Lorenzo Marini, artista noto per aver dato vita al movimento della Typeart, porta alla Camera dei Deputati la sua ricerca tra arte visiva, tipografia e comunicazione. Le sue opere trasformano le lettere in protagoniste assolute: libere, inventate, interpretabili. Esse non chiedono solo di essere lette, ma di essere guardate, toccate, vissute. È un invito a ripensare il nostro rapporto con il segno, con l’altro e, in definitiva, con la democrazia stessa.
L’esposizione raccoglie quindici opere, in cui l’artista mette in scena le lettere dell’alfabeto come forme vive, svincolate, fluide: non più meri segni grafici, ma corpi narrativi che incarnano pensiero, relazione e responsabilità. Al centro della mostra spicca l’opera appositamente realizzata – Le parole non siano pietre – con cento sassi sui quali è stata disegnata una lettera.
In un mondo interconnesso, dove le parole possono generare inclusione o esclusione, costruire ponti o alzare muri, l’arte di Marini invita a scegliere la cura del verbo, contro ogni forma di violenza verbale, culturale o sociale.
“Nella nostra vita tutti abbiamo scritto delle lettere”, commenta Marini nella nota. “Dalla lettera alla Befana, alla lettera alla mamma, alla lettera alla fidanzata, alla lettera di dimissioni. Mai avrei pensato di poter scrivere un giorno una lettera al Parlamento. Approfittando di questo privilegio ho pensato di usare l’arte come strumento di depotenziamento dell’aggressività verbale che circola in eccesso nella nostra vita sociale. Le lettere sono le frecce nell’arco dei nostri pensieri: troppo spesso le punte sono avvelenate”.
La scelta di esporre questa mostra a Montecitorio, luogo simbolico della rappresentanza democratica, è fortemente significativa. Qui, dove la parola è strumento di confronto e decisione, la Typeart di Marini assume un valore ulteriore: diventa emblema della libertà d’espressione e della complessità del dibattito democratico. L’allestimento si inserisce idealmente nel patrimonio artistico delle istituzioni, accostandosi con un linguaggio contemporaneo alle opere di maestri come Carrà, De Chirico, Sironi, Guttuso, Morandi. Un appello alla riflessione, alla responsabilità, alla bellezza del linguaggio come strumento di costruzione sociale.