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Dare alle persone il controllo sui loro dati non basta, serve far percepire di avere effettivamente questo controllo. Secondo Google gli inserzionisti possono apportare questi cambiamenti, utilizzando l’approccio delle tre ‘M’

Dare alle persone il controllo sui loro dati non è sufficiente; infatti, secondo un nuovo report commissionato da Google a Ipsos, è fondamentale aiutarle anche a percepire di avere questo controllo per aumentare la fiducia degli utenti e la preferenza per un determinato brand.

I risultati della ricerca ‘Privacy by design: the benefits of putting people in control’ sono stati presentati nel dettaglio da Matt Brittin, Presidente Google EMEA, in occasione del DMEXCO in corso in questi giorni a Colonia (Germania).

“L’impatto di un’esperienza negativa in termini di privacy supera notevolmente quello di un’esperienza positiva“, ha sottolineato Brittin. “Ciò significa che, una volta che il danno è fatto, offrire un’esperienza ottimale relativa alla privacy non farà comunque tornare i clienti. Garantire fin da subito un’esperienza incentrata sul rispetto della privacy si traduce invece in risultati eccellenti. Le persone preferiscono acquistare da marchi che offrono loro un maggiore controllo sulla propria privacy, che si tratti di chiedere il consenso per personalizzare gli annunci o di inviare promemoria per adattare le impostazioni sulla privacy”.

Quasi i tre quarti degli intervistati hanno dichiarato che preferirebbero acquistare da brand che sono onesti su quali dati raccolgono e perché. E più di quattro su dieci hanno dichiarato che sceglierebbero di passare al marchio di seconda scelta, se questo offrisse loro un’esperienza migliore in termini di privacy paga in termini di ricavi.

Brittin ha poi spiegato in dettaglio come gli inserzionisti possono apportare questi cambiamenti, utilizzando l’approccio delle ‘tre M’: rendere le esperienze di privacy significative (meaningful), memorabili (memorable) e gestibili (manageable).

Nel 2021, Google aveva commissionato a Ipsos un sondaggio su oltre 7000 europei per la sua prima ricerca Privacy by design. Da questo report era emerso che, quando le persone sentono di avere il controllo sulla condivisione dei propri dati, il marketing risulta più efficace. Quest’anno Ipsos, su commissione di Google, la stessa Ipsos ha intervistato 20.000 europei in merito alle conseguenze di esperienze online positive e negative in termini di privacy, dimostrando l’importanza di rispettare la privacy degli utenti e i vantaggi di farlo nel modo giusto.

Tra i principali risultati emersi il 71% dei clienti ha affermato di privilegiare l’acquisto da brand che sono onesti riguardo ai dati che raccolgono e alle finalità della raccolta, un dato che raggiunge l’82% tra i partecipanti che si sono definiti ‘scettici’ rispetto ai dati raccolti dai brand e alle modalità di utilizzo di questi dati.

È emerso inoltre un incremento del 13% della fiducia verso un brand in seguito a un’esperienza positiva in termini di privacy, un dato che sale al 19% tra coloro che sono più scettici riguardo alle modalità di utilizzo dei dati da parte dei brand per finalità di marketing.

Di contro, l’impatto negativo di un’esperienza scadente relativa alla privacy si è rivelato dannoso quasi quanto quello di una violazione dei dati (-35 punti percentuali rispetto a -44 punti percentuali attribuiti a una violazione). E un incentivo monetario per la condivisione dei dati può non avere sempre un effetto positivo per i brand che hanno già adottato pratiche adeguate di tutela della privacy.

In questo report, sono state testate pratiche applicabili di potenziamento della tutela della privacy, ciascuna delle quali è stata messa in correlazione con almeno una delle ‘tre M’. Anche se ciascuna di queste pratiche può essere adottata singolarmente, i risultati migliori si ottengono quando vengono usate in combinazione.

La combinazione più efficace di pratiche è stata quella di chiedere alle persone come (e con che frequenza) volevano che venissero ricordate le loro preferenze (‘memorabile’); inviare un’email di sintesi sulla gestione della privacy (‘memorabile’ + ‘gestibile’); e infine chiedere il consenso per la personalizzazione di un sito web (‘significativo’ e ‘gestibile’).
Questa combinazione di pratiche a tutela della privacy ha portato a un aumento del 37% della percezione di controllo. La combinazione più efficace di pratiche non si è tradotta solo in una percezione di maggiore controllo sui propri dati da parte dei clienti, ma anche in un’attitudine più positiva verso gli annunci visualizzati