di Massimo Bolchi
“No, non è vero che questa è l’unica volta in cui l’Italia arriva prima in qualcosa”, ha scherzato rispondendo in un’intervista a latere dell’evento UNI Marco Travaglia, Presidente UPA. “In realtà questa norma, che andrà implementata gradualmente, ovvio, è molto importante, perché prende in considerazione un’audience che finora è rimasta sotto traccia, perché impossibilitata per problemi visivi, uditivi o cognitivi, a goderne pienamente”.
“La pubblicità accessibile e inclusiva non è uno slogan vuoto che si limita a rispettare a parole alcuni principi senza fare nulla di concreto”, ha ripreso, “c’è quasi un 10% di persone che, mentre come aziende cerchiamo di raggiungere ogni consumatore con il messaggio giusto, al momento in cui è più disposto a recepirlo, e con il mezzo più efficace, sono di fatto escluse da questa comunicazione per altri versi così capillare e personalizzata. Dobbiamo prendere atto di questa realtà e del fatto che la pubblicità deve essere nativamente progettata per essere inclusiva e accessibile al più ampio numero di fruitori possibile. Oggi abbiamo fatto un importante passo in questa direzione”.
La formazione
“Con questa prassi abbiamo stabilito un punto di partenza per l’intero mercato – creativi, media e aziende – a cui fare riferimento per avere alla fine un prodotto di qualità. Certamente è un work in progress, ma l’obiettivo è integrare servizi quali la sottotitolazione o l’audio-descrizione in una logica che non vada a diminuire il valore del messaggio pubblicitario, ma lo incrementi, rendendolo accessibile a tutte e a tutti”.
“Quando si attivano, come in questo caso, processi di cambiamento, è naturale incontrare difficoltà, a volte anche inattese, che derivano da usi e costumi precedenti. Come UPA Academy offriremo formazione ai responsabili aziendali per farli riflettere su come sia possibile dar vita a una comunicazione accessibile in maniera nativa. Tutto questo ha un costo, naturalmente, e gli investitori pubblicitari sono disposti a fare la loro parte, tenendo presente che una buona pubblicità, che raggiunga davvero tutti, ha un ritorno positivo in termini di branding e di advocacy”, ha concluso Travaglia.