In ‘Until The End Of the World’ Wim Wenders immaginava la storia di un uomo che voleva creare una macchina in grado di visualizzare i nostri sogni. L’AI generativa è qualcosa di simile. Il video “This Footage Does Not Exist in the Real World” di Reale è impressionante: sembra una reel di frammenti di grande cinema. Ma sono tutte immagini generate in Midjourney e animate con Kling. L’idea era fare un esperimento per capire quanto al momento si potesse ricreare un’estetica simile a quella cinematografica utilizzando strumenti di AI generativa e provare a immaginare cosa potrebbe succedere nel giro di pochi anni. Jacopo Reale ha voluto ricreare un’estetica cinematografica, proponendo immagini che potrebbero appartenere a film di generi e stili diversi. Il video è un caso: ha superato i 26 milioni di visualizzazioni su X, tenendo conto solo di due account, e non delle varie condivisioni. Ed è stato selezionato al primo posto nel “weekly Recap: the Best of the AI Community” del famoso account X: @techalla, uno dei grandi di X nel settore AI. Sulla stampa siamo i primi a parlarne. E vogliamo aprire un dibattito.
Come è nata l’idea di questo video?
Facendo questo lavoro da tanto tempo, a livello di conoscenza tecnica non c’era nulla che mi stupisse. Circa tre mesi fa ho iniziato a divertirmi studiando Midjourney, la piattaforma che permette di generare immagini in AI. In quel periodo si stava sviluppando la possibilità di animare come video i frame realizzati con Midjourney. Questa cosa mi ha turbato: capivo che si aprivano orizzonti che non credevo potessero anche solo esistere. Cambia un paradigma: tutti i workflow cinematografici di postproduzione da qui a qualche anno saranno stravolti. Ma cambia tutto anche a livello creativo: potendo generare in pochi secondi qualunque tipo di immagine si abbia in testa, si vanno a sviluppare, a livello di pensiero, delle connessioni rispetto all’idea originale. Un’idea non è mai troppo definita: con l’AI si hanno subito diverse forme visive a quell’idea.
Ora non ci saranno limiti?
Questo accadrà forse nel futuro del cinema. Ma quello che mi ha sconvolto di più è un’altra cosa. Facendo il montatore sono ossessionato dalle immagini, dalla possibilità di lavorare su immagini che mi arrivano e su come strutturarle. Per qualunque montatore rendersi conto che esiste uno strumento che ti permette di scrivere un testo e genera varie possibilità di questa idea è qualcosa che stravolge. È come se ti dicessero: da domani quello che sogni si trasforma in un’immagine. Ora queste immagini posso farle diventare un video. E la possibilità di migliorare di questa tecnologia è illimitata.
Cosa ha scritto nei prompt?
Quando ho iniziato a studiare l’AI il prompt partiva da parole scritte. Oggi Midjourney ha introdotto la possibilità di creare delle personalizzazioni, di lavorare sull’estetica di quello che vuoi ottenere dandole istruzioni. Per ottenere un risultato bisogna capire come funziona Midjourney, segnalarle uno stile, ad esempio quello di Spielberg, e dirle di cercare di crearlo. Una volta creata un’immagine, puoi usarla come reference visiva, e quindi slegarti dal prompt, per lasciare a questo solo la parte narrativa.
Che indicazioni ha dato?
Gli unici fotogrammi copiati visivamente sono presi da un film che ho montato, Giulia di Ciro De Caro, quelli della ragazza che accarezza il cavallo. Gli altri sono rimandi che avevo in mente, come Rohmer, o i Dardenne, mentre tante cose le ho inventate: stavo lavorando su un corto, la storia di un pittore che si trova a fare un quadro sulle coste e vede un veliero. E ho usato quelle immagini. Avevo voglia di far capire che con l’AI si possono fare tanti stili, non solo quello stile digitale dall’estetica precisa. Ho iniziato a pensare a situazioni, come la metropolitana. Per la ragazza che tira una freccia sulla mela avevo in mente Jojo Rabbit di Taika Waititi e il cinema di Wes Anderson.
C’è chi dice che l’AI non sostituirà il lavoro del regista. Che ne pensa?
È molto utile a livello di pre-visualizzazione, e sicuramente si stanno trasformando i workflow, si sta inserendo l’AI a volte in maniera tradizionale, a volte in maniera innovativa. L’idea tradizionale è quella di chi pensa che l’AI possa essere uno strumento per fare vfx con ottimi risultati a prezzi più bassi. Non mi trova d’accordo, ma viene fatto. A me piace parlare di AI se ci porta ad avere un paradigma nuovo per l’utilizzo di immagini all’interno di una storia. È questo che le case di produzione devono porsi nel momento in cui vogliono mettere l’AI in un film.
Attori e scenografie non serviranno più?
Parliamo sempre di strumenti: molte persone pensano che l’AI sia un’entità, a cui chiedi e ti dà. Sono strumenti al servizio di persone che lavorano con l’immagine, in questo campo. Il regista è un professionista che sa come mettere in scena qualcosa, come comunicare con gli attori e cosa ottenere da loro, come farli muovere e dare qualcosa che non è scritto in sceneggiatura. I registi fanno un lavoro che non è replicabile. Anche se in futuro faranno recitare degli attori creati con l’AI, rimane un punto fondamentale: che chi fa il regista lo fa perché ama fare questo lavoro. Forse per qualche spot si potrebbe avere interesse a sostituirlo. Ma chi gira i film lo fa perché ama farli. C’è un ipotetico rischio secondo cui il regista non farà più quello che fa oggi: ma già esistono registi che fanno cose diverse dagli altri, come chi lavora con l’animazione o chi lavora negli spot commerciali.
E il tocco umano?
Questo ha a che fare con il valore dell’immagine. Ne momento in cui avremo la possibilità di creare con estrema semplicità immagini ad alto impatto visivo, estetico, emotivo, il valore economico di queste immagini calerà. Questo spingerà ad avere, a livello di cinema, dei prodotti più ricercati. È difficile fare previsioni, ma sì, secondo me si stanno aprendo possibilità creative nuove, che porteranno i grandi registi a raccontare storie ancora più significative.
La verità sarà salva e acquisterà più valore?
I racconti basati sulle testimonianze sono intoccabili. Non li puoi sostituire. Però anche oggi vediamo delle docu-fiction, e la parte storica spesso viene ricostruita come finzione: potrebbe essere creata con un altro strumento, come l’AI, ma sempre di ricostruzione stiamo parlando. Avremo la possibilità di animare in maniera molto verosimile qualunque tipo di foto. Anzi, è già possibile.
Come cambierà il suo lavoro, quello del montaggio?
Ci sono due possibili evoluzioni. Una riguarda il montaggio tradizionale. Io uso un software, Avid Media Composer, che utilizza l’AI non generativa da tanti anni e permette di importare sceneggiature e collegare le linee di dialogo testuali all’audio e video del ciak in cui questa linea di dialogo è presente. Permette di avere un confronto immediato di come un attore dice la stessa battuta nei vari ciak. Secondo me, sapendo cosa è in grado di fare oggi, è presumibile che utilizzando questo sistema, che già esiste, si potrà chiedere all’AI di fare dei premontati solo per avere immediatamente steso quello che è un premontaggio. Nulla poi toglie al lavoro del montatore la possibilità di usare il ciak che preferisce e dare il ritmo che vuole. È una cosa che potrebbe avvenire ma che, ovviamente, non ho letto da nessuna parte. Per quanto riguarda la definizione del ruolo del montatore con l’AI, secondo me si può suppore che dovrà anche essere un professionista in grado di capire quali immagini che non sono state girate possono arricchire un racconto, ad esempio in un documentario, e che potranno essere realizzate in AI. Oggi un montatore va a creare un’effettistica, una bozza per chi fa i vfx ad altri livelli. Questa capacità di intervenire generando immagini su racconto è una caratteristica che potrà appartenere ai montatori del domani.
In pubblicità si potrà fare molto ricorso all’AI?
È sicuramente possibile. È chiaro che la strada inizialmente sarà quella. Ma sarà questa fino a che non si capiscono le potenzialità dell’AI generativa. Stiamo parlando di un cambio di paradigma. Esistono spot di altissimo livello, in cui i registi sono cinematografici e vedi il marchio alla fine, L’AI permetterà di sviluppare una corrente di spot meno vincolata al discorso marchio ma più legata a creatività e narrazione. Credo che la comunicazione si evolverà verso un linguaggio nuovo proprio partendo dal mondo degli spot.
di Maurizio Ermisino