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Daniel Ek (Spotify) investe 600 milioni in armamenti e divide l’industria musicale

Un investimento record che non riguarda la musica, la sostenibilità o l'innovazione culturale, ma la difesa e l'automazione del conflitto. E che ha scatenato reazioni divisive nel mondo della musica e non solo
Daniel Ek, Ceo Spotify

La notizia ha scosso il mondo della musica (e non solo): il fondo di venture capital ‘Prima Materia’, co-fondato da Daniel Ek, Founder e Ceo di Spotify, ha guidato un round di finanziamento da 600 milioni di euro nella scaleup tedesca Helsing. L’azienda sviluppa sistemi d’intelligenza artificiale per applicazioni militari, come droni autonomi, difesa aerea e analisi dati in scenari di guerra. Ek è anche diventato presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’azienda.

Il round ha visto la partecipazione di importanti investitori istituzionali, tra cui Lightspeed Venture Partners, Accel, Plural, General Catalyst e il gruppo industriale svedese Saab, attivo nel settore della difesa.

Secondo il Ceo di Spotify, l’investimento rappresenta una risposta alla crescente necessità dell’Europa di dotarsi di infrastrutture tecnologiche indipendenti per la difesa. Una mossa che non contrasta con la sua attività nell’ambito creativo: “Credo nell’Europa e nella sua sovranità tecnologica. L’AI è centrale per la sicurezza del nostro futuro”, ha detto.

Non è la prima volta

In realtà, non è la prima volta che Ek annuncia un impegno in questo settore. Già nel 2021, Prima Materia aveva partecipato al primo round di investimento in Helsing, con un’iniezione iniziale di circa 100 milioni di euro. Anche in quell’occasione Ek aveva motivato la scelta come parte di una strategia volta a rafforzare l’indipendenza tecnologica europea in ambito difensivo.

La notizia aveva generato un’ondata di critiche da parte di musicisti e operatori del settore già nel 2021. Diversi artisti indipendenti hanno chiesto il boicottaggio di Spotify, accusando Ek di usare i proventi della musica per finanziare la guerra. Il produttore Darren Sangita ha scritto: “La musica viene trasformata in un’arma. Disdite Spotify ora”. Molti artisti hanno iniziato a promuovere alternative come Bandcamp, dove il controllo creativo e il margine di guadagno sono più favorevoli per i musicisti. Alcuni, come il batterista jazz Sameer Gupta, hanno lanciato codici sconto e messaggi espliciti per incentivare il passaggio a piattaforme eticamente più trasparenti.

La reazione di Piero Pelù

L’unico artista italiano ad aver preso posizione – per ora – sulla questione è Piero Pelù, da sempre attento alle questioni sociali e ambientali, che ha dichiarato pubblicamente in un post su Instagram la sua contrarietà a questa scelta, sottolineando la contraddizione tra la cultura della musica e la logica dell’industria bellica.

“Il multi-mega miliardario della musica investirà i suoi soldi nella costruzione di droni ipertecnologici per fare la guerra e ammazzare altre persone”, ha scritto il rocker. “Lo schifo che sto avendo per certe frange del genere umano non trova mai un limite, viene abbattuto ogni giorno per farci cadere più in basso”. Il post su Instagram si conclude con un appello: “Magari se molti artisti facessero pressione su questo padrone insensibile della nostra arte potrebbero farlo ragionare e spingerlo a investire i suoi/nostri soldi in qualcosa di molto più civile e in controtendenza con la merda che i nuovi dittatori ci stanno portando a vivere ogni giorno. Pensaci bene Mr. Ek!”.

Una questione di etica imprenditoriale e reputazione

In ogni caso l’investimento di Ek apre un dibattito più ampio sulla responsabilità degli imprenditori tech: fino a che punto è accettabile utilizzare la ricchezza generata da un settore culturale per alimentare settori legati al conflitto e alla difesa? E quale impatto avrà tutto ciò sulla reputazione di Spotify, già criticata in passato per le basse royalty riconosciute agli artisti?

Se da un lato c’è chi sostiene la legittimità di diversificare gli investimenti in nome della sicurezza e dell’autonomia strategica europea, dall’altro emergono posizioni etiche forti che chiedono coerenza tra valori dichiarati e azioni concrete. Lontano dal palco e dal microfono, Daniel Ek ha scelto di investire in un settore che rappresenta l’opposto della creatività musicale: quello della guerra. Una decisione che mette a nudo un conflitto di valori e che, forse, cambierà per sempre il rapporto tra artisti e piattaforme digitali.

Il futuro dirà se Spotify saprà reggere l’urto reputazionale e recuperare la fiducia di una comunità musicale che oggi si sente tradita.