A poche settimane dalla conclusione della seconda edizione di Orbits, 40 minuti in compagnia di Luciano Floridi.
Stiamo già assistendo a un’inflazione del senso: testi e immagini tendono a somigliarsi, gli stili si appiattiscono, le produzioni diventano intercambiabili. Non è un destino inevitabile, ma il risultato di un uso superficiale degli strumenti. Ci comportiamo come se avessimo tra le mani una macchina avanzatissima e continuassimo a guidarla in prima marcia. L’appiattimento nasce soprattutto da qui: prompt banali, richieste generiche, soluzioni preconfezionate. Se tutti chiedono ‘due persone che fanno shopping in un negozio’, il risultato sarà sempre identico. L’AI produce ciò che le chiediamo, sta a noi usarla con creatività e competenza.
Premere i tasti giusti
Questo porta a una polarizzazione sempre più marcata: da un lato l’uso ‘fast food’, rapido, standardizzato, che genera un mare di contenuti indistinguibili, dall’altro il potenziale ‘gourmet’, cioè la possibilità di creare opere originali, raffinate, impossibili fino a ieri. Questa polarizzazione non dipende dalla dimensione delle imprese: anche una piccola azienda può ottenere risultati straordinari se impara a ‘premere i tasti giusti’, mentre colossi molto strutturati rischiano la banalità per inerzia o lentezza decisionale.
Fare cose nuove
Come accadde con la fotografia, il punto non è fare meglio ciò che già facevamo, ma comprendere che ora è possibile fare cose nuove. La vera innovazione non sta nel velocizzare il vecchio, ma nell’aprire capitoli del tutto inediti. Ecco perché l’AI deve essere usata non solo per ridurre costi, aumentare produttività e ampliare i mercati, ma anche – e soprattutto – per innovare internamente: ripensare processi, immaginare possibilità prima impensabili, superare l’abitudine dell’abbiamo sempre fatto così.
L’agilità delle Pmi come punto di forza
Le piccole e medie imprese italiane, da questo punto di vista, hanno una risorsa preziosa: l’agilità. A differenza dei giganti industriali, che si muovono come portaerei e faticano a cambiare rotta, le PMI sono motoscafi: possono correggere rapidamente i propri errori, sperimentare, adattarsi. Il problema, semmai, è il contesto in cui operano: un sistema burocratico lento, pesante, costoso, che ostacola l’emergere di ciò che nel tessuto imprenditoriale italiano è naturale, la creatività, la flessibilità, il senso pratico.
Competere facendo squadra
Un altro elemento decisivo riguarda la cooperazione. È possibile competere internamente ma fare squadra all’esterno, come accade in alcuni distretti industriali che dominano mercati globali grazie a un modello territoriale, cooperativo e agile. L’AI amplifica questa potenzialità: moltiplica l’agilità delle piccole realtà, permette loro di cogliere opportunità veloci e di scalare capacità prima impensabili.
Guardare sempre sotto la marmellata
Infine, dal punto di vista culturale, la massificazione dei contenuti che l’AI accelera non deve farci dimenticare ciò che esiste ‘sotto la marmellata’: microculture, gruppi, estetiche molteplici e vivissime. La sfida non è impedire il rumore di fondo globale, sarebbe impossibile, ma aiutare a far emergere la ricchezza che sta dietro, soprattutto per le generazioni più giovani, che rischiano di fermarsi alla superficie. Non si tratta di creare nuovi significati, ma di mostrare che ce ne sono molti di più di quelli che il mainstream lascia intravedere.