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‘Digital 2026’ di We Are Social: AI, social media e community trasformano la ricerca e quindi anche i brand

La consumer discovery non parte più solo dai motori, ma si costruisce nei feed, nelle conversazioni, nei commenti e nelle interazioni con l'AI. In questo contesto la narrativa del brand non è più nelle mani della marca, ma diventa spazio di ‘negoziazione collettiva’
Digital 2026, We Are Social

WE ARE SOCIAL ha presentato ‘Digital 2026’, la nuova edizione del report annuale realizzato in collaborazione con Meltwater, che esplora l’evoluzione del mondo digital e social analizzando comportamenti, piattaforme e trend emergenti a livello nazionale e globale. L’edizione di quest’anno ha evidenziato come community, piattaforme social e intelligenza artificiale stiano trasformando la consumer discovery: la ricerca non parte più solo dai motori, ma si costruisce nei feed, nelle conversazioni, nei commenti e nelle interazioni con l’AI. I social media diventano così non solo spazi di intrattenimento, ma veri hub decisionali.

Introdotto da Marta Prosperi, Influencer Marketing & Strategy Director, e da Giuseppe Schiavone, Creative Director, di We Are Social – e con la partecipazione delle creator Priscilla De Pace e Benedetta Roffredi – il dibattito si è sviluppato su una massa davvero corposa di materiale (basti pensare alla circa 600 slide della ricerca…) ma può essere ricondotto ad alcuni temi centrali.

L’AI ridefinisce l’accesso al web e l’interazione

Innanzitutto l’uso dell’AI sta diventando una porta d’accesso cruciale. ChatGPT, il principale strumento utilizzato per l’AI in Italia, genera l’84% del traffico dagli LLM verso altri siti. Il tempo medio di sessione su ChatGPT è secondo solo a YouTube tra i siti più visitati in Italia, indicando una forte tensione tra l’interazione ‘parasociale’ con i chatbot e la ricerca di interazioni autentiche su piattaforme come Reddit.

L’integrazione di riepiloghi generati dall’AI (come l’AI overview di Google) dimezza il tasso di click sui link successivi nella pagina dei risultati di ricerca, suggerendo una crescente (e potenzialmente cieca) fiducia nella sintesi fornita dall’AI.

Dalla ‘findability’ alla ‘discoverability’

I Social Media si confermano tra i media più utilizzati settimanalmente (più dell’80% in Italia, superando la TV) e una delle ragioni principali del loro utilizzo è trovare ispirazione per prodotti da acquistare (al quarto posto). La percentuale di persone che scopre nuovi brand tramite i social media è in crescita a livello globale (30,4%), confermando che la presenza dei brand non è più vista come un disturbo.

La ricerca è sempre meno guidata dalle keyword e sempre più legata all’engagement: si passa dalla findability (trovare ciò che si cerca) alla discoverability (scoprire contenuti che l’algoritmo è in grado di servire). Di conseguenza gli utenti sviluppano un’alfabetizzazione algoritmica, e attivamente ‘addestrano’ il proprio algoritmo per ricevere contenuti sempre più personalizzati e specifici.

Fondamentale il Real-Time Influencer Marketing

La narrativa del brand non è più nelle mani della marca, ma è uno spazio di ‘negoziazione collettiva’ a cui gli utenti aggiungono contenuti e significato. In un contesto di trend sempre più brevi , diventa cruciale la leva del ‘real-time influencer marketing’ e la capacità di reagire in modo rapido e autentico.

I brand devono entrare in conversazione in modo ‘giusto’ anche in spazi come Reddit e Quora, agendo come ‘commentatori’ e non semplicemente con messaggi di marca diretti, per evitare accuse di manipolazione (Astroturfing) da parte degli utenti, che sono i ‘guardiani’ di questi spazi.

L’identità del brand come spazio di negoziazione collettiva

L’identità del brand non è più interamente sotto il suo controllo, ma è diventata uno spazio di negoziazione collettiva. Le persone aggiungono un ‘pixel’ alla storia del brand, trasformandolo in una piattaforma di narrazione che deve essere in grado di accogliere, supportare o reagire alla narrativa decisa dagli utenti.

YouTube è centrale nella dieta social

YouTube e non è solo un canale di repository: di conseguenza deve essere sfruttato per creare contenuti long-form e generare valore di intrattenimento, focalizzando l’attenzione sulle persone che assumono il nuovo ruolo di ‘spokespeople’ del brand. Per avere risultati, è necessaria una strategia di lungo periodo, un vero e proprio ‘long game’. Gli investimenti devono essere misurati rispetto a obiettivi di costruzione di valore nel tempo, non solo sui risultati immediati di un approccio tattico.

“Digital 2026 conferma un passaggio che osserviamo da tempo, ma che oggi diventa strutturale: il ruolo dei canali social nella scoperta dei brand non è più una tendenza, è una realtà consolidata”, ha commentato Marta Prosperi. “Le persone cercano, valutano e formano opinioni all’interno dei feed e delle community, e questo cambia definitivamente il modo in cui i brand devono pensare alla propria presenza online. Senza dimenticare un’altra trasformazione ancora più rilevante, forse: l’adozione crescente dell’intelligenza artificiale generativa, che introduce un nuovo livello della ricerca, più conversazionale e capace di costruire una relazione personale con l’utente. Un elemento sempre più determinante nei momenti decisionali di considerazione e acquisto”.

di Massimo Bolchi