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L’influencer marketing visto con gli occhi dei brand, con talent e creator sotto esame. “Ma non è solo una questione di metriche”, affermano Pulse Advertising e l’Università di Pavia

Paola Nannelli, Executive Director per l’Italia di Pulse Advertising, e il prof. Flavio Antonio Ceravolo, dell'Università di Pavia

L’Influencer Marketing è uno scenario complesso. Questo è quanto è emerso già a novembre 2021 dalla prima analisi dell’Osservatorio InSIdE (influencer, stories, identities and evolutions) curato da Pulse Advertising, una delle realtà più note nel settore degli influencer con sedi ad Amburgo, Londra, Milano e New York, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali (gruppo di ricerca ReCON Lab – Research on Communication Organization and Narratives) dell’Università di Pavia.

Dopo aver esaminato influencer e talent secondo la loro ottica, quest’anno l’Osservatorio InSIdE si è concentrato sul punto di vista delle aziende e degli addetti ai lavori: un’indagine mirata, volta a conoscere l’approccio di direttori marketing e addetti ai lavori, individui accuratamente selezionati e con un’opinione informata, al fine di massimizzare l’eterogeneità del campione.

“L’Osservatorio InSIdE ci permette di ottenere un quadro preciso del mondo dell’Influencer Marketing e di comprendere le necessità ma anche l’approccio delle aziende rispetto a queste attività”, esordisce Paola Nannelli, Executive Director per l’Italia di Pulse Advertising. “Ne risulta che l’Influencer Marketing è gestito con modalità e budget frammentati: ci si affida alle agenzie per i progetti più importanti e strutturati, si gestiscono internamente le iniziative minori e si affrontano con modalità ancora differenti le candidature spontanee dei micro-influencer”.

Influencer Marketing, a che punto siamo?

Dalla ricerca emerge che in Italia l’Influencer Marketing è un’attività poco sviluppata e con un ruolo ancora incerto. Mentre per alcune imprese è già una leva del marketing mix, altre lo concepiscono come un progetto ad hoc.
È vero che l’efficacia di questo strumento è chiara, ma la complessità di alcuni progetti – soprattutto in ambito B2B – fa sì che esso sia ancora poco consolidato. È un’attività adottata con molteplici sfaccettature che variano a seconda dei diversi settori, che si tratti di comunicazione B2B o B2C.

La capacità dell’Influencer Marketing di generare relazioni Human to Human è riconosciuta. Esso, infatti, è in grado di colmare il gap di fiducia che si è creato con lo sviluppo del digitale. L’influencer è una figura familiare, entrata a far parte del quotidiano delle persone. È questa sensazione di vicinanza che porta ad accrescere un sentimento di fiducia verso l’influencer e, di conseguenza, verso i prodotti che esso presenta. Il consumatore si fida di ciò dicono le persone più di quanto si fidi di ciò che dicono i brand, e per questo credono nel racconto degli influencer. Ecco quindi che attraverso la voce di questi ultimi, una marca può veicolare i propri valori e risultare umanizzata.

Le sfide che le aziende devo affrontare

Sono molteplici, però, le difficoltà che, a causa di un contesto incerto, hanno riscontrato i brand nell’attivazione delle attività di Influencer Marketing: dallo scouting alla gestione delle risorse, dalle criticità interne agli aspetti burocratici.

Proprio perché gli influencer rappresentano la voce del brand, la fase di scouting risulta strategica. È d’obbligo che influencer e brand siano spiriti affini, che condividano gli stessi valori e tendano verso obiettivi comuni, pur mantenendo la propria individualità e lo stile narrativo.

Per determinare se un influencer è adatto a realizzare una campagna di comunicazione di un brand, però, le metriche non bastano: infatti per verificare l’effettivo allineamento all’asset della marca o al pubblico target, le attività digitali degli influencer vanno sottoposte a una minuziosa osservazione quali-quantitativa. Non solo: la scelta dei brand avviene tra influencer generalisti o specialisti, più verticalizzati su pochi temi o un unico canale, oppure tra professionisti e power-users, figure con un solido know-how, ben introdotti nel settore e molto credibili, che consentono al brand di raggiungere gli altri specialisti del settore. Inoltre, nella scelta dell’influencer, vanno considerati come rilevanti i budget, ma anche gli obiettivi dell’attività, il prodotto, l’argomento da comunicare e il pubblico che si vuole raggiungere.

Come gestire il rapporto con gli influencer?

Dall’indagine emerge che nella gestione dei rapporti con gli influencer possono presentarsi delle difficoltà. I brand ambiscono a instaurare collaborazioni di lungo periodo per far sì che l’influencer conosca meglio l’impresa e possa parlarne con maggior entusiasmo, in modo spontaneo e credibile. Il lungo periodo è utile anche per fidelizzare la fanbase e per comprendere meglio il modus operandi del talent, c’è però il rischio di annoiare il pubblico.

La continuità del rapporto è auspicata e richiesta dai talent, che inoltre chiedono maggiore libertà d’azione in merito ai contenuti da pubblicare. Un tema particolarmente sentito è rappresentato anche dalla creazione dei contenuti Live, perché essi non sono controllabili preventivamente dai brand. Emergono delle problematiche anche quando il progetto di comunicazione prevede la collaborazione con altri influencer, perché posso verificarsi casi di sovrapposizione dei contenuti, ma anche quando i macro-influencer selezionati, a causa dei molteplici impegni professionali, hanno poco tempo da dedicare al progetto. Un ulteriore rischio per l’azienda è il rapporto professionale con un unico influencer, perché essa potrebbe essere identificata totalmente con questo, perdendo la propria identità.

Le aziende sono consapevoli dei propri limiti

I brand ammettono la loro inesperienza, un fattore che genera il mancato sviluppo di un piano di marketing ed editoriale strutturato e che porta anche alla scelta sbagliata degli influencer. Non solo: molte aziende focalizzano ancora la comunicazione sul prodotto, anziché sui contenuti e, aspetto non da poco, spesso i tempi dilatati per la gestione della burocrazia – soprattutto per le imprese a capitale pubblico – si scontrano con la velocità del mondo digitale.

Sono molteplici i fattori di successo e insuccesso di una campagna di Influencer Marketing: l’attenta progettazione strategica dell’attività, lo scouting mirato dei talent, la capacità dell’influencer di interpretare i valori del brand e di sviluppare contenuti originali, fino alla possibilità di creare una perfetta sintonia tra prodotto e talent, attraverso un’esperienza diretta, ritenuta molto più efficace di un brief scritto o verbale.
Ciò detto, alle aziende è evidente che brief deboli e imprecisi, influencer imposti o non allineati ai valori della marca, incoerenza tra ciò che un talent dichiara e posta o il verificarsi di un product placement forzato nel contenuto rappresentano delle autentiche minacce per la riuscita della campagna.

“Molti brand sono convinti che la gestione dell’Influencer Marketing possa avvenire con relazioni one-to-one, e con le medesime dinamiche con cui si gestiscono PR e testimonial“, sottolinea Nannelli, “ma questo impedisce la scalabilità e la misurabilità dell’attività. Infatti, per essere performante l’Influencer Marketing deve essere inserito in modo ragionato e consapevole all’interno del piano di marketing, deve essere concepito non solo come un’azione tattica, bensì come un’integrazione del piano editoriale social. Infatti, per ottenere dei risultati tangibili è necessario che il contenuto nativo diventi l’asset per la targettizzazione del paid social adv“.

Come si misura il livello di successo di una campagna di Influencer Marketing?

Dall’Osservatorio InSIdE emerge la necessità di avere strumenti efficaci ed efficienti, trasversali alle aziende e ai diversi settori economici, in grado di misurare le performance delle campagne di Influencer Marketing. Ad oggi infatti, i KPI considerati per valutare il livello di successo di una campagna di questo genere sono di diverso tipo e dipendono sia dalle caratteristiche dell’impresa, sia dagli obbiettivi che le aziende si prefiggono di raggiungere.

Per alcune imprese, indicatore qualitativo del successo di una campagna di Influencer Marketing è anche il rapporto che si è instaurato con l’Influencer. Il comportamento del talent nei confronti del personale interno all’azienda è un indicatore del coinvolgimento dello stesso con i temi di cui è portavoce il brand che, di conseguenza, si riversa sulla spontaneità e autenticità dei contenuti.

Il futuro: l’Influencer Marketing come leva del marketing mix

Il suo sviluppo dipenderà dalle piattaforme digitali che emergeranno e dall’abilità degli influencer di adattarsi al nuovo modo di creare i contenuti. Ciò che si ritiene resterà un punto fermo è il pubblico, per il quale si prevede una segmentazione sempre più affilata, con il conseguente manifestarsi di nicchie di community ristrette, a cui i futuri micro-influencer si rivolgeranno, e con le quali avranno legami più saldi e autentici. L’aspetto quantitativo sarà fondamentale per portare risultati e, in un mercato sempre più frammentato, il contenuto native sarà l’asset fondamentale per la targetizzazione. Anche dalle agenzie di Influencer Marketing ci si aspetta un’evoluzione: saranno infatti considerate dei ‘facilitatori di relazioni umane’, garanti della qualità e serietà del lavoro degli influencer.