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Al Forum di Web3 Alliance, l’intervista di ChatGPT alla avvocata Lydia Mendola inizia con un passo falso: la chiama ‘signora’. Esempio evidente dei bias dell’AI

Lydia Mendola
Lydia Mendola, avvocata dello Studio Portolano Cavallo

Alla fine della presentazione della ricerca, il Forum di Web3 Alliance ha ospitato una dimostrazione dal vivo delle capabilities dell’AI, in particolare di ChatGPT. Per la prima volta in Italia, infatti, la soluzione di OpenAI ha sostituito, con successo, il moderatore intervistando una relatrice, Lydia Mendola dello Studio Portolano Cavallo, esperta di proprietà intellettuale e industriale, che ha discusso con l’AI delle questioni più dirimenti dal punto di vista etico-legislativo che ineriscono il rapporto uomo/macchina.

Per lo meno questo è quello che era annunciato, come sorpresa della giornata al NH Hotel, tuttavia gli avvenimenti si sono svolti in maniera un po’ diversa. Non che l’AI abbia dato buca, ma il tutto si è da un lato rivelato sotto le attese e dall’altro al contrario molto interessante e significativo, per l’indubbia competenza dei due attori: Pepe Moder, giornalista e moderatore, che si è assunto il ruolo di dar voce alle tre domande di ChatGPT, e l’avvocata Lydia Mendola, precisa e pugnace fin dalla prima domanda, nella risposta alla quale non ha mancato di sottolineare il bias dell’AI, che si era rivolta a lei come ‘signora Mendola’ sembrandole probabilmente inverosimile che a un evento specializzato del genere fosse invitata una donna come relatrice degli aspetti legati al diritto del copyright.

E di qui il discorso si è allargato alla difficoltà del riconoscimento automatico delle persone di colore, e fosse solo questo di potrebbe forse parlare di discriminazione positiva, ma questa incapacità di estende anche alla diagnostica, per le evidenti incapacità di riconoscere i tumori su una pelle nera, essendo l’AI stata addetsrata principalmente sui bianchi.

Ma torniamo all’AI di ChatGPT: il prompt studiato da Moder ha dato vita a tre domande, che ovviamente l’avvocata non conosceva in anticipo, perché ad ogni ‘enter’ ChatGPT avrebbe poturo generare domande diverse. E qui Mendola ha avuti buon gioco a evidenziare come due di queste riguardassero sostanzialmente il medesimo argomento, prima di entrare nel vivo della sua esposizione. In attesa dello EU AI Act, l’avvocata ha analizzato la posizione del Copyright Office statunitense in merito alla questione se sia possibile riconoscere il diritto di copyright all’elaborato di un’AI. Dopo un prima posizione nettamente contraria, riguardante una disputa promossa da Midjourney, l’opinione dell’Autorità si è fatta più possibilista: dipende dal contenuto umano – nel prompt, nei dati usati per l’istruzione dell’AI, nella post produzione. Insomma, ‘todo depende’, come cantava qualche anno fa Jarabe de Palo.

Risultato finale, secondo il modesto parere di chi scrive: Avv. Mendola 2 – ChatGPT 0