Gli artisti e la musica stanno entrando sempre più nel metaverso, prima inteso come spazio libero per dare sfogo alla propria creatvità, poi passato in fretta a essere una piattaforma capace di creare revenue, ora che l’attività musicale non sembra più capace di garantire i ricavi di qualche anno fa.
D’altronde, il panorama è dominato dai giganti dello streaming – Spotify, Apple, Amazon, per citarne i principali – che pagano poche frazioni di centesimo per l’ascolto di una canzone in abbonamento.
La società tecnologica Genies, per questo motivo, sta dotando gli artisti dell’Universal Music Group di identità digitali con cui potranno interagire con i fan all’interno del metaverso. Tra questi artisti si contano nomi celebri, come Capitol, Def Jam, Motown, Republic e Roc Nation. Insomma, un gruppo nutrito di cantanti, alcuni dei quali hanno rilasciato NFT con nuovi album o singoli. Kendra Jae, ad esempio, ha appena annunciato una collaborazione il creator Yam Karkai su una serie di NFT “che coincideranno con la nuova musica e forniranno ai collezionisti un accesso anticipato alle esperienze della carriera di Kendra”.
L’ultimo cantante internazionale a far parte di questa nutrita schiera è Jamiroquai che ha scelto come metaverso The Sandbox, in parte immobiliare virtuale, in parte parco di divertimenti, uno spazio digitale condiviso senza soluzione di continuità, in cui mondi ed eroi si incontrano per creare esperienze magiche.
“Il metaverso fornisce al settore della musica e dell’intrattenimento la possibilità di esprimere la creatività attraverso nuove forme di espressione”, spiega in una nota Sebastien Borget, COO e co-fondatore di The Sandbox. “La collaborazione di Jamiroquai si aggiunge ad altre simili con artisti come Snoop Dogg, BLOND:ISH e Deadmau5 o a quella con etichette musicali come Warner Music Group“.
Ma non c’è solo il metaverso di The Sandbox: esempi diversi si potrebbero fare a decine, se non centinaia. Ad esempio Snapchat, che ha organizzato un concerto virtuale con Jennifer Lopez e il cantante Maluma, ovviamente entrambi in versione Bitmoji. Il concerto non è stato organizzato sulla piattaforma Snapchat, ma per entrare nel sito dedicato è stato necessario fare login con quelle credenziali. E pensare che Snapchat non vuole creare un mondo dove fuggire, ma una serie di eventi e esperienze da condividere. In questo si differenzia dai competitor, come la piattaforma Wave che ha ospitato il lancio del tour mondiale di Justin Bieber, o Rihanna, che ha intenzione di portare anche il suo marchio Fenty Beauty nel metaverso.
Le opportunità per artisti e aziende che operano nel settore degli eventi musicali sono illimitate una volta ‘rappresentati’ nel metaverso. Questo perché, a differenza di altre industrie come gaming, arte e collectibles, l’industria musicale non si è ancora sviluppata appieno con tutto il suo potenziale nel web3.
Naturalmente, questo solleva interrogativi sul fatto che ci stiamo dirigendo verso un futuro simile a Matrix, in cui i nostri corpi sono permanentemente collegati a macchine mentre le nostre menti sperimentano una realtà digitale completamente immersiva. Tralasciando per un attimo le argomentazioni inizialmente filosofiche ma sempre più scientifiche che già emergono, è vero che la società si è mossa rapidamente in questo senso negli ultimi 20 anni. Man mano che la qualità dell’esperienza disponibile online diventa più ricca e coinvolgente, potremmo scoprire di avere sempre meno ragioni per sottoporre i nostri corpi alle difficoltà e al disagio, ad esempio, di fare la fila per un autobus sotto la pioggia battente per assistere a un concerto.
Ci sono anche molte sfide morali ed etiche. La società è diventata consapevole di alcuni dei pericoli degli ambienti digitali, come il potenziale minaccioso di anonimi troll (o peggio) e la velocità con cui le fake news possono trasformarsi in ‘vere’ convinzioni. In un ambiente online metaverso o completamente immersivo, è possibile che l’impatto di questi problemi venga amplificato. Ma ci sono altri fattori da considerare. Un hacker potrebbe prendere possesso dell’avatar virtuale e usarlo per impersonare quella persona, nel mondo reale o virtuale? E, poiché i fan degli Abba potrebbero benissimo ritenere che l’uso più prezioso di questa tecnologia sia quello di consentire loro di rivivere il passato – come gli ‘ABBAtar’ del concerto di Londra – non è un grande salto immaginare che presto si potrà assistere a concerti virtuali di artisti del calibro di Elvis Presley o dei Beatles.
Dopotutto, abbiamo visto star del cinema resuscitate dalla morte per apparire nei nuovi film di Star Wars. Questo limiterà l’opportunità per i nuovi artisti di sfondare e trovare il loro pubblico? Se la società cambia in modo tale che la vecchiaia e persino la morte non siano più ostacoli al successo continuo per gli artisti, quale impatto potrebbe avere sull’arte e sulla cultura su scala più ampia?
Ma questi non sono gli unici dilemmi che il metaverso pone: ce ne sono anche di altri, generalmente più pragmatici ma altrettanto consistenti. Ad esempio, tra i lati positivi dei concerti nel metaverso c’è da tenere presente che sono più inclusivi, consentono maggiori effetti speciali, c’è più spazio per l’interazione. Quello che piace meno è che ci sono ancora alcuni limiti nel numero dei partecipanti: teoricamente illimitato, ma condizionato dalle capacità dei server. Poi ci sono problemi legati alla connessione, per cui se in teoria sono aperti a tutti, nei fatti sono aperti a pochi e quelli che vi partecipano non sempre raccontano belle esperienze. È il caso del flop del primo concerto nel metaverso dei Foo Fighters, che ha riscontrato non pochi problemi tecnici.
Qualunque sia la risposta, comunque, con la quantità di denaro e di risorse dedicata allo sviluppo di queste esperienze virtuali e metaverso, è probabile che verranno scoperti presto i limiti delle iniziative in realtà virtuale. Se ne esistono…