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Attenzione allo humor quando si parla di brand: troppa ‘comicità’ li mette a rischio. La ricerca di Twitter e Sparkler, e il ‘caso’ Pabst Blue Ribbon

I brand su Twitter potrebbero essere soggetti a una valutazione diversa da quando racconta il comune sentire, per il modo in cui interagiscono con gli utenti, anche i più appassionati, specialmente per quanto riguarda i toni usati nella conversazione. Benché la maggior parte degli utenti descriva gli account propri del brand come ‘giocosi’ e ‘divertenti’, una persona su due crede che un eccessivo utilizzo dell’umorismo come chiave comunicativa possa risultare ben presto obsoleta, secondo #RealTalk, un nuovo rapporto condotto da Twitter analizzando percezione dei brand sulla sua piattaforma.

Il social media ‘che piace alla gente che piace’ (per usare una definizione che starebbe bene come esempio nella ricerca) ha analizzato 5.000 tweet postati dai brand, dai quali sono state rilevate e testate le tendenze emerse su 16.000 utenti, in collaborazione con la società di ricerche di mercato Sparkler. Twitter ha anche collaborato con la piattaforma di audience intelligence Pulsar per scansionare ogni tweet di 20 grandi marchi negli ultimi tre anni. Mentre il rapporto è stato pubblicato la scorsa settimana, il sondaggio Sparkler è stato condotto tra maggio e giugno 2021.

La scoperta più rilevante è che l’umorismo può invecchiare con grande rapidità: un avvertimento e un segnale di allerta per quei brand che pensano che un buon coinvolgimento sul social media si traduca esclsivamente in una comunicazione ‘divertente’.

Per avere una conferma dei rischi connessi a un uso ‘disinvolto’ dei post sui social media basterebbe chiedere referenze alla birra Pabst Blue Ribbon, che questo mese ha subito un bel rimbalzo negativo – come percezione ed equity del brand – dopo che il suo social media manager ha pubblicato una serie di tweet ‘X-rated’ che deridevano l’iniziativa del ‘Dry January’, a supporto dell’astinenza da alcool per tutto il mese. L’iniziativa poteva anche essere accettabile, benché a elevato rischio, visto il tema, ma è bastato un nulla e il post iniziale – grossolano, c’è da riconoscere – ha impiegato ben poco a dare la stura a una sequenza quasi inarrestabile di commenti, giochi di parole e risposte. Inizialmente alimentato dallo stesso brand.

Così dopo il primo tweet, ‘Not drinking this January? Try eating ass!’, mentre il concetto e la sua elaborazione sono diventati istantaneamente virali, il marchio ha dovuto cancellare in fretta il commento chiaramente infelice e la maggior parte delle risposte, Ma non è bastato: anche il Vice Presidente Marketing di PBR, Nick Reely si è scusato pubblicamente con una dichiarazione ad AdAge, in cui cercava di mettere una pezza incolpando la ‘scarsa capacità di giudizio’ dell’autore del tweet.

Tutto per una battuta non riuscita, a cui però il brand aveva inizialmente dato corda!