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Those About To Die, su Prime Video il 19 luglio la serie sull’antica Roma. Tra i protagonisti la ‘rivelazione’ Michael Maggi, dagli spot alla recitazione. Youmark l’ha intervistato

Michael Maggi
di Maurizio Ermisino

Size matters. Le dimensioni contano. Era la frase di lancio di un film di Roland Emmerich, Godzilla. E nel cinema del regista tedesco le dimensioni hanno sempre contato. Autore di film enormi come L’alba del giorno dopo e Independence Day, Roland Emmerich torna con la serie Those About To Die, che debutterà su Prime Video il 19 luglio. E, ancora una volta, è un’opera grandiosa, enorme, che ci immerge nell’antica Roma. È il 79 d.C. e la popolazione romana, annoiata, irrequieta e sempre più violenta, è tenuta sotto controllo da cibo gratuito e intrattenimento spettacolare con gare di bighe e lotte di gladiatori. Those About To Die ci racconta questo mondo fatto di sangue, denaro, lotte di potere e corruzione. Nel cast ci sono Sir Anthony Hopkins nel ruolo dell’Imperatore Vespasiano, Iwan Rheon e Tom Hughes, accanto ad attori italiani come Gabriella Pession e Romana Maggiora Vergano. Tra loro c’è anche una rivelazione Michael Maggi. 31 anni, è stato protagonista di molti spot nel mondo della moda e ha recitato nella serie Blocco 181 e nel film Another End di Piero Messina. In Those About To Die Maggi ha il ruolo di Rufus, un personaggio ambiguo, uno stratega. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare il mondo creato da Emmerich.

Come è entrato nel cast di Those About To Die?

Ero andato ai casting per un altro progetto, in americano, per una piccola parte. La casting director mi fa: “come sei messo a memoria? Ho una scena, ma non ti posso dire il progetto né la trama”. Sono andato in corridoio e ho imparato la parte. È stato un allineamento dei pianeti: era bella e semplice come struttura. Dopo un mese ero sul set di Another End di Piero Messina, e mi hanno chiesto di tornare per un provino. Poi mi hanno detto che il regista era Roland Emmerich e che ero la sua prima scelta. Due-tre telefonate dopo, stavo lavorando sotto la pioggia, e mi hanno detto che mi avevano preso…

Che regista è Roland Emmerich?

Io sono cresciuto vedendo i suoi film, per poi scoprire che Il patriota è uno dei film preferiti di mio padre. Ho avuto la fortuna di stare interi giorni con lui a lavorare su alcune scene. Ero intimorito: avevo a che fare con un’idea, un nome e cognome, una leggenda. Il primo giorno che l’ho incontrato sul set sono rimasto sorpreso: ho visto questo omone, con una tranquillità e con un sorriso accattivante. Con me è sempre stato magnifico, in ascolto. È uno che tende a lasciarti fare, a lasciarti molto spazio. Crea un clima che rende tutto semplice. Non è un regista da tutti i giorni, è un artista unico che riesce a rendere reali le nostre paure. E sono curioso di vedere come ha fatto a raccontarci una Roma che non abbiamo mai visto fino ad ora.

Nell’allestimento c’è computer grafica, ma anche set reali. Che sensazione avete avuto?

Hanno creato dei capolavori di scenografia. Per me e i miei colleghi era come vivere in un sogno e ti dimenticavi di tutto: che cosa fai, dove vivi. Ed eri così facilitato dal lavoro magistrale di tutte le maestranze che hanno fatto qualcosa di incredibile. Tra una pausa e l’altra andavamo a toccare le strutture perché sembrava inconcepibile che fosse cartapesta.

Parliamo di Rufus?

A Rufus mi sono affezionato in maniera viscerale. Nonostante sia un ragazzo molto distante da me mi ha costantemente sorpreso e obbligato a non giudicarlo. Rufus è una persona che ha un’inesauribile forza che lo porta a sopravvivere indipendentemente da quello che succede. E questo lo rende imprevedibile, senza una direzione fissa. Non potevo analizzarlo, dovevo vivere nel corpo di questo ragazzo che ha vissuto qualcosa che non conosco. È un personaggio variegato, con una sua profondità. E non è bidimensionale.

Che idea si è fatto di un grande come Anthony Hopkins?

Non abbiamo girato insieme e non ho avuto l’occasione di conoscerlo. L’impressione di chi ha avuto il piacere di lavorarci è quella dell’umanità, di una persona umile e squisita.

Come pensa accoglieranno gli italiani una serie ambientata a Roma, che è un nostro patrimonio culturale?

Spero che l’accolgano bene. Mi auguro che si capisca che dietro c’è una passione sconfinata per la nostra storia. Questo show è basato sul libro Those About To Die, un libro storico. I fatti riportano che storicamente quel mondo era molto più violento di quello che siamo abituati a vedere. Noi italiani abbiamo delle cose nel cuore, delle città della nostra storia, che quando ci vieni a toccare è come se toccassi la famiglia. Spero che il pubblico italiano possa capire che c’è solo amore e ammirazione.

Tra gli attori italiani c’è Romana Maggiora Vergano, la protagonista di C’è ancora domani.

Sono andato con mia sorella a vedere c’è ancora domani, è stato veramente un film importante. Credo bene che la vedano come la nuova star italiana, e credo anche internazionale.  È un’attrice magnifica, anche sul piano umani, e non può fare altro che crescere.

Che ricordo ha del suo esordio nella serie Sky Blocco 181?

È una serie molto riuscita. Sono riusciti a creare qualcosa di vero. E penso che sia merito di sceneggiatura, regia e grandi attori. È stato il mio primo ruolo: Oliver, che ha una relazione con Isa, la sorella di uno dei protagonisti. È stata una bella esperienza, sono stato trattato con rispetto, professionalità, pazienza e ho avuto a che fare con attori bravissimi. Mi sarebbe piaciuto che tra Isa e Oliver ci fosse stato un ritorno di fiamma. Ma non voglio precludere nulla.

Another End di Piero Messina è un film d’autore. Che esperienza è stata?

Ho un bel ricordo, Abbiamo girato a Roma, a Parigi, su set e ambientazioni che in Italia non avevo mai visto. Piero Messina è un fenomeno nella costruzione dell’immagine. Ha fatto qualcosa che solo un europeo può fare: non rendere cliché un genere, non perdere di vista l’umanità- Ha raccontato una storia di amori e di persone che non riescono ad andare oltre questi sentimenti. È l’ennesimo esempio di un film d’autore italiano in grado di andare in tutto il mondo.

Un’esordio negli spot di moda. Pubblicità serie e film facce della stessa passione?

A Milano ho fatto diversi spot, erano le cose che trovavo come attore. Ho cominciato a studiare quando avevo 13 anni, ho girato videoclip, cortometraggi, spot e così mi sono fatto le ossa continuando a studiare, cosa che sto facendo oggi. Recitare è l’amore della mia vita e non voglio arrivare mai al punto di pensare di aver capito troppo. Avendo avuto a che fare con attori incredibili come in questa serie non posso che dire: se questo è il livello a cui voglio arrivare voglio solo migliorare.