L’idea è venuta a Valentina Amenta, direttore creativo FCB Milan, o meglio, è stato grazie a lei che questo giro di microfoni è nato, alla ricerca di direttori creativi donna. Perché, diciamolo, era da tempo che youmark ci pensava, ma non sempre siete così palesi. E’ vero siete poche, ma in più, e qui magari un mea culpa va fatto, ve ne state un po’ in disparte. Non che le luci della ribalta siano sinonimo di valore, ma se non comunicate, il rischio è il calzolaio dalle scarpe rotte. Invece c’è bisogno di conoscervi. Dovete fare squadra, in nome di una professione e di un mercato che senza il vostro sguardo avrebbero molto da perdere. Tornado a Valentina, quindi, grazie per averci supportato nel segnalarci i vostri nomi e ne definire con noi delle domande che vogliamo porre a ognuna, intervista dopo intervista, sino a conoscervi tutte.
Vi presentiamo Paola Manfrin, direttore creativo Ego.
Perché i direttori creativi donna sono in minoranza, in Italia e nel mondo?
“Penso che sia un ‘male’ comune in tutti i settori lavorativi e non, considera che secondo i dati Eurostat 1 manager su 3 in Italia, e in Europa solo il 29%, è donna. Uno dei motivi e ancora molto forte è l’atteggiamento di inferiorità delle donne nei confronti dei ‘capi’ uomini, non è una critica ma un’esortazione ad avere più coraggio”.
Però questa è una industry ricca di donne, cosa manca per permettere loro di fare carriera, cosa vorresti cambiasse?
“Innanzitutto parità di stipendio che non c’è, la mentalità maschilista nelle grandi e piccole agenzie crea spesso disparità, forse al completamento generazionale le cose potrebbero evolversi, spesso mi capita di discutere con capi d’azienda che si vantano di dare molta fiducia alle donne, di credere molto in loro ma alla domanda di quante siano dirigenti c’è forte imbarazzo Un Ceo mio cliente ha uno staff di sole donne perché dice che si trova meglio, ma non ne promuove una e, quando lo fa le licenzia…Io stessa ho diretto la unit del lusso in McCann Erickson per anni ma niente dirigenza, nonostante avessi maturato pure l’anzianità per poterlo diventare. All’epoca erano solo due da 20 anni, sicuramente una svista. Ora sono a partita iva e non mi faccio più’ il fegato marcio”.
Nella tua storia personale, qual è la difficoltà maggiore che hai trovato e a chi o a cosa dai invece il merito per avercela fatta?
“Mi rifaccio alla risposta precedente e aggiungo che ho avuto problemi enormi a proposito della mia estetica, per 20 anni un big manager mi ha ossessionata, a volte, per sfinimento la si può anche dare ma, ho sempre pensato: mai rapporti sessuali sul lavoro, proprio per non creare fraintendimenti della serie ‘ha fatto carriera perché va a letto con il capo’. Essere carine ha i suoi vantaggi ma anche il contrario, devo a me stessa l’avercela fatta e, sicuramente, hanno influito i rapporti sanisenza ‘identità di genere’.Milka Pogliani mi ha sempre sostenuta, ma non perché donna, semplicemente per intelligenza e merito. E’ così che dovrebbe andare”.
La campagna di cui sei più orgogliosa e quella che ti piacerebbe aver firmato?
“E’ una campagna storica per l’olio friol, sono riuscita a realizzare (con Emanuela Tinelli) un progetto glamour su un bene a largo consumo, la famosa prova finestra di un olio che non unge si traduceva con un gamberetto appoggiato ad una pochette di seta, ovviamente senza macchiarla. Quella che vorrei aver firmato ve lo allego, un mix di ironia e veridicità della ‘prova finestra’ USP (Unique Selling Proposition)”.
Prossime sfide?
“Detto ciò, come al solito, verrà spostato il problema femminile carriera-dirigenza-stipendi, per dare spazio alla parità di genere, LGBT. Vedo tanta discriminazione e non è uno scherzo, la sfida qual è? Essere meno ‘sfigati’ e più’ ‘open mind’, morire con la coscienza pulita indossando un tailleur di Chanel, perché, come dice Agrado in ‘tutto su mia madre’ di Almodovar, ‘mi fa sentire meglio’”.