All’AVP, l’Audio-Visual Producers Summit 2025, organizzato a Merano dall’Associazione Produttori Audiovisivi (APA), promosso dal MiC – Ministero della Cultura, con il supporto di MAECI – Ministero degli Affari Esteri, ICE, Provincia Autonoma di Bolzano e IDM Film Commission Südtirol, si è parlato anche di coproduzioni. Una delle parole magiche sulla bocca di tutti, una delle soluzioni che può sbloccare molte produzioni, costituire valore aggiunto, essere tra le chiavi del successo di un film. Ne è esempio Vermiglio, coproduzione vincente tra Italia, Belgio e Francia, ma anche molte delle produzioni di Prime Video, coproduzioni tra Amazon MGM Studios e cdp italiane. A tal proposito a questo AVP, si è parlato in particolare delle collaborazioni possibili tra Italia e Germania. A confronto, moderati da Marco Spagnoli, Direttore Artistico dell’Italian Global Series Festival, produttori italiani e tedeschi.
Conquistare prima il proprio pubblico, e poi quello internazionale, come Squid Game
Prima di tutto, qual è l’obiettivo di una coproduzione? Semplicemente trovare i fondi mancanti, quel 20% che ti consente di chiudere il budget per un film o una serie, o creare insieme un prodotto capace di conquistare il pubblico dei vari Paesi coinvolti? “Si tratta di riscoprire il valore del local” spiega Benedetto Habib, CEO di Indiana Production. “Tu, produttore italiano, devi costruire prima di tutto la capacità di conquistare il tuo pubblico. Così il prodotto, forte del successo locale, viaggia meglio. Il caso emblematico, in questo senso, è il successo di Squid Game: costruito in Corea, coreano al cento per cento, ha conquistato il mondo”.
Manca uno star system europeo
Si tratta quindi di partire prima di tutto da un successo locale, da prodotti capaci di far presa nel proprio Paese, da esportare poi nel modo. Il vero problema è la mancanza di uno star system effettivamente europeo. Per una coproduzione che voglia fare presa al di là dei confini, si tratta di fare un cast che mescoli attori provenienti dai vari paesi. Ma questi difficilmente hanno appeal tra i vari pubblici. Riflette Habib. “Il tema è sempre stato legata al fatto che si doppiava; non esisteva, o si usava pochissimo, la presa diretta. Ne Il Gattopardo, Burt Lancaster recitava in inglese, Alain Delon in francese e Claudia Cardinale in italiano. E la cosa funzionava”. Pensate anche al vecchio Sandokan di Sergio Sollima: accanto a Kabir Bedi, c’erano Philippe Leroy e Carole Andrè, attori francesi che, doppiati in italiano, funzionavano alla perfezione.
L’Intelligenza Artificiale
“Grazie all’AI si potrebbero avere attori che recitano nella loro lingua e ma si esportano con la lingua dei vari Paesi nelle varie versioni” immagina Habib. “L’assenza di attori che fanno la differenza è un grosso limite nell’immaginare storie importanti. Stiamo lavorando su un film di Gabriele Salvatores con cast italiano e tedesco, ma facciamo fatica a chiudere una coproduzione.”
Il sistema tedesco
In ogni caso, si tratta di capire bene cosa si vuole da una coproduzione. “Serve un Paese che possa offrire quel 20% che manca al budget del film? La Germania va bene, ha un sistema molto aperto, ci sono anche i finanziamenti regionali” ci spiega Martin Kreuzer, CEO e Producer di Maze Pictures. “La Germania come Paese di coproduzione è interessante quando si hanno già i propri fondi, siamo molto selettivi. Se non hai i fondi, vai in Belgio… Se arriva un filmmaker straordinario è più facile finanziarlo. Per quanto riguarda la tv, c’è una divisione che lavora anche per realizzare coproduzioni di una certa dimensione a livello internazionale”.
Quello che si fa sulla nostra tv è molto italiano
In Germania stanno cercando delle storie provenienti anche dall’estero che funzionino nel loro Paese. Non è facile esportare e importare, perché spesso i film hanno un carattere solo locale. Con qualche eccezione. “Abbiamo comprato alcune commedie di Paolo Genovese, ad esempio Perfetti sconosciuti, e hanno funzionato bene” spiega Kreuzer. “Così come la nosta tv va abbastanza in Italia, vedi Il commissario Rex. Una serie come Gomorra, invece, è stato difficile venderla alla tv tedesca. Tutto quello che si fa sulla tv italiana è ancora molto italiano… La soluzione potrebbe essere un co-sviluppo: cercare storie insieme che possano raggiungere le due audience”. Si tratta, insomma, di lavorare in team dall’inizio. E, magari, di andare oltre i cliché. Tra RAI, ZDF e France Télévisions esiste comunque un accordo chiamato Alleanza Europea, che prevede la coproduzione di serie europee. Marco Spagnoli ha ricordato che Kabul, prodotta proprio dall’Alleanza Europea, ha vinto il premio per il cast all’Italian Global Series Festival.
Finanziamenti: un sistema cross border
Altro tema rilevante è la differenza tra i sistemi produttivi dei vari Paesi. “Questo rende più complesso costruire un’architettura cross border che possa funzionare” ragiona il Ceo di Indiana. “L’Italia ha un sistema semplice. Quello della Germania è più complicato, con un sistema nazionale e sistemi regionali, che hanno natura automatica e selettiva e impongono di girare sul territorio. Girare in Germania oggi costa ancora di più che in Italia, per cui si tratta di capire qual è l’effetto netto che la produzione ti porta. Il sogno, che non si avvererà mai, è che ci sia un sistema europeo che provi ad armonizzare i vari sistemi”.
I grandi gruppi internazionali
Uno dei fattori che invece remerebbe pro coproduzioni sono le acquisizioni delle cdp italiane da parte di grandi gruppi internazionali. Lo spiega Barbara Pavone, Chief Marketing & Sales di Lux Vide e Chief Digital & Social di Fremantle Italia. “Da quando Lux Vide è entrata in Fremantle siamo stati contattati più spesso da produttori tedeschi” spiega. “Se i produttori fanno parte di gruppi internazionali, i contatti sono più facili. I film commissioners stanno facendo molto e altrettanto le associazioni. Ma le piattaforme possono fare di più. Territori di confine come l’Alto Adige possono fare da apripista. Le maestranze parlano tutte e due le lingue e c’è una commistione culturale che renderebbe tutto più naturale”.
Film con AI per la massa, gli altri per la qualità
“In futuro saremo costretti a pensare a progetti dalla natura più complessa, grazie anche all’AI” interviene Michael Lehmann, Chairman of the Management Board di Studio Hamburg Group. “Avremo prodotti per la massa, realizzati a basso costo con l’AI, e prodotti di qualità” spiega Kreuzer. “Abbiamo bisogno di filmmaker, di approcci creativi. Servono i progetti giusti, le storie giuste, i talenti giusti. Uno di questi è Francesco Sossai (il suo film, Le città di pianura, è stato presentato a Cannes, nella sezione Un Certain Regard, ndr)”.
Il cinema deve anche fare concorrenza a TikTok
Sul mercato ci sono meno soldi di prima e in teoria ci saranno meno filmmaker in grado di emergere. “Non penso che l’AI eliminerà i set – afferma Kreuzer – ma dobbiamo creare contenuti che facciano concorrenza ai tiktoker”.
di Maurizio Ermisino