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Il GEA Business Forum 2025, dalla resilienza al metodo: l’impresa italiana cerca talenti, governance e AI

da dx, Zavanella e Pellandini
da dx, Tito Zavanella e Stefano Pellandini

Il GEA Business Forum 2025, ospitato a Milano a Palazzo Mezzanotte, ha messo al centro del dibattito una domanda cruciale: come deve evolversi il modello d’impresa in un mondo in continuo cambiamento? Tito Zavanella, Presidente, e Stefano Pellandini, Ceo di GEA, focalizzandosi su tre temi rilevanti per la riorganizzazione aziendale: governance, capitale e modello organizzativo, hanno provato a fornire un risposta, analizzando anzitutto l’attuale situazione.

Le multinazionale tascabili italiane hanno saputo reagire all’incertezza

“Il ritorno di Trump alla presidenza USA ha portato solo a delle ‘tregue’, non a paci definitive (come in Medio Oriente o con la Cina), che evitano l’escalation ma non risolvono i conflitti di fondo”, ha evidenziato Paolo Magri, Amministratore Delegato e Chair del Comitato Scientifico dell’ISPI. “Sul fronte economico, pur essendoci state grandi paure di recessione e inflazione, l’impatto reale è stato meno drammatico del previsto, con l’economia globale e il commercio internazionale che hanno mostrato e continuano a mostrano una sorprendente resilienza”.

“Ma L’Europa è un ‘condominio pesante’ che stenta a muoversi con rapidità, paralizzata dall’unanimità e dalla lentezza nell’implementazione di riforme fondamentali, vulnerabile alle tre sfide poste da Trump: dazi , costi della difesa e interferenze politiche”, ha ripreso. “Al contrario, le imprese, sono riuscite a ‘surfare’ in questo mare tempestoso, un’agilità che le istituzioni non possiedono”.

E, a questo proposito, sono stati presentati i risultati di una survey di GEA che ribadito come l’impresa italiana sia flessibile e capace di adattarsi rapidamente alle sfide, confermando la narrativa della piccola impresa italiana agile. Tuttavia, il rovescio della medaglia è una fragilità strutturale: questa flessibilità è spesso basata sull’intuizione e sull’istinto dell’imprenditore o del management, e non su processi di governance e pianificazione solidi.

Una macchina operativa sempre più dinamica

La trasformazione aziendale dovrebbe orientarsi verso un maggiore ciclo di risoluzione (metodo e pianificazione) per bilanciare obiettivi di breve e lungo periodo. Anche l’apertura dei capitali può agire come motore non solo per la crescita, ma anche per la trasformazione organizzativa, portando maggiore metodo e disciplina nella governance.

Per realizzare questa trasformazione, secondo GEA, sono necessarie persone eccellenti. Le aziende, perciò, devono investire nell’attrazione e nel mantenimento di talenti, lavorando su leve come l’empowerment, l’attenzione al work-life balance e gli strumenti digitali. Inoltre, l’eccellenza della macchina operativa (i processi) non è vista come statica: deve evolvere in una capacità di adattamento e revisione costante per far fronte alla crescente complessità e alle continue transizioni del mercato.

Infine, due temi dominano il futuro dell’impresa italiana: sostenibilità e trasformazione digitale. Per diventare davvero motori di sviluppo, però, devono tradursi in obiettivi concreti e misurabili, non solo in risposte a vincoli normativi.

Il futuro parte anche da un nuova formazione

Per questi ultimi aspetti, come non citare uno dei protagonisti delle tre tavole rotonde di approfondimento, Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente alla SDA Bocconi, che ha puntualizzato la sfida che attende le HR nel nuovo scenario: “Nell’attuale contesto di rapida e continua innovazione tecnologica (come l’AI), la priorità non è più l’acquisizione di competenze puntuali, ma lo sviluppo di una ‘tecnica per imparare in permanenza’. È la capacità di apprendere costantemente che diventa la competenza più critica”.

“Il ruolo del Chief Innovation Officer, pertanto, cambia radicalmente: non è più il ‘guru’ esperto che detiene la conoscenza, ma una figura che funge da ‘Chief Language Officer’, il cui compito è ridefinire il linguaggio e il dialogo aziendale (intergenerazionale, tra boomer e giovani) per stimolare la curiosità, la sete di conoscenza e la capacità di decodificare il cambiamento, poiché il confine del linguaggio sposta il confine del mondo”.

di Massimo Bolchi