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Influencer Marketing: anche per la britannica Advertising Standard Authority è pubblicità. E come tale va etichettata

Che l’influencer marketing stia vivendo un fase di transizione non è un novità. Dopo la notizia di Instagram e Facebook che stanno tagliando la visibilità ai like sulle rispettive piattaforme, i listini-prezzi pubblicati su numerose testate statunitensi per verificare la congruità dei compensi richiesti e/o pagati (oltreoceano il mercato, dopotutto, governa pragmaticamente ogni attività), ritorna per l’ennesima volta la necessità di far riconoscere come pagati (sponsorizzati, pubblicitari, etc) i post degli influencer che i pubblicano in virtù di un contratto economico con i brand.

Il 5 settembre scorso, infatti, è stato pubblicato il report di ASA (l’Advertising Standard Authority del Regno Unito) che mettere in rilievo lo sforzo del pubblico che desidera sapere se un post di uno dei molti influencer è in realtà una pubblicità retribuita. “L’utilizzo di un referenza esplicita, ad esempio #ad, è il minimo richiesto”, sottolinea il report, che, basandosi sui risultati ottenuti fa giustizia dell’affermazione che le etichette non sono necessarie, sottolineando al contrario che agli influencer toccherebbe adottare la massima trasparenza e chiarezza su ciò che stanno pubblicizzando.

Negli ultimi 18 mesi l’ASA ha condotto un ricerca molto ampia, coinvolgendo l’opinione pubblica e le università, su quale potrebbero essere le espressioni migliori da usare, per fornire della linee guida a influencer e agenzie, ed evitare che i consumatori siano tratti in inganno. L’aspetto principale è che ogni qual volta un influencer riceva del danaro o degli oggetti gratuiti, è necessario che il post pubblicato sia chiaramente riconoscibile come pubblicità: sia l’ASA sia la Competition Market Autorithy (CMA) concordano su questo punto. Serve una dichiarazione esplicita a corredo dell’immagine o del video.

“La conoscenza che un post è stato venduto”, è la conclusione a cui arriva l’ASA, “è indispensabile ai consumatori per arrivare a definire autonomamente il valore delle affermazioni contenute nel post”.
Benché la ricerca conceda che possano esservi altri elementi che identifichino il post come una pubblicità, nondimeno la presenza di un #ad è insostituibile. “Gli influencer e i brand che non rivelano questo fatto banale non si limitano a trattare ingiustamente i loro follower, ma erodono la fiducia nell’intera comunità degli influencer, oltre a essere passibili di azioni legali.

Il prossimo passo di ASA, dopo la pubblicazione del report, andrà nella direzione della massima pubblicizzazione delle conclusioni dello stesso, par far sì che tutti, brand e influencer, seguano la regole, a partire da un evento di formazione rivolto agli influencer, che si terrà il 1 Ottobre, gestito in collaborazione con CMA, per spiegare quando un post è una pubblicità e in che modo deve essere indicato come tale.