Il consumatore “non compra più quello che fai, ma perché lo fai”, afferma Simon Sinek, uno dei principali esperti di Marketing internazionali, ed effettivamente i fattori che guidano la scelta dei consumatori sono cambiati. La funzionalità del prodotto non è più sufficiente: i consumatori cercano valori in cui riflettersi. Non meraviglia, quindi, che le aziende siano sempre più attente a comunicare lo scopo più “alto” che le identifica per entrare in sintonia con i consumatori ed ottenere la loro preferenza.
Ad approfondire la centralità della Brand Purpose negli acquisti degli italiani è TOLUNA, principale piattaforma di consumer insights sul mercato, nell’ultimo barometro volto a fornire una fotografia della situazione attuale a livello nazionale e globale. Lo studio coinvolge infatti 15 mercati, raggiungendo 13.990 rispondenti online, di cui 1.044 italiani.
La Brand Purpose come driver di scelta
In Italia il 70% degli intervistati dichiara di voler conoscere la posizione dei brand su determinate questioni etiche ritenute fondamentali, mentre l’80% afferma di essere disposto ad abbandonare i marchi meno ‘attivi’ a favore di quelli più responsabili. Importante anche la condivisione: oltre la metà dei rispondenti dichiara di non comprare più prodotti da brand lontani dai propri principi. A premiare i valori dei brand soprattutto i giovani: sono centrali nel processo di acquisto per oltre il 60% degli intervistati con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni. Affermano, invece, di non modificare i propri comportamenti d’acquisto i baby boomer (55%).
La Diversity in battuta d’arresto
È evidente, quindi, che le aziende siano tenute sempre più a prendere coscienza dei propri obiettivi e delle proprie azioni di fronte al consumatore. Lo dichiara il 64% degli italiani, mentre meno dell’1% non lo ritiene necessario. Tra le tematiche verso le quali gli intervistati dimostrano una maggiore sensibilità, la salvaguardia dell’ambiente (67%) il contrasto alla povertà (61%) e i diritti umani (51%). Non sale sul podio, invece, il tema della diversità e dell’inclusione (41%).
I brand hanno la responsabilità del cambiamento
Secondo gli intervistati, i brand ricoprono un ruolo fondamentale nella guida della crescita sostenibile conquistando il secondo posto (52%) nella classifica delle preferenze, subito dopo le Istituzioni (71%). Seguono i cittadini (49%), i retailer (32%) ed infine le organizzazioni no profit (21%). Su questo fronte gli intervistati riconoscono ai marchi un importante cambio di rotta post pandemia. Tra le best practice osservate: una maggiore varietà di prodotti e servizi sostenibili (35%), migliori condizioni di lavoro e più sostegno al benessere dei dipendenti (35%) e l’ottimizzazione dei prodotti per soddisfare nuovi usi e attitudini dei consumatori emersi durante gli ultimi 18 mesi (34%).
Canali di comunicazione: l’influencer marketing non convince
Per informarsi sulle azioni dei brand in chiave sociale ed etica, i consumatori ritengono più affidabili i canali dedicati esclusivamente all’informazione (60%), la stampa (59%) e la radio nazionale (58%). Poca credibilità viene, invece, attribuita agli influencer, giudicati i meno attendibili (29%), mentre a metà classifica troviamo i social media (46%) e i podcast (36%). Per gli intervistati, inoltre, i brand si dimostrano più fedeli ai propri valori all’interno degli store (67%), nella pubblicità (62%) e su internet (60%), mentre i call center (39%) sono considerati i mezzi meno incisivi.