”, si leggeva in un tweet pubblicato dal profilo dell’ambasciata russa. Meta, riporta l’agenzia Reuters, avrebbe infatti deciso di allentare anche la censura sui post che invocano la morte per Vladimir Putin e Alexandr Lukashenko.
Ma il giorno 9 marzo Nick Clegg, President, Global Affairs di Meta, ha precisato che “we are only going to apply this policy in Ukraine itself. We have no quarrel with the Russian people” e confermato che questa è una “decisione temporanea, dovuta a circostanze straordinarie e senza precedenti”, e che la situazione sarebbe stata monitorata e adeguata allo svolgersi degli eventi bellici.
Venerdì 11 infine (per il momento) la decisione del governo di Mosca di sospendere del tutto, a partire da lunedì 14 marzo, Facebook e soprattutto Instagram, che conta ben 51 milioni di utenti in Russia, pari a un abitante su tre. Resta invece disponibile all’uso WhatsApp, non è chiaro se perché reputato meno pericoloso per la diffusione di notizie che non hanno superato il vaglio della censura statale, o perché non si voglia bloccare un mezzo di comunicazione istantanea usato dall’82% della popolazione.
Nel frattempo il Comitato investigativo russo ha aperto un procedimento penale contro Meta per incitamento all’odio “in relazione alle richieste illegali di omicidio e violenze contro cittadini della Federazione russa”.
E il braccio di ferro prosegue…