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Pino Daniele – Nero a metà, il documentario di Marco Spagnoli e Stefano Senardi racconta gli inizi del grande artista. Ed è fatto con il cuore

di Maurizio Ermisino

È un ‘Pino Begins’, per usare un paragone cinematografico, Pino Daniele – Nero a metà, il film di Marco Spagnoli e Stefano Senardi, al cinema solo il 4-5-6 gennaio. È un’origin story, il racconto di tutte le sensazioni, gli incontri e le influenze che hanno portato Pino Daniele a diventare quello che è stato. A 10 anni dalla sua scomparsa, il documentario è l’occasione per riscoprire l’uomo dietro l’artista, grazie ai racconti e le emozioni racchiuse in uno dei suoi album più rappresentativi. Prodotto da Fidelio ed Eagle Pictures, per la regia di Marco Spagnoli, Pino Daniele – Nero a metà ripercorre la prima parte della carriera di Pino Daniele. Attraverso gli occhi di Stefano Senardi, amico di lunga data e storico produttore di Pino, il documentario offre uno sguardo inedito sul legame tra l’uomo e l’artista, esplorando il lato più autentico e personale del musicista napoletano.

“Volevamo riflettere su due elementi”, ci ha raccontato Marco Spagnoli. “Come ha fatto a diventare Pino Daniele? E ci sono una serie di risposte. E poi: che cosa resta dell’eredità di Pino Daniele? Un artista ci può lasciare, ma la sua arte no. È un viaggio sentimentale, spirituale a Napoli e nella memoria di Pino Daniele. È un racconto identitario, è la riflessione su quello che questo grande artista ci ha dato e quello che potrà ancora fare. La sua eredità è tangibile vivace, presente. La Napoli di Pino Daniele è come quella di Maradona e Massimo Troisi: è una realtà esistente, pulsante”. I murales nella città sono dedicati a loro, numi tutelari della Napoli di oggi, statuine di un presepe che vive nell’anima delle persone. A Napoli la nuova generazione di musicisti suona la musica di Pino Daniele e la fa propria.

La distribuzione Eagle Pictures

Il film è distribuito da Eagle Pictures, che al cinema sta facendo sempre scelte azzeccate e lungimiranti. “La distribuzione è arrivata subito” ci spiega Spagnoli. “Mentre giravamo sapevamo già con chi sarebbe uscito il film. È più facile girare quando sai che si è tutti d’accordo, anche sullo stile del film”. Eagle Pictures e Fidelio hanno sposato subito l’idea di Spagnoli e Senardi. “La Fidelio di Silvio Maselli e Daniele Basilio l’ha apprezzata subito” racconta il regista. “Sono in una condizione fortunata della mia carriera, in cui ho una serie di idee e incontro delle persone a cui posso proporre dei progetti”.

Via San Sebastiano, la via della musica

Marco Spagnoli e Stefano Senardi, rabdomanti della grande musica, dopo aver raccontato Battiato ne La voce del padrone, vanno nel cuore di Pino Daniele e nel cuore della sua Napoli. A Via San Sebastiano, la strada della musica, dove Pino comprò a prima chitarra elettrica, una Gibson SG Standard Diavoletto, quella che suonava Eric Clapton nei Cream. Parlano con chi lo ha conosciuto da ragazzo, quando strimpellava con le prime chitarre acustiche, ci fanno vivere quei cinquanta metri quadri del quartiere, che erano il posto dove è cresciuto. “È una storia che si poteva raccontare in tanti modi, anche in una maniera più popolare” ci spiega Spagnoli. “Abbiamo provato a mantenere un tono un po’ più elevato. C’era un aspetto temporale: volevamo celebrare l’anniversario e volevamo essere in tempo perché il pubblico avesse qualcosa su cui riflettere, che non fosse un racconto generale su Pino Daniele Ma che fosse il racconto di lui da ventenne”.

Quei fortunati incontri

E quel tono più elevato di cui parla Marco Spagnoli vuol dire parlare di musica. Parlare con chi ha condiviso il palco con Pino Daniele. Parlare di quegli incontri, come quello con Tullio De Piscopo, una telefonata, un appuntamento per una pizza e poi subito a suonare insieme fino a sera. Quello con Tony Esposito, con cui fece una serie di concerti tamburi e voce. E poi James Senese, Enzo Avitabile. Erano tutti artisti che avevano una loro carriera e che diedero vista a un super gruppo. Ma senza che avesse un nome, lasciando quello di Pino Daniele. Ma non suonavano per Pino, suonavano “con” Pino. E così le canzoni che su disco magari duravano tre minuti, su quel palco diventavano pezzi da dieci minuti, perché Pino lasciava spazio ai suoi musicisti di improvvisare.

Un suono del Sud

Quello di Pino Daniele è un suono unico. È la musica della sua terra, che non è musica leggera, e neanche una copia della musica afroamericana. È una sorta di suono del Sud, del Mediterraneo. Della sua terra Pino Daniele usava il dialetto, e non importa se non si capiscono tutte le parole, il senso arriva lo stesso. “Essere capiti significa comunicare le emozioni” diceva. È Gino Castaldo, a un certo punto del film, a spiegare cosa è stato Pino Daniele. In un’epoca come gli anni Sessanta e Settanta in cui si pensava, a volte a torto, che i cantautori peccassero di musicalità e fossero per lo più parola, Pino Daniele portò una grande ventata di musica. E anche la sua voce, le sue parole, erano uno strumento musicale.

Napoli era nera a metà

E poi il titolo di quell’album, il terzo della sua carriera, quello che lo ha lanciato. Napoli era nera a metà. Gli americani dopo la guerra erano dentro Napoli, e la musica americana arrivava ovunque. È per questo che è nata questa commistione unica tra mondi diversi. “Pino Daniele è il prodotto di una fusione” ci conferma Marco Spagnoli. Ma qual è la canzone dell’artista a cui è più legato il regista? “Io sono nato a Napoli” ci risponde. Pino Daniele è sempre stato parte del mio immaginario, pur non essendone mai stato un fan. Per me la canzone che rappresenta più Pino Daniele è un duetto con Richie Havens, Gay Cavalier, una canzone che a Napoli sentivo dappertutto”.

Da Nero a metà a Quando

Come ne La voce del padrone, il documentario su Battiato, Spagnoli e Senardi partono da un disco, ne fanno il centro del film, ma poi si lasciano la libertà di spaziare. “Il disco è un alibi, poi vai dove ti portano le canzoni” racconta Spagnoli. “In questo caso il pubblico doveva conoscere le origini di Daniele, che si conoscono di meno rispetto al resto della carriera. C’era tutto un pensiero che volevamo raggiungere. Il film si ferma al concerto di Piazza Plebiscito del 19 settembre 1981. E poi siamo arrivati a Quando, la canzone tratta da Pensavo fosse amore… invece era un calesse. Era importante parlare di Massimo Troisi, e della canzone prodotta da Stefano Senardi. E poi arriviamo al presente, con il finale del film.  “A me non manca. Pino sta con me. Sta proprio qui con me”. È James Senese, commosso ma sereno, a dire queste parole. Ed è proprio così. Pino è ancora a Napoli. È ancora vicino a tutti.