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Siamo nella platform society, Instagram prima fonte d’informazione tra i giovani. Ma il giornalismo è altro

Non lascia certo perplessi il Rapporto sulla Comunicazione del Censis, dal titolo “I media e la libertà”, presentato oggi a Roma. Lo sappiamo, i social hanno cambiato profondamente le nostre abitudini, ma non senza controindicazioni, specie quando in gioco c’è l’informazione

Platform society. È questa l’espressione che, da qualche tempo, è usato in sociologia delle comunicazioni per far capire come e quanto oggi influiscano le piattaforme digitali sulla sua società e i suoi componenti. È stato Francesco Giorgino a usare queste parole oggi a Roma, alla Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini, dove è stato presentato il 20° Rapporto sulla Comunicazione del Censis, dal titolo “I media e la libertà”.

Le piattaforme sono quelle che ci forniscono ogni giorno l’intrattenimento, e sono soprattutto quelle dei social media, che ormai, da moltissima gente, sono considerate veri e propri mezzi di informazione. Sapere che oggi al secondo posto tra le fonti di informazione degli italiani c’è una piattaforma come Facebook, un social network, e che, tra i giovani tra 14 e i 29 anni al primo posto c’è un altro social come Instagram, ci fa riflettere.

“C’è una percezione da parte degli italiani delle piattaforme social come mezzi di informazione. E va indagata”, spiega Giorgino. “Ed è perché sulle piattaforme vengono generati contenuti che vengono percepiti dagli italiani come informativi”. Sarà forse una provocazione, ma c’è chi, in questo senso, ha parlato di “informazione senza giornalismo, e di giornalismo senza informazione” come fa notare il giornalista. “C’è una sorta di separazione semantica tra la parola informazione e la parola giornalismo che non immaginavamo”. L’idea dei social come informazione viene anche dal fatto che ci sono molti contenuti prodotti dalle testate o da giornalisti stessi, che fanno fa gatekeeper tra le notizie e il pubblico, su questi media.

Fonti di informazione: tra i giovani dominano Instagram e TikTok

Questi dati sui social media vengono da una parte molto interessane del rapporto. Sono le risposte alla domanda su quali mezzi di informazione ci siamo informati negli ultimi 7 giorni. E, se per il totale della popolazione la prima fonte sono i telegiornali (47,7%), la seconda è, come detto, un social media come Facebook (36,4%). Ma, per i giovani tra i 14 e i 29 anni, il primo mezzo con cui si informano è Instagram (31,2%, cioè uno su tre). E il secondo per 29,7%) è TikTok. Se andiamo a vedere il consumo dei social media in assoluto tra i giovani, e non considerati come fonte di informazione, il 78,1% dichiara di utilizzare Instagram, il 77,6% è utente YouTube, il 64,2% sceglie TikTok (contro il 35,4% della popolazione totale).

Come ci comportiamo quando leggiamo le notizie online?

L’arrivo dei social media ha cambiato il nostro modo di leggere le notizie, in maniera tale che non sembra più possibile tornare indietro. E, attenzione, qui parliamo del totale della popolazione e non solo dei giovani. Alla domanda su come leggiamo le notizie on line in molti dicono di leggere il testo delle notizie più interessanti (35,1%) e di leggere i commenti alle notizie che gli interessano (24,9%). C’è chi afferma di leggere solo i titoli e ‘scrollare’ velocemente (18,5%). Questa parola è ormai di uso comune ed è un chiaro sintomo dei nuovi comportamenti dettati dagli smartphone e dai social: quello di scorrere velocemente verso il basso con la mano sul telefonino o con il mouse sul pc. Solo fino a pochi anni fa si sarebbe detto ‘voltare pagina’… Non tutto, però, è perduto. Tra chi si informa on line, c’è anche chi verifica che una notizia sia o meno una fake news (18%) e chi controlla con altre fonti la validità delle notizie (16%). C’è anche chi polemizza con chi non la pensa come lui. Dichiara di farlo il 3,6%. Ma probabilmente sono molto di più.

I social hanno davvero cambiato le nostre abitudini

E in questo senso cambiano le parole chiave utilizzate nelle analisi dei media. Se negli anni scorsi il Censis aveva puntato sulla moltiplicazione dei mezzi e la personalizzazione dell’impiego dei media, se aveva statuito la nascita dell’era biomediatica e quella della disintermediazione digitale, oggi trova nuovi concetti chiave. Sono la frammentazione dell’immaginario collettivo, perché ognuno costruisce intorno a sé il proprio. E da questo deriva una crisi dello star system, o almeno del modo in cu venivano considerati i personaggi famosi per tutto il Novecento. Cambiano i processi di costruzione dell’identità individuale e collettiva, perché ognuno ha la possibilità di rappresentarsi e rendersi visibile.

L’Intelligenza Artificiale? È imprevedibile

Non si può prescindere poi dall’AI. Anche qui l’analisi è divisa tra il totale della popolazione e i giovani. Che non hanno idee poi così differenti. Forse leggermente più ottimiste. Gli utenti che concordano sull’imprevedibilità degli effetti dell’AI sono il 76,2% del  totale della popolazione, il 70% dei giovani. Crede, invece, che aumenteranno le notizie non verificabili e non distingueremo il vero dal falso il 73,8% del totale e il 66% dei giovani. Sul fatto che gli effetti sull’occupazione saranno disastrosi a causa della sostituzione degli esseri umani con i robot, ne è convinto il 66% del totale e il 55,6% dei giovani.

Tiene la tv, ma si vede in molti modi, crollano i giornali

Resta da dire che la tv generalista cala di un paio di punti percentuali ma regge (83,1 %), e che la tv satellitare arriva al 47,7%. Ma la tv oggi si vede via internet (59,4%) e via mobile tv (35%). La radio tradizionale viene utilizzata da poco meno della metà degli italiani (46%), ma è ascoltata molto su autoradio (68,9%) da telefonino (25,4%) via internet (18%). Non fa quasi neanche più notizia il crollo dei quotidiani cartacei: sono letti dal 21,7% degli italiani: erano il 67% nel 2007. In quell’anno i settimanali erano al 40,3% e oggi sono al 19,2%. I mensili erano al 26,7% e oggi al 16,9%. La caduta dei quotidiani è compensata, ma solo in parte dalla lettura delle loro versioni online (30,5%) ma è forte la concorrenza dei siti web di informazione (61%). I libri scendono al 40,2%, ma tengono, e si attestano al 13,4% i lettori di e-book. Quanto alla spesa delle famiglie per i consumi mediatici, è cresciuta in maniera forte (+403,7%) la spera per le apparecchiature informatiche e di telecomunicazione dal 2007.

Siamo tutti continuamente sui media, ma siamo sempre da soli

“C’è una modalità di fruizione sempre più legata alla solitudine, allo schermo proprio”, analizza Stefano Selli, Direttore Relazioni Istituzionali Italia Mediaset. “Non c’è più quel piacere di condividere, in positivo o in negativo, con altre persone”. Siamo sempre più soli, e sempre più semplici. Selli ci spiega che una grande piattaforma sta studiando dei contenuti che siano il più semplici possibile da vedere. “La visione di un contenuto televisivo è sempre più distratta” spiega. “Spesso i giovani quando guardano qualcosa fanno altro e il contenuto non li deve impegnare”. Questo concetto si lega alla distrazione nei confronti dell’informazione, al concentrarsi solo sui titoli delle notizie, di cui abbiamo prima parlato.

Che tutte le informazioni arrivino da TikTok è preoccupante

La maggior parte delle persone dichiara in modo convinto che i new media siano creati per ridurre i tempi di attenzione e creare dipendenza. “Siamo preoccupati, ma accettiamo questa dipendenza”, riflette Monica Mondo, conduttrice di Tv2000. “Ci stanno a cuore la libertà e l’informazione. Ma quale informazione e dove, visto che i social media creano dipendenza e l’informazione classica, i giornali, non si utilizza più. I motori di ricerca ci propongono quello che abbiamo già cercato: la libertà non c’è, le bolle sono manipolate”. Ma l’informazione la fanno i giornalisti, perché verificano le notizie in maniera scientifica. Serve l’educazione. “Va continuamente spiegato, anche nelle scuole, che le notizie vanno verificate”, conclude. “Che i ragazzi si informino su TikTok può essere un gioco. Ma se tutte le informazioni sull’Ucraina e su quello che fa Trump vengono da TikTok è preoccupante”.

di Maurizio Ermisino