Man mano che l’epidemia di corona virus continua, sempre più tutti – comunità e aziende – ne risentono. L’istituto di ricerca GlobalWebIndex monitora senza soluzione di continuità questi effetti in diversi settori: in questo articolo viene diffusa una sintesi dei dati raccolti tra il 2 e il 6 aprile negli Stati Uniti e nel Regno Unito, circa i consumi (grocery in primo piano) e le relative spese effettuate. Viene cioè esaminato quali tipi di beni sono acquistati di più o di meno, quali acquisti ritardano, quanto ci si sente sicuri della propria situazione finanziaria in questo momento di crisi.
I dati sono stati raccolti seguendo due possibili caratterizzazioni, quella cronologica – che vede una suddivisione classica tra Gen Z – 16-23 anni, Gen Y (Millennials) – 24-37 anni, Gen X – 38-56 anni, e Baby boomer – 57-64 anni -, e una basata sul reddito familiare annuo, inferiore, medio e superiore.
Negli USA sono stati identificati i valori di >32.000 dollari per la prima categoria e oltre gli 85.000 dollari per la terza; nel Regno Uniti questa cifre sono state trasformare in sterline, con i limiti collocati rispettivamente a >24.000 e a 60.000 pound o più.
Un’ultima annotazione, l’eCommerce in questi paesi ha quote significative di acquisti, pertanto inizia a non avere più senso, in un survey di questo genere, la differenza tra acquisti online e acquisti tradizionali.
Alimentari e grocery in aumento
La spesa grocery in presenza della crisi da Coronavirus è in aumento: il 49% dei consumatori negli Stati Uniti e nel Regno Unito ha aumentato le proprie spese alimentari dallo scoppio della pandemia, contro il 20% che ha speso meno e il 31% che è rimasto fermo all’incirca intorno allo stesso valore precedente.
Ma queste differenze si possono anche legare a diversi tipi di acquirenti: mentre i consumatori price-conscious stanno spendendo meno, quelli che si autodefiniscono ‘risparmiatori’ tendono a spendere di più, persino più degli acquirenti impulsivi, in effetti. È possibile che questo acquisto di scorte sia da loro considerato una sorta di investimento.
Per paese e per area demografica, il modello è approssimativamente simile, con i baby boomer che affermano per il 45% che l’importo speso non è cambiato, e con i consumatori più ricchi che hanno una probabilità leggermente maggiore di aumentare la loro spesa rispetto a quelli più bassi. Entrambi presentano valori in crescita, rispettivamente il 57% contro il 51%, ma è probabile che il valore di queste spese tra i redditi superiori sia ancora più alto.
Interessante anche notare che i prodotti per la pulizia, la carta igienica e le merci non deperibili sono gli acquisti prioritari, in questo ordine di rilevanza. In particolare, i prodotti per la pulizia personale e della casa sono gli acquisti con il maggiore aumento, sebbene la mancanza di un lockdown negli Stati Uniti potrebbe aver dato ai consumatori statunitensi maggiori opportunità di fare scorta, mentre i consumatori del Regno Unito hanno aumentato gli incrementato l’approvvigionamento di prodotti a lunga conservazione, come pasta e riso (33%).
Rispetto alle altre generazioni, i boomers hanno adottato un approccio molto più snello alla spesa delle loro famiglie durante la crisi, concentrando i loro acquisti soprattutto su articoli da toeletta personali, alimenti non deperibili e prodotti per la pulizia.
In generale, inoltre, fare queste scorte non ha significato abbandonare il cibo fresco, poiché tutte le generazioni di entrambi i paesi hanno acquistato di più articoli deperibili rispetto a quelli non deperibili. Gli snack sono ancora una parte significativa del carrello, insomma.
La Gen Z e i millennial hanno maggiori probabilità di fare scorta di cibi surgelati che in scatola, mentre il contrario è vero per la Gen X e baby boomer. Fare scorta di acqua in bottiglia sembra al contrario essere un fenomeno statunitense, in cui il 34% acquista di più, rispetto al 14% nel Regno Unito.
Gli acquirenti impulsivi sono in testa per l’acquisto di quasi tutti i prodotti tranne quelli in scatola, che sono una scelta più importante da parte dei consumatori price-conscious.
Cresce lo scontrino medio, ma meno visite in negozio
L’acquisto di una maggiore quantità di prodotti alimentari in una volta sola durante la crisi può essere dovuto al fatto che oltre la metà dei consumatori desidera limitare il numero delle volte che devono andare al negozio. Acquisti importanti e poco frequenti sembrano essere la nuova modalità predefinita, mentre cresce la preoccupazione per le scorte: il 35% degli intervistati esprime il rischio di rimanere a corto di cibo e altre cose essenziali.
La crisi farà probabilmente molto per aumentare la consapevolezza e l’adozione della spesa online, in particolare per i consumatori più anziani che sono stati finora quelli più restii all’adozione. Il 30% di questi consumatori afferma infatti di ordinare online il più possibile, mentre mostra anche maggiore preoccupazione sulla disponibilità degli articoli, con oltre la metà della Gen X e baby boomer rispetto al 31% della Gen Z.
Soprattutto, è il rapporto familiare quello su cui la maggior parte si sta concentrando durante la crisi, con il 49% che afferma di spendere di più per avere più più qualità
La convenienza nelle consegne prevale sui vantaggi sanitari o economici
L’epidemia di Coronavirus sta cambiando anche i comportamenti online, sebbene a velocità diverse nei diversi gruppi. Per ovvi motivi, il cibo ho visto i maggiori tassi di acquisto online, soprattutto tra i millennial. In effetti, i millennial mostrano una dipendenza molto più forte dall’uso dei canali online per fare acquisti di cibo rispetto alle altre generazioni; sia essa costituita da da asporto (36%), alimentari (35%) o servizi di abbonamento pasti (10%).
Di converso, la Gen Z si mostra ancora appassionata di moda, con il 21% che compra abbigliamento o scarpe online anche in questo periodo.
Come prevedibile, inoltre, l’acquisto di prodotti online attira più acquirenti di impulso che rappresentano il primo gruppo in ogni categoria di reddito, mentre il ricorso a cibo da asporto è uno dei pochi elementi relativamente uguale tra i gruppi di reddito e propensione all’acquisto.
I generi alimentari venduti online presentano al contrario una notevole differenziazione per livelli di reddito, un possibile risultato delle spese di consegna applicate.
Per chiudere, quasi la metà (44%) dei consumatori riferisce che la crisi ha avuto un effetto sulla capacità di guadagno delle loro famiglie. Questo elemento è sostanzialmente maggiore negli Stati Uniti, dove il 46% dei consumatori conferma il fatto, rispetto al 35% dei consumatori del Regno Unito, e potrebbe essere influenzato da maggiori protezioni da parte del governo nel Regno Unito a supporto dei lavoratori e delle imprese durante questo periodo.
Le persone con reddito più elevato (36%) in entrambi i mercati confermano questo rischio in misura minore, poiché è probabile che dispongano di posizioni lavorative più sicure.
La maggior parte dei consumatori vede le prospettive globali peggiori della propria previsione personale. In entrambi i mercati, oltre la metà dei consumatori (58%) pensa che l’economia globale sarà lenta a riprendersi dalla crisi, rispetto al 51% che attribuisce tale lentezza all’economia del proprio paese, e solo il 34% vede tale crisi ribaltarsi sulle proprie finanze personali.
Massimo Bolchi