Prima di entrare nel merito di come poi alla fine i numeri parlino, una considerazione squisitamente soggettiva. La co-conduzione di ieri sera è stata ineccepibile. Forse troppo. Professionisti con la P, ma senza quel tocco di emozione che trasforma la professionalità in arte, quel tocco di imperfezione che rende il tutto più vero (Fiorello, si sa, è unico). Manna, dunque, l’overdose di energia portata sul palco da Lorenzo Jovanotti, fermo restando tutti gli altri interventi (non poca cosa avere avuto per la prima volta assoluta l’intervento registrato del Papa) e i 29 cantanti (dovevano essere 30 ma si è ritirato Emis Skilla dopo la notizia del suo essere indagato nell’inchiesta Doppia Curva). Ma torniamo ai numeri.
Conti batte Amadeus?
E’ vero che quest’anno c’è la total audience, ma il risultato non cambia nemmeno se guardiamo alla standard share, la prima puntata di Sanremo 2025 batte quella dell’anno precedente. Come dire, Conti vince su Amadeus? Non è detto. Piuttosto pensiamo che a vincere sia un lavoro strategico di lungo periodo, iniziato da Claudio Baglioni, con le sue edizioni del 2018 e 2019, per riportare la musica al centro di un Festival che sino a prima ormai riusciva a dire poco o nulla in termini di industria discografica. E Amadeus ha creduto nella visione e l’ha perseguita mettendoci la firma.
La morale è sempre la stessa, vince guardare strategico
Il Festival, infatti, ha fatto un ottimo lavoro di riposizionamento sottolineando il suo Dna di evento musicale, ma innovandolo in sinergia con il cambiamento del mondo a lui circostante. Tra il resto, basti pensare che Spotify (arrivò in Italia nel 2013) nel 2015 (peraltro anno che coincide con la prima conduzione di Carlo Conti) aveva un numero come appena 600.000 clienti attivi, mentre oggi gli abbonati premium superano i 6 mio e mezzo. Sempre nel 2015, poi, delle canzoni di Sanremo solo 8 diventavano disco di platino, nel 2024 ben 41, significando che il Festival è tornato ad impattare nel business discografico, la musica che sforna diventa rilevante e traina le playlist delle piattaforme (pubblico più giovane), ma anche le scelte delle radio (pubblico più datato). La ricetta? Più musica e meno tv.