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MediaHook: fare comunicazione significa fare la differenza, determinando l’identità. Sempre. Anche in era di social network, indipendentemente dal budget. Perché ognuno deve potersi identificare anche con quello alla sua portata

Youmark intervista Biagio D’Angelo, ad MediaHook

In un panorama che vede la competizione farsi sempre più globale e sempre più estesa, con agenzie grandi e piccole a far valere i loro progetti per i brand, impegnandosi tutte su tutto, in nome della cosiddetta comunicazione integrata e della multimedialità, qual è la risposta MediaHook, come avete reagito all’evoluzione, meglio rivoluzione, del contesto di riferimento?
“In questo scenario di crisi si è assistito e si assiste sgomenti a una guerra di tutti contro tutti. Agenzie di pubblicità che vendono ormai qualunque cosa, concessionarie che oltre agli spazi propongono creatività e produzione di spot, perfino agenzie di stampa che si rivendono come uffici stampa.  Dietro quella che troppo spesso era la bella favola della comunicazione integrata, della comunicazione a 360 gradi è esplosa la fiera dell’improvvisazione. Un’improvvisazione che ha raggiunto livelli preoccupanti con l’esplosione dei social media. Qui abbiamo potuto osservare un duplice fenomeno, da un lato gli anziani che snobbavano Facebook e Twitter, liquidandoli come fenomeni irrilevanti, dall’altro gruppi di ragazzini nerd spregiudicati che, forti dei loro duemila amici su Facebook, si presentavano alle aziende e alle agenzie millantando competenze, strategie e visioni e proponendo di fare le digital pr o il social media marketing, seducendo così manager analfabeti. In mezzo le aziende, che in questi ultimi due anni pur di fare i numeri su Facebook hanno alimentato la moltiplicazione dei fan fittizi. MediaHook, dal canto suo, ha continuato a fare il suo lavoro, cercando di imparare a usare i social network al meglio e di rapportarsi ai blog con la consapevolezza di aver a che fare non solo con interlocutori diversi, ma con un linguaggio e una logica di fondo differenti.  Per noi comunicazione integrata ha soprattutto significato proporre alle aziende i social network come spazi dove poter parlare con i loro primi stakeholder, le persone”.

Tra le vostre attività figurano esaustivamente tutte le possibilità di espressione del rapporto e dialogo tra brand e clienti (vale anche il viceversa). E la creatività, che rapporto avete con l’idea creativa?
“La creatività nelle relazioni pubbliche è importante quanto nell’advertising o nelle promozioni o, chiaramente, nelle relazioni tout court. Nel flusso ininterrotto di parole, fatti e notizie, nella noia infinita del chiacchiericcio quotidiano ciò che cattura l’attenzione della persona, prima ancora che del cliente, è quella che chiamerei la differenza, con la ‘d’ maiuscola. E’ la ‘Differenza’ che determina l’identità. E l’idea è creativa ed efficace se richiama l’identità”.

L’advertising classico non vi interessa per dna, o può essere che vi attrezzerete anche in tal senso, complici la rete e gli svariati dislay su cui i consumatori possono oggi entrare in contatto con video e affini?
“Ci è capitato di porci come alternativa all’advertising, così come ci è capitato e ci capita regolarmente di lavorare con agenzie di pubblicità in una logica di partnership. Ci accade poi regolarmente di operare con clienti che hanno strutturato un loro media mix all’interno del quale le rp sono, di solito, ahimè, l’ultima voce, la più irrilevante. Ma quando incontriamo un’azienda che non può permettersi i budget dell’advertising, l’azienda che non ha i mezzi per andare in tv, per intenderci, la nostra proposta è ‘MediaHook può lavorare sulla tua notorietà e sulla tua reputazione con budget alla tua portata’.

Tra i vostri clienti molti nomi noti. Tra loro varie marche, Spontex in testa, che hanno saputo sfruttare la forza dell’idea per rendere massimamente efficaci budget non certo faraonici. Qual è la case history che più vi rappresenta?
“Siamo cresciuti non grazie alla disponibilità di mezzi e grandi investitori, ma con la forza delle idee. L’esperienza di Spontex, sviluppata tra il 2004 e il 2006, è stata copiata negli anni seguenti da aziende del calibro di Microsoft e Fastweb. L’idea di un brand che per sviluppare la propria notorietà e la propria autorevolezza inizia a dialogare con il suo target l’abbiamo messa in piedi  ben prima del boom di Facebook. Dopo allora, ci sono state case history come il rilancio del brand delle Disney Princess nel 2006, a quei tempi soppiantate e quasi dimenticate dalle bambine e dalle loro mamme in seguito alla moda delle Winx,  e poi, due anni fa, il grande rilancio del Monopoly per Hasbro. Quello in corso, invece, per noi è l’anno del food. Attività come il lancio a livello mainstream della collana Cruditaly e del mondo del crudismo, nonché il lavoro che stiamo portando avanti per un’azienda storica e prestigiosa come Mauri Formaggi ci stanno dando grandi soddisfazioni. E’ un settore che ha bisogno di idee nuove, i cuochi star hanno già stancato”.

 E quella che più sognate di realizzare?
“Abbiamo appena iniziato a lavorare con la multinazionale tedesca Koch Media per il lancio di alcune importanti pellicole nelle sale cinematografiche. Dopo gli anni di esperienza con Disney approdare al cinema per noi è un nuovo, entusiasmante punto di partenza”.