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Dreams: al cinema l’Orso d’Oro di Berlino. È il potere dei sogni nel solco dei grandi film

“I pensieri e i sogni sono meravigliosi. Puoi metterci dentro tutto quello che vuoi. Ma sono belli fino a che li tieni per te”. Sono pensieri e parole di Johanne, un’adolescente sognatrice e innamorata, la protagonista di Dreams (Drømmer), il film di Dag Johan Haugerud che ha vinto l’Orso d’Oro al recente Festival di Berlino e che arriva al cinema dal 13 marzo. È un film che mescola amore e amicizia, immaginazione e realtà, cinema, letteratura e danza. I “sogni” di cui parla il titolo sono quelli ad occhi aperti, le fantasie, quei film mentali che tutti ci siamo fatti, o che ancora ci facciamo, quando si parla di sentimenti e amori. Dreams è un film delicato e allo stesso tempo intenso, è grande cinema, nel solco dei grandi film intimisti del passato, come quelli di Rohmer, ma allo stesso tempo è un discorso completamente nuovo e diverso dagli altri film di questo tipo: assolutamente da vedere. Dreams (Drømmer), distribuito da Wanted Cinema, è il primo titolo ad uscire in Italia come parte della Trilogia delle relazioni composta dai film Sex / Dreams / Love che affrontano diverse sfaccettature dei rapporti amorosi e sessuali del mondo contemporaneo all’interno di un sistema sociale troppo spesso giudicante, dove essere liberamente se stessi risulta ancora difficile. Gli altri due titoli della trilogia delle relazioni, Love (presentato in concorso ufficiale all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2024) e Sex (presentato alla Berlinale 2024), usciranno successivamente tra fine aprile e giugno 2025, sempre distribuiti da Wanted Cinema.

Visions Of Johanne

Dreams racconta la storia di Johanne (Ella Øverbye), un’adolescente che fa le scuole superiori. Vive con la madre single, Kristin (Ane Dahl Torp) e ha un bellissimo rapporto con la nonna Kristin (Anne Marit Jacobsen), scrittrice di successo. L’arrivo di Johanna (Selome Emnetu), un’insegnante di francese e norvegese fuori dagli schemi, coinvolgente, empatica, le cambia la vita. Lentamente Johanne si innamora di lei. È davvero un amore quello tra loro, o è tutto nella mente della ragazza? Così, quell’amore vive in un libro, una confessione che la giovane scrive soprattutto per se stessa. Vuole fissare quel momento per come lo sta vivendo, e tenerlo con sé, non affidarlo solo ai ricordi. Poi lo fa leggere alla madre e alla nonna. E, in questo modo, diventa un confronto e un dialogo con loro.

Il segno di Rohmer

C’è grande cinema, quello che vive nel segno di Eric Rohmer, in Dreams. Ma c’è anche una contaminazione con tutte le altre arti. C’è la letteratura, perché il film vive sul respiro di un libro che la protagonista sta scrivendo. E c’è la danza, che è l’espressione artistica e fisica che passa dalla nonna alla madre fino alla giovane protagonista, e si prende il sottofinale del film con un’esibizione suggestiva e molto emozionale.

Un accesso diretto ai pensieri

L’idea del libro rende Dreams un film particolarissimo. È raccontato in prima persona, come un diario, come un flusso di coscienza. Le parole del libro che Johanne sta scrivendo, lette con la sua voce, sono l’asse portante del film. Ma, ribaltando lo schema di ogni film di questo tipo, la voce narrante qui è molto più presente e rilevante rispetto ai dialoghi, che diventano quasi accessori, soprattutto nella prima parte. Quello che sappiamo della storia lo sappiamo attraverso il monologo interiore della ragazza. Questo espediente ci dà un accesso diretto, completo, ai pensieri di Johanne, ai suoi sogni, ai suoi dubbi e alle sue manie, alle sue paure e alle sue teorie. Ci è capitato poche volte di essere così dentro la testa di un personaggio.

Un film pensato

In questo senso, se è vero che in Dreams c’è molto di Eric Rohmer, per l’intimità, la dolcezza, la leggerezza del racconto, è anche vero che il film a tratti è quasi l’opposto. Quelli del Maestro francese sono notoriamente dei film “parlati”, ricchi di dialoghi fittissimi come quelli della vita reale. Dreams è invece un film “pensato”, “meditato”: è una storia che avviene quasi tutta nella testa, nella mente di Johanne. In questo modo, ascoltando i suoi pensieri, sentiamo direttamente tutta l’infatuazione, tutto il desiderio. Proviamo quel mettere gli occhi su ogni angolo della persona amata, quello scrutare ogni piccolo particolare che si tende a fare nel momento dell’innamoramento. La macchina da presa, nei momenti chiave, asseconda lo sguardo e le parole di Johanne e indugia sui particolari.

Il monologo diventa dialogo

Nella seconda parte, Dreams esce a tratti dalla testa di Johanne. Lo fa, ancora una volta, in maniera coerente con il comportamento della protagonista. Lei sceglie di non tenere quel libro per sé, ma decide di farlo leggere, di condividerlo con la nonna e la madre. È il controcampo della storia. E a quel punto quel monologo interiore diventa un dialogo, un confronto. Il punto di vista non è più il suo ma quello di tre persone diverse, ognuna con un’età, ognuna con una storia, con un suo vissuto. E, attenzione, un breve dialogo della madre con Johanna, l’insegnante, l’oggetto del desiderio della ragazza, ci fa vedere un ulteriore punto di vista, a suo modo sorprendente, e anche un po’ ambiguo. E ci fa, ancora una volta, riconsiderare la storia. È quello che fanno i grandi film.

La grande bellezza del cinema scandinavo

Tutto è calato nel solco del cinema scandinavo, un cinema che è sempre lucido e netto, a livello di immagini come di senso. Rispetto ad altri film in arrivo dal nord è però meno tagliente, ma molto più morbido. Ci rimane in mente soprattutto per quelle immagini dei momenti vissuti nell’appartamento dell’amata Johanna. Che sono calde, ovattate, dorate. Proprio come i sogni. Sono morbide, proprio come quei maglioni di lana che Johanna crea e indossa a fior di pelle.

Flashdance e l’ironia

Il film non manca di ironia. Come in uno dei dialoghi cult, in cui due generazioni di donne, la madre e la nonna di Johanne, si scontrano su un film come Flashdance. Per la nonna di Johanne, femminista reduce da tutte le battaglie per l’affermazione dei diritti delle donne, la visione della donna che esce da quel film è un passo indietro. Per la mamma di Johanne, che in quel lontano 1984 era solo una bambina di 10 anni che amava il ballo, era solo un film a cui abbandonarsi per divertirsi. La risposta della donna più matura è molto tranchant, ma la lasciamo scoprire a voi. Per questa, e molte altre ragioni, Dreams è un film da vedere.

di Maurizio Ermisino