Il cuore dell’edizione 2025 è stato il Capitale Semantico. Più di un tema, una necessità. Un invito – urgente – a rimettere al centro ciò che dà significato al mondo e permette di orientarsi in una società in cui l’informazione si moltiplica più velocemente della nostra capacità di comprenderla e in cui, Federico Faggini insegna, si rischia di scambiare i simboli per siognificato. Floridi lo sostiene da tempo la vera ricchezza del nostro tempo non è il dato, bensì la nostra capacità di trasformarlo in conoscenza, contesto, senso. Il Capitale Semantico è dunque l’infrastruttura invisibile che regge ogni decisione individuale e collettiva: la qualità dei linguaggi che usiamo, delle narrazioni che costruiamo, delle relazioni che intessiamo con la tecnologia.
In un presente dominato dall’IA generativa, l’invito è al cambio di paradigma: non basta produrre più informazione o delegare più processi alle macchine, serve coltivare – e difendere – la nostra competenza umana, attribuendo significati corretti, condivisi e responsabili. Senza, l’innovazione rischia di essere esercizio tecnico, ma mai progetto sociale.
È qui che la seconda edizione di Orbitis ha trovato il suo vero centro, nella necessità di un lavoro collettivo per restituire profondità a un tempo che tende alla superficie. Comprendere prima di agire, perché ogni innovazione è prima di tutto una trasformazione semantica: cambia il modo in cui nominiamo, interpretiamo e dunque abitiamo il mondo. Il Capitale Semantico non è un bene individuale: si costruisce insieme. Non a caso Orbitis ha riunito aziende, giovani e studiosi. L’obiettivo non è stato creare un’altra palestra di contenuti, ma rigenerare quella risorsa collettiva senza la quale non esiste crescita economica, né progresso etico, né cittadinanza digitale.