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ChatGPT entra nel search con un motore di ricerca specializzato: si accende ancor più la sfida al dominio globale di Google

ChatGPT Google
di Massimo Bolchi

Nei giorni scorsi la testata The Information ha riferito che OpenAI sta sviluppando un proprio motore di ricerca specializzato, che forse alimenterà parzialmente anche Bing. Non è chiaro se il motore di ricerca sarà un’applicazione separata o solo un’altra funzione di ChatGPT. Secondo il rapporto, però, potrebbe essere più veloce e altrettanto bravo a riassumere del suo progenitore.

In realtà, ChatGPT può già essere utilizzato come motore di ricerca: dall’autunno, i suoi utenti premium possono effettuare ricerche sul web utilizzando la funzione ‘Browse with Bing’, che deve essere attivata manualmente. Tuttavia, ‘Browse with Bing’ non ha ancora fatto notizia, né tanto meno ha allontanato in massa gli utenti dal loro motore di ricerca preferito. La ragione è presto detta: è incredibilmente lento, in termini informatici si capisce, perché ChatGPT non è stato costruito per la ricerca. Ma cosa accadrebbe se la nuova funzione di ChatGPT o la nuova app di OpenAI lo fossero? Riuscirà a detronizzare Google una volta per tutte o diventerà solo un’altra moda?

In passato altri motori di ricerca – a partire da DuckDuckGo per arrivare a Copilot di Microsoft – hanno tentato questa impresa con scarsi risultati. Ma l’AI generativa è un tecnologia completamente diversa, che potrebbe azzerare il vantaggio competitivo che Google ha accumulato in anni di predominio.
Attualmente un concorrente ‘pericoloso’ per il search di Google è Perplexity AI, una piattaforma di ricerca alimentata dall’intelligenza artificiale che mira a fornire agli utenti risposte sintetiche e fonti citate invece del tradizionale elenco di link alle pagine web. Sebbene sia ancora inferiore all’enorme volume di ricerca di Google, l’approccio di Perplexity offre un’idea di come l’intelligenza artificiale potrebbe rimodellare l’esperienza del search per come la conosciamo, e – soprattutto – anche il settore multimiliardario del search advertising.

Perplexity si descrive come ‘il coltellino svizzero, alimentato dall’intelligenza artificiale, per la scoperta delle informazioni’. La versione free si basa su ChatGPT 3.5 e sul proprio modello, mentre la versione premium include anche l’accesso a GPT-4, Claude 3, Mistral Large e un proprio modello sperimentale. Sebbene stia già riscuotendo un notevole successo, rispondendo a più di 2 milioni di query al giorno, ha ancora molta strada da fare per imporsi su Google, che ottiene lo stesso numero di ricerche in 20 secondi. Tuttavia, i consumatori iniziano a trovare valore nella sintesi di dati e informazioni: arrivare più rapidamente a una ‘risposta’ sintetica può essere prezioso.

La domanda sorge spontanea: se una piccola startup è riuscita a macinare questi numeri, cosa potrebbe fare un colosso come Open AI? La stessa Google è comunque consapevole che l’era degli ‘attuali’ motori di ricerca stia per finire e sta integrando la sua AI Gemini nei risultati: sono attese novità al riguardo nella conferenza I/O, in programma il prossimo 14 maggio. Ma la notizia che OpenAI sta lavorando al search ha scatenato l’attenzione della comunità tecnologica. La testata americana Gizmodo si è spinta fino a ipotizzare che il prodotto o la funzione (che deve ancora vedere la luce) ‘sarà un disastro’ per Google e che ‘Altman (Sam Altam, l’uomo che ha inventato ChatGPT, ndr) è l’incubo da cui Google non riesce a svegliarsi’, sostenendo che ‘oltre 100 milioni di persone usano ChatGPT ogni settimana, e questo sembra già ridurre il numero di persone che si affidano a Google Search’.

Ma guardare bene queste cifre confermano il ruolo di Google nel search: con in mano oltre l’80% del mercato (che raggiunge il 90% in paesi come l’India), si comprende come ChatGPT non abbia ancora neanche azzannato una fetta della quota di mercato del search di Google, che continua a macinare utili, cresciuti del 13% nell’ultimo trimestre rispetto al pari periodo dell’anno scorso. Insomma gli aspiranti rivali di Google Search sembrano non raggiungere l’obiettivo: diventare veri e propri sfidanti del suo potere, e non solo nella mente degli analisti, ma nella realtà. Per esempio, la scomparsa di Neeva, un motore di ricerca a pagamento senza pubblicità, la cui grandiosa visione di un Web senza pubblicità e incentrato sulla privacy non si è realizzata: quando Neeva ha chiuso i battenti l’anno scorso, i suoi co-fondatori hanno scritto che il problema più grande non era convincere gli utenti a pagare per un’esperienza migliore, ma ‘convincerli a provare un nuovo motore di ricerca’.

Questo si è verificato anche in Europa, dove le leggi antimonopolistiche della UE hanno imposto a Google di non pre-istallare il suo search engine, ma di concedere la libera scelta tra i competitor. Ebbene la quota di Google è stata erosa solo frazionalmente rispetto ai valori globali: nel nostro continente Google rimane in prima posizione con l’86,9%, seguito da Bing con poco più del 6% e da Yahoo con il 3,1%.

E questo è il problema che sta davanti a ChatGPT Search, se verrà prodotto: convincere gli utenti a passare a un nuovo motore di ricerca. Staremo a vedere, ma le probabilità non sono a suo favore. A meno di insperati guadagni di efficienza nella fornitura di risultati: dopotutto Altman è abituato a vincere sfide ritenute  ‘impossibili’.