Quando un brand riesce a fare questo, la sua rilevanza cambia. Ed è anche una questione di responsabilità verso un’audience oggi troppo spesso solo bombardata.
Della mostra Deep Beauty vi abbiamo già parlato, basta qui ricordare che è visitabile sino al 25 maggio, con entrata gratuita, proprio grazie a Kiko. Ed è da qui che abbiamo voluto partire nella nostra chiacchierata con Denis Curti, curatore, e Giuseppe Mastromatteo, direttore artistico nonché Presidente e Cco OGILVY ITALIA, dal potere comunicativo, ma anche culturale di una triangolazione virtuosa tra brand, arte e agenzia.
Il tutto è nato da un’intuizione
Quella di Ogilvy per Kiko, costruire un progetto artistico ipotizzando potesse parlare di bellezza. Ne è nato uno storytelling che inizia dalla metà dell’ottocento e arriva ai giorni nostri. Totalmente unbranded, ma sostenuto da Kiko, in quanto portatore di un valore forte come quello di una bellezza inclusiva.
Comunicare facendo cultura
Soprattutto in un momento storico come l’attuale le marche devono tornare a fare mecenatismo, comunicando cultura non solo prodotti. Inoltre l’arte di per sé incarna il valore della libertà. In un periodo in cui è negato raccontare o dire qualsiasi cosa, l’arte ha una sua indipendenza di pensiero, di linguaggio e di comunicazione, ed è prezioso impossessarsene. Basta visitare questa mostra per rendersene conto, sono rappresentati artisti indipendenti, veri, autentici, che non hanno cercato consenso. E il fascino della comparazione con la pubblicità sta proprio qui, nella ricerca di consenso di quest’ultima contro la libertà dell’arte, che va per la sua strada illuminando le ombre, permettendoci di vedere e capire di più. E’ il racconto di un atto di resistenza, perché se può essere cambiato il senso delle parole con interpretazioni suggestionate dall’oggi, le immagini restano, immutabili. In Deep Beauty gli artisti sono stati scelti per il coraggio, per il desiderio di porre domande. Ed è questa la funzione dell’arte, esercitare un’influenza inquieta, ci deve svegliare dal torpore nel quale ci ritroviamo incapaci di reagire. Questi artisti si sono assunti la responsabilità di guardare il mondo da un altro punto di vista e ce lo fanno conoscere.
Un brand che ha scelto di raccontarsi rimanendo ‘dietro le quinte’
Un altro punto di vista, per stabilire un contatto diverso con l’audience, oltre la narrazione di prodotto, una narrazione colta, alta, più generosa, senza dover vendere nulla, senza dover apparire. Eppure con una potenza indelebile. E qui ci viene da tornare al senso di triangolazioni virtuose, sottolineando come senza un Brand intelligente operazioni così non possono succedere.
L’arte ha bisogno della comunicazione e viceversa
Comunicare una mostra oggi è molto complicato, c’è grande concorrenza e spesso si deve fare breccia con un concetto, soprattutto quando non si può spendere un artista che comunica da sé. Per questo i tempi sono maturi perché l’arte si apra al mondo dei professionisti di comunicazione. Quindi le agenzie possono fare molto per l’arte, così come i brand. Il viceversa è tutto dimostrato in questa mostra.
La cultura non si improvvisa
Non capita per caso, bisogna averla come credo e saperla fare e raccontare, perché si conosce. In Ogilvy Italia è mantra, figlia di una narrativa propria dell’agenzia, concretizzata da Giuseppe Mastromatteo, che è un artista e che non lesina impegno per creare occasioni d’arte e di cultura. “Un lavoro che devi fare ogni giorno in agenzia, con i ragazzi, portandoli alle mostre, diffondendo cultura, senza mai mollare. Questa mostra è figlia di una narrativa che ci appartiene”.