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La Cina sta vincendo la gara per l’AI, rinunciando a essere un mercato aperto

Quando il PCC segnala una priorità in specifiche applicazioni di AI - che si tratti di relaborazione del linguaggio naturale o sistemi autonomi - l'intero ecosistema mobilita rapidamente le risorse in quella direzione, dimostrando la potenza dello sviluppo tecnologico diretto dallo Stato
AI Global Competition

Quando pochi giorni la cinese DeepSeek ha esordito con il botto sui mercati internazionali, non pochi hanno parlato di ‘Sputnik Effect’, riferendosi all’annuncio del lancio del primo satellite – fino ad allora sconosciuto – da un cosmodromo in Urss, all’epoca impegnata in una lotta allo spasimo con gli Usa per la conquista dello spazio. Un passo che metteva in discussione la proclamata superiorità americana, e che lasciava la Nasa a misurare il tanto terreno da recuperare per essere nuovamente competitiva.

Sui mercati azionari il colpo stato assorbito, in parte, nei giorni seguenti, ma a DeepSeek ha fatto seguito l’annuncio dell’avvio di un’altra AI cinese, quella di Alibaba, tra i festeggiamenti per il capodanno nel Paese, segno che la competizione commerciale è spinta in Cina almeno tanto quanto lo è a livello globale. Per comprendere come è stato possibile che l’Occidente (aka gli USA) si siano fatto sorprendere dall’attivismo cinese, guardiamo ai fatti.

Gli sviluppi dell’AI in Cina

Il campo di battaglia è stato particolarmente intenso nelle applicazioni emergenti dell’AI, come il riconoscimento facciale, i veicoli autonomi e le tecnologie per le smart city. A questo proposito, il riconoscimento facciale degli afroamericani da parte delle AI made in USA sconta errori intorno al 25/30%, quello cinese è invece molto accurata, dovendo tenere sotto controllo un miliardo e mezzo di asiatici “che a noi sembrano tutti uguale (cit)”. Segno che, per lo meno nella applicazioni, l’AI cinese è molto più avanzata della nostra

L’iniziativa cinese della Silk Road è servito da veicolo per la promozione degli standard cinesi a livello internazionale, mentre gli Stati Uniti sfruttavano la loro leadership tecnologica e le alleanze tradizionali per mantenere la loro influenza in Occidente. Ma, a giudicare da questi primi risultati, l’embargo sui processori Nvidia più avanzati è servito a ben poco: si tratti di genialità, duro e quasi segreto lavoro di sviluppo o più banalmente di ‘copycat’, di distillazione, il risultato funziona ed è a disposizione di tutti. Non è che perché i segreti della bomba H sono stati carpiti con lo spionaggio, allora l’Urss si è poi astenuta dal fabbricarle. Ma riprenderemo più tardi questo discorso.

Sulle orme di Alibaba, con il suo lancio affrettato di Qwen 2.5 Max, sono da attendersi a breve anche la versioni di AI rilasciate dagli altri Big Tech del Dragone: da Baidu e WeChat, da Huawei e TikTok. È solo questione di saper aspettare: non servirà molto tempo. Per non parlare delle startup, che parzialmente protette dalla lingua, proliferano nella quasi ‘oscurità’ degli occidentali per poter uscire al momento buono. Come hanno fatto i ricercatori della Fudan University con la ricerca sulla duplicazione autonoma delle AI. O come, in altro settore strettamente connesso con l’AI, la ricerca spaziale, aveva dimostrato il perfetto allunaggio dell’unità robotizzata Chang 6: non si sarà supposto per caso che fosse stato sufficiente un Commodore 64?

Come reagire all’AI cinese

Una vota che il vaso di Pandora è stato scoperchiato, non vi sono molte possibilità di reazione ipotizzabili. Innanzitutto il mercato cinese è ‘chiuso’, caratterizzato da controllo centralizzato, politica industriale strategica e integrazione dello sviluppo dell’AI con gli obiettivi di sicurezza nazionale. Questo sistema rappresenta l’autoritarismo digitale ‘con caratteristiche cinesi’, combinando un progresso tecnologico aggressivo con una supervisione statale completa. Il modello cinese di governance dell’AI rappresenta il tentativo più sofisticato di sfruttare l’innovazione tecnologica mantenendo un controllo statale assoluto sul suo sviluppo e sulla sua diffusione. L’efficacia di questo sistema di controllo è evidente nella rapidità con cui le aziende cinesi si allineano alle diverse normative e direttive. Quando il PCC segnala una priorità in specifiche applicazioni di AI – che si tratti di riconoscimento facciale, elaborazione del linguaggio naturale o sistemi autonomi – l’intero ecosistema mobilita rapidamente le risorse in quella direzione, dimostrando la potenza dello sviluppo tecnologico diretto dallo Stato.

Poco importa se Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, dopo l’iniziale apprezzamento mostrato per DeepSeek, abbia dichiarato di aver riscontrato alcune prove di ‘distillazione’, riferendosi a una tecnica di sviluppo che aumenta le prestazioni di modelli più piccoli utilizzando modelli più grandi e avanzati per ottenere risultati simili su compiti specifici. Il problema è che, anche se venisse dimostrato che il prodotto è stato ‘distillato’ da un altro, vi sono centinaia di milioni di persone a cui questo importa poco o nulla, come dimostrano le censure di DeepSeek sui fatti controversi della Repubblica Popolare Cinese che sono passate quasi sotto silenzio in Occidente. Figuriamoci in altri continenti. Controllo governativo o meno, i consumatori occidentali hanno già scaricato in massa l’app: il punto principale, come per TikTok, è che è gratis e funziona.

Anche le norme, l’AI Act e i vari Garanti che abbiamo in Europa non servono, perché “Contrariamente a quanto rilevato dall’autorità, le società (che producono e gestiscono DeepSeek, ndr) hanno dichiarato di non operare in Italia e che la normativa europea non si applica loro”, si legge nel comunicato rilasciato dopo gli appunti elevati dall’Authority italiana, come dalla francese CNIL e dall’irlandese DPC, sottolineando come “l’app è stata scaricata in pochi giorni da milioni di persone in tutto il mondo”. Risposta che sa molto di presa in giro. Ma cosa si può fare in concreto? Bannarla, e così la altre AI cinesi? Ammesso di riuscirci – il che non è affatto scontato, dovendo rispettare le leggi occidentali – il risultato sarebbe un mondo diviso in due, una parte a stelle e strisce, l’altra, maggioritaria, sotto l’insegna del Dragone.

Proprio un bel risultato, non c’è che dire. Ma qualsiasi sia l’AI cinese sotto esame, rappresenta la caratteristica distintiva del modello di governance: l’enfasi posta sul controllo sociale attraverso la tecnologia. L’implementazione di sistemi di credito sociale, reti di riconoscimento facciale e polizia predittiva dimostra come lo sviluppo dell’AI sia intrinsecamente legato al mantenimento della stabilità politica e dell’ordine sociale. In altre parole, alla dittatura. Forse è per questo che l’AI cinese funziona così bene.

“Il rilascio dell’intelligenza artificiale DeepSeek da parte di un’azienda cinese dovrebbe essere un campanello d’allarme per le nostre industrie, che devono concentrarsi al massimo sulla competizione”, ha dichiarato pubblicamente il Presidente Usa Donald Trump.

Ma forse è già troppo tardi…

di Massimo Bolchi