Gaming

La nuova era degli Esports attraverso il riconoscimento olimpico

di Carlo Corcione

Si chiama ‘derealizzazione’. È quel disturbo dissociativo, che può portare a percepire il mondo esterno in modo distorto.

È quello di cui eravamo convinti di essere affetti noi addetti ai lavori e appassionati (a qualunque livello e di qualunque specializzazione) del mondo degli Esports. Fino a ieri. Vedevamo un settore con 3 miliardi di appassionati nel mondo (per dire gli stessi del calcio e il doppio del tennis e della pallavolo), che non riusciva ad avere un riconoscimento sportivo ufficiale. Perché l’attività fisica non era sufficiente, ci dicevano.

Ci tranquillizzavamo. Avevamo una spiegazione logica, seppur difficile da digerire pur sempre una spiegazione. Poi però andavamo a leggere la lista di discipline considerate sportive dal Coni e attoniti leggevamo nell’ordine alfabetico: bridge, dama e scacchi. Buio pesto. Confusione. Mente offuscata. Ecco di nuovo lo spettro della derealizzazione. Non poteva essere altrimenti. Ne eravamo affetti. La realtà ci sfuggiva.

Era proprio quella la parola che pareva non quadrare. Realtà. Lo sport è una cosa reale, gli Esport sono virtuali, ci dicevano.

Ma quanto vale quella distinzione, ci siamo chiesti per anni. Più del fatto che Esport e gaming rappresentano un business da quasi 2 miliardi di euro (per capirci il triplo della musica e più di cinema e musica messi insieme)?

Più del fatto che se lo considerassimo uno sport avremmo la maggior partecipazione della storia? – la finale di League of Legends a Parigi 2019 è stata seguita da 100 milioni di spettatori – roba da Super Bowl.

Più del fatto che lo sport stesso deriva sostanzialmente dalle logiche del gaming nella sua primordiale accezione di gioco e il gioco è alla base di ogni relazione e interazione sociale della nostra vita?

Poi un bel giorno ci siamo svegliati e in attesa di una piena presa di coscienza del Coni rispetto alla Federazione Italiana Discipline Elettroniche, a riallinearci alla realtà ci ha pensato Thomas Bach, il presidente del CIO olimpico che ha proposto la creazione dei Giochi Olimpici degli Sport Elettronici. Proposta che verrà vagliata ai prossimi Giochi Olimpici di Parigi 2024.

Provocazioni a parte di cui sopra, sappiamo benissimo che questo è stato ed è un processo lungo che non nasce ieri e non finisce oggi. È da almeno 6 anni che il comitato olimpico ha spinto per l’integrazione degli sport elettronici con gli sport tradizionali. Già nel 2021 il Comitato aveva lanciato il pilot project con le Olympic Esports Series e poi la settimana degli Esports, solo un anno fa, che ha spinto Bach a chiedere alla Commissione Esports di esaminare la possibilità di organizzare i Giochi Olimpici Esports. Da quello che trapela al momento la proposta prevederebbe in ogni caso una governance ad hoc rispetto a quella tradizionale del Comitato Olimpico. A tal proposito il CIO ci ha tenuto a precisare che le federazioni sportive internazionali che hanno già la loro sezione Esport saranno i primi partner cosi come i comitati olimpici nazionali che già hanno incluso gli Esports saranno i primi ad essere coinvolti. Questo sarà sicuramente uno sprono importante ad accelerare a livello nazionale.

Appare abbastanza scontato che sull’accelerazione avrà sicuramente pesato l’annuncio dell’Arabia Saudita di ospitare tra Luglio e Agosto di quest’anno a Riyadh il più grande evento esportivo di sempre (l’Esports World Cup) – otto settimane con 19 competizioni dei titoli più importanti e ben 60 milioni di montepremi. 

Complimenti al CIO dunque, innanzitutto per aver riconosciuto l’incredibile successo degli sport elettronici e per aver riconosciuto che in una società sempre più tecnologica e connessa la distinzione tra reale e virtuale è sostanzialmente inesistente. La realtà è unica. Le Olimpiadi degli Esport danno agli Esport il riconoscimento ufficiale e aiutano a dissipare lo stigma associato agli Esport. Sicuramente attireranno un vasto pubblico, promuoveranno i valori dei tempi moderni quali unità e collaborazione ma soprattutto una grande inclusione sociale.

Ma soprattutto riallineano lo sport, e mi verrebbe da azzardare, un certo mondo, con la realtà. Realtà che l’innovazione tecnologica galoppante degli ultimi decenni ha trasportato molto sull’elettronica e il digitale ma che è pur sempre reale e i cui effetti (pensiamo solo agli enormi benefici terapeutici, formativi e di inclusione sociale legati al gaming – l’Esport assottiglia le differenze come nessun altro sport sulla terra) sono più concreti e utili di quanto i più possano immaginare.