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Silvio Stafuzza/ CrowdM: “Un pacchetto completo per i nostri chatbot, perché i servizi contano. Il futuro? Sì a standardizzare, ma tenendo conto dell’unicità di ogni cliente”

“Il chatbot in se stesso non è una novità. È invece nuova la capacità di interpretare il linguaggio naturale riconoscendo gli intenti dell’utilizzatore. Di conseguenza, quando si vuole creare un bot si inizia con un’analisi per definire quali siano le attività ricorrenti e automatizzabili,  sostituibili dalla macchina che prende il posto dell’intervento umano”. Esordio molto puntuale quello di Silvio Stafuzza, Ceo CrowdM, agenzia digital a servizio completo. “All’interno di questo processo di sviluppo, il chatbot è il software che sta alla base, che si interfaccia con un programma di intelligenza artificiale e un software di riconoscimento del linguaggio. In altri termini il machine learning non è altro che l’allenamento che porta l’Artificial Intelligence a riconoscere il significato di una domanda”.

Ma guardando avanti, che direzione prenderà lo sviluppo dei chatbot?

“In futuro è probabile che queste piattaforme vengano sempre più applicate a processi standard: il punto è la che la maggioranza delle aziende ha esigenze diverse, in funzione dei rispettivi customer journey. Un conto è parlare di chatbot per prenotare ristoranti, altro puntare a gestire il proprio customer care in abbinata con il call center. In questo caso le domande richiedono, all’80%, risposte prevedibili, ma possono essere effettuate nel modi più diversi. Qui l’Intelligenza Artificiale deve essere addestrata a identificare il significato della pluralità di domande possibili che possono essere soddisfatte dalla risposta predisposta. Per questi processi di apprendimento sono indispensabili una grande numerosità delle domande da esaminare e molte persone impegnate a ‘insegnare’ all’AI”.

Quali sono, al momento, i chatbot più richiesti?

“Bisogna distinguere. Ci sono molte domande per i chatbot più semplici, come quelli per le prenotazioni di ristoranti e hotel, che gestiscono richieste che spesso arrivano dalla pagina Facebook, nei quali è sufficiente rispondere a un primo livello di interrogazione. Ci sono poi le aziende che vogliono fare assistenza clienti, su un livello di maggiore sofisticazione, e poi ci sono le imprese, che per noi sono le più interessanti, che richiedono chatbot per semplificare i processi interni”.

Ci può fare un esempio di questa ultime?

“Sostanzialmente di tratta di fare accedere i dipendenti all’intranet aziendale senza necessità di utilizzare un computer. Pensiamo a come funziona una intranet, dall’accensione del pc, al riconoscimento dell’utente, al log in dello stesso, primi ancora di iniziare a fare ciò che si desidera. L’utilizzo di un chatbot dal telefono permette invece immediatamente di cercare, ad esempio, dei documenti.

All’interno dell’organizzazione poi il chat può svolgere funzioni diverse: in un caso, reale, gestisce tutte le trasferte dei dipendenti. Il chatbot disintermedia l’agenzia di viaggi o l’addetto interno, riconosce e assegna il livello di hotel prenotabile, il biglietto del treno e del del taxi, e accoglie tutte le ricevute delle spese sostenute nel viaggio, salvandole sul profilo individuale del dipendente”.

Guardando invece al mondo social, come si utilizzano i chatbot?

“La richiesta attuale è soprattutto quella di lead generation, tramite una campagna social che ‘atterri’ sul chatbot. In questo modo l’utente naviga il sito internet sulla base delle proprie richieste verbali, non è costretto a cercare le informazioni desiderate facendo scorrere pagine e pagine web. Se l’organizzazione ha sedi sul territorio, ogni persona può essere georenferenziata e indirizzata alla sulla filiale di competenza per la prosecuzione del contatto.

Abbiamo ad esempio realizzato un chatbot per una società di prestiti personali, che gestisce e valuta le richieste di finanziamento: tutte le informazioni necessaria sono disponibili sul sito, ma è molto più pratica una gestione vocale rispetto alla faticosa ricerca delle informazioni scritte.

Ovviamente è essenziale il continuo addestramento del chatbot a riconoscere gli infiniti modi di porre le domande: un addestramento che ha certamente un costo, ma che garantisce il graduale affinamento del chatbot. Che più viene utilizzato più acquisisce capacità”.

Sotto il profilo commerciale, come si va configurando il mercato?

Esistono aziende che fornisco queste piattaforma a costi basici, ma sono piattaforme vuote, prive di contenuti. Sono come WordPress o Magento, che forniscono gli strumenti ma lasciano all’utilizzare il compito di creare i siti o l’eCommerce. Noi forniamo il pacchetto completo, con un costo di setup e un costo di utilizzo in funzione delle conversazioni fatte effettivamente. Dal punto di vista commerciale, infatti, l’idea è quella di fornire questi servizi attraverso un  canone di utilizzo. Siamo  un’agenzia di comunicazione esclusivamente digitale, che abbina le due componenti proposte al mercato: una parte di sviluppo tecnologico, che pesa un 40% del nostro fatturato, e una parte di comunicazione, che copre il restante 60%”.