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Coinbase quotata alla NY Stock Exchange: la Direct Pubblic Offer da 65 miliardi di dollari di valore. Si apre una nuova era per le criptovalute

Da oggi pomeriggio (14 aprile), alla borsa di New York, sono disponibili per la contrattazione i titoli di Coinbase, la più grande piattaforma di trading per l’acquisto o la vendita di criptovalute, inclusi i Bitcoin che si sono mossi in anticipo, mettendo a segno ieri un quotazione record e, forse, dando il via all’ennesimo rally dei prezzi.

Coinbase ha 56 milioni di utenti personali e oltre 7 mila istituzionali e, secondo una rilevazione della società di consulenza App Annie, nel primo trimestre 2021 è stata una delle applicazioni più scaricate, dietro ovviamente i giganti dei social media. Nel 2020 la società ha chiuso il bilancio con una performance di tutto rispetto, con utili per 322 milioni di dollari, in confronto alla perdita di 30 milioni nel 2019. Una crescita straordinaria, che nel primo trimestre di quest’anno è ulteriormente accelerata, con ricavi a 1,8 miliardi di dollari e utili a 730 milioni: più del doppio dell’intero anno appena chiuso.

Quella di Coinbase Global Inc. non è stata un’ipo ma semmai una dpo, cioè direct pubblic offer. In pratica in questo modo si è evitato l’intervento (costoso) della banche d’affari per organizzare direttamente gli scambi. Il prezzo di riferimento è di 250 dollari ad azione, il che si tradurrebbe in una valutazione di 65 miliardi di dollari, il maggior mai registrato per una dpo a Wall Street. Ma adesso la parola passa al mercato: di sicuro c’è che la quotazione di Coinbase rappresenta il primo passo per una valutazione oggettiva delle criptovalute, che dovrebbero trasformarsi da asset meramente speculativi in un sorta di ‘oro digitale’, che una funzione primaria di riserva e secondaria di attore della transazioni.

Ma la regolamentazione rimane una delle più grosse minacce per il business delle criptovalute, secondo lo stesso Brian Armstrong, co-fondatore con Fred Ehrsam di Coinbase, che in un’intervista alla CNBC ha spiegato che “specialmente ora, saremo sempre più sotto esame per quello che facciamo. Le persone vogliono capirne le implicazioni. Siamo felici di impegnarci, come abbiamo fatto negli ultimi nove anni, da quando abbiamo creato la società, con i parlamentari a Washington, e con le autorità di tutto il mondo, perché ovviamente Coinbase è ora in molti Paesi diversi, su come possiamo costruire questa industria”, sottolineando poi il desiderio di voler giocare secondo le regole e di essere trattati come tutti gli altri servizi finanziari tradizionali.

Per il momento Coinbase può contare sull’affidabilità del suo marchio e della sicurezza garantita dal suo servizio per guardare al futuro con ottimismo. Ma non è escluso che l’exchange possa finire per rimanere indietro nel campo dell’innovazione. Nella transizione, da bolla speculativa a nuovo paradigma della finanza, come indica il recente paper di Amundi dedicato alla criptovalute, Coinbase rischia di essere superata da listini completamente decentralizzati basati su blockchain.

“È innegabile che la tecnologia blockchain rappresenti un’importante innovazione tecnologica che sta trasformando l’offerta dei servizi e dei prodotti finanziari. I criptoasset erano stati ideati originariamente per ridurre i costi delle transazioni e per espandere l’accesso ai servizi finanziari”, scrive in fatti il Report citato. “Un sistema di criptovalute completamente decentralizzato e disintermediato potrebbe consentire lo sviluppo di sistemi di pagamenti mondiali più rapidi, più economici e più inclusivi rispetto agli attuali sistemi di pagamento”.

In altre parole, anche quando si guarda alle criptovalute, è vietato sedersi sugli allori.