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Assocom, le dimissioni di Costa. Era già tutto previsto? E già si paventano altre defezioni di peso

Di venerdì la notizia arrivata tramite canali non ufficiali, con il diretto interessato che non ha voluto rilasciare dichiarazioni demandando l’ufficialità del caso a una nota stampa che dovrebbe arrivare oggi. Certo, non si può dire che le dimissioni di Massimo Costa da presidente Assocom siano arrivate come un fulmine a ciel sereno, essendo già dallo stesso Costa paventate più di una volta da quando si era insediato a fine novembre 2011.

E per dirla proprio tutta, da tempo voci anonime esprimevano giudizi poco ottimistici sulla sua ‘tenuta’. Perché il personaggio, in effetti, caratterialmente può risultare distonico rispetto al ruolo che era andato a ricoprire. Decisionista e leader, attento ai conti (tra l’altro voleva trasferire la sede Assocom in un luogo più economico per contribuire a razionalizzare le spese), pragmatico più che teorico. Non a caso,  presidente e ceo Young&Rubicam Group, presidente e ceo Y&R Italia, nonché county manager WPP. Non era difficile immaginare che si sarebbe poco rispecchiato nei dettami di un’associazione, fondata nel 1949, che oggi non sembra ancora aver  trovato un proprio equilibrio di rappresentanza tra passato, presente e futuro.

Se è vero, infatti, che non va buttato a mare il bambino con i panni sporchi, lo è altrettanto che per continuare a sopravvivere bisogna sapersi ‘dare una mossa’. E a vedere il saldo tra quanto Costa è riuscito a concretizzare in questi mesi (un cambio di nome e di logo, la nomina di Stefano Del Frate a direttore generale e l’avvio del Master in Digital Communications Specialist) e i progetti invece ipotizzati a inizio mandato ma poi arenati  (la realizzazione di un censimento dei comunicatori del nostro paese, l’advisor per le gare, aggiornamento professionale e tutti gli altri punti del suo programma), il saldo risulta negativo. Tanto da lasciar immaginare possa essere stato proprio tale bilancio, frutto anche di lentezze decisionali e burocratiche in seno all’associazione, ad aver indotto Costa a dimettersi.

Il punto ora è capire come l’associazione intenda guardare al proprio futuro. Plausibile la scelta di demandare a professionisti come i vice presidenti Peter Grosser (presidente Consulta Pubblicità) o Enrico Gasperini (delega innovazione e tecnologie) il compito di andare avanti in ottica proattiva e fattiva, alla ricerca di un’identità che sembra essersi persa per strada. Con il dubbio che alle 18 agenzie uscite a causa della crisi, se ne possano aggiungere altre. E si paventano  nomi che pesano e che andrebbero ad aggiungersi alle McCann, Havas e DLV BBDO, già fuori da prima. Insomma, il rischio domino si fa pericoloso. La comunicazione è cambiata, non basta sopravvivere in difesa, bisogna saper giocare d’attacco. Staremo a vedere come risponderà Assocom.