Youmark

Audience: c’è bisogno di una misurazione unica, vecchi e nuovi media devono trovare un terreno comune. Il valore si crea insieme. Le evidenze di ‘Nostalgia di futuro’

di Maurizio Ermisino

Siamo di fronte a un panorama mediatico nuovo. Oggi che l’audience è sempre più frammentata, e che i mezzi, in realtà, convergono spesso verso un unico re che è il contenuto, la misurazione dell’audience è centrale: non è più qualcosa di tecnico o di accessorio, ma il cuore di strategie economiche. Si è parlato di questo ieri a Roma, allo Spazio Europa del Parlamento Europeo, nella sedicesima edizione di Nostalgia di futuro, ossimoro che ci parla proprio della convergenza di vecchi e nuovi media, organizzato da Media Duemila e Osservatorio TuttiMedia. Ora che le normative europee stanno ridefinendo in confini della misurazione, con standard più trasparenti e rispettosi della privacy, i vecchi media sono chiamati a raffrontarsi con un pubblico più frammentato. E servono nuovi metodi di misurazione che comprendano i nuovi media, come YouTube. La misurazione è il primo passo per comprendere le persone: dove sono, cosa cercano, come interagiscono con i contenuti. È una sfida che necessita di soluzioni condivise in cui vecchi e nuovi media possono trovare un terreno comune, con sistemi virtuosi, ibridi di misurazione, nuove metriche. Sarà fondamentale per stabilire il valore degli investimenti pubblicitari. Non è solo una sfida economica, ma di sostenibilità del sistema mediatico.

Come sta evolvendo l’audience?

Fabrizio Angelini, Ceo e Fondatore di Sensemakers, ci ha illustrato i trend e comportamenti di fruizione dei contenuti del pubblico di oggi, e sono molto interessanti. A proposito di distribuzione del tempo speso tra televisione e on-line, la reach giornaliera di settembre 2024 ci dice che su 50 milioni di italiani maggiorenni (18+), 35 milioni sono raggiunti sia dall’on line che dalla tv. Il tempo medio speso sulla tv – misurato da gennaio a settembre 2024 – è maggiore rispetto all’on line: 4 ore, 16 minuti e 4 secondi per la prima, 2 ore, 4 minuti e 10 secondi per il secondo. Come è chiaro, il target ha abitudini diverse. Vediamo il tempo speso per device: i 45+ molto più dediti alla tv (74%) e i 18-24 ai media digitali (59%). Il totale dei 18+ è abituato a vedere la tv il 67% e sullo small screen il 33%.

Il consumo di tv in Italia continua a crescere

E questo è un unicum a livello internazionale. Il consumo medio di tv in Italia è di 3 ore e 24 minuti al giorno, in crescita di 2 minuti rispetto allo scorso anno. Tutti gli altri Paesi vedono la tv lineare meno che in passato: Canada e USA segnano -10 minuti rispetto all’anno precedente. La total audience della tv in Italia (misurata da gennaio a settembre 2024) è cresciuta dell’1,4%.  Ma è importante segnalare il dato dell’incremento digitale all’ascolto lineare, che è del +3,8% dal 1 gennaio al 30 settembre 2024. Sembra che il digitale pesi poco, perché continuiamo a misurarlo con metodi tradizionali. Ma è importante capire che oggi la “vecchia” tv si vede in realtà ovunque, su qualsiasi device. E che i broadcaster televisivi sanno innovare, creare contenuti originali per le piattaforme digitali e valorizzare i propri programmi attraverso di esse. Il consumo digitale dei contenuti televisivi, da gennaio a ottobre 2024 conta 16,7 miliardi di digitalizzazioni, che equivalgono a un +10% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Gli investimenti pubblicitari

Il mercato vale 11,2 miliardi di euro. Guida sempre la tv con il 35%, ma oggi gli investimenti pubblicitari vanno visti anche per formati. E questo modo di vederli ci dice che il 56% degli investimenti viene coperto dal video (+11% rispetto allo scorso anno), seguito dalle immagini statiche (40%, +7%) e dall’audio (4%, +10%) Il grande evento di questi tempi è la tv connessa, che combina il meglio dei due mondi, tv e on-line. In Italia oggi sono 20,2 milioni le Ctv, le tv connesse, e 33,7 milioni di italiani guardano la tv con questo device.  Un altro dato importante è la social incremental reach, il dato che ci fa capire quanto i social media aggiungono ai contenuti media: è il 503% alle radio, il 328% all’entertainment, il 96% sullo sport.

Cosa ci dice questo studio?

Che la tv continua ad essere resiliente. Che la crescente penetrazione delle tv connesse abilita innovative forme di consumo e distribuzione dei contenuti. Che diminuisce il digital divide generazionale nell’accesso a internet, mentre il video on line e l’intrattenimento diventano sempre più centrali nell’utilizzo delle piattaforme social.

Un mercato che fattura 19 miliardi l’anno

All’interno di questo contesto 58,9% deriva dalla pubblicità. Inizia così il suo intervento Raffaele Pastore, Direttore Generale di UPA. “Gli investitori sono già nelle condizioni di non guardare più ai singoli media” spiega. “Pensano in veicoli: il veicolo video, che può andare sia on line che su una tv, il veicolo audio e il testo. Sono tutti trasversali rispetto ai media”. Il video, quindi, è trasversale tra tv tradizionale e gli altri device. “Il punto in cui siamo è che una percentuale considerevole di video, quasi la metà hanno una misurazione millimetrica, minuto per minuto” spiega Pastore. “E c’è un’altra parte, i video on line, che non è misurata adeguatamente e che YouTube dice di voler far misurare. “Nel 2017 già in materia chiara il capo di Procter & Gamble disse agli editori on line: ‘siete fantastici, abbiamo bisogno di voi. Ma ognuno di voi non può venire e portare la sua metrica: serve una sintesi, uno standard. Prendete esempio dalla tv alla fine degli anni Ottanta che si è fata una metrica e su quella ha costruito un florido mercato ultratrentennale’”. “Abbiamo costituito Audicom, Audiradio” continua. “Si raggiunga l’interoperabilità delle metriche per far sì che chi alimenta il 58,9% degli investimenti possa continuare a farlo al meglio”.

Le nuove misurazioni: ci sono tre aspetti

È quello che ci spiega Francesco Ottoveggio, Responsabile Media Currencies del Marketing Strategico di Mediaset. “Il primo aspetto è che le metodologie diventano più complesse” racconta. “Si fa più chiarezza nel calcolo delle audi rispetto ai perimetri”. “Il secondo è l’interoperabilità” continua. “Le varie audi cominceranno a condividere i propri asset tra di loro. È fondamentale il passaggio della ricerca della massima uniformità, grazie a un’unica tecnologia per misurare i contenuti video, e avere una lettura crossmediale”. Il terzo aspetto di questa misurazione è quello di fornire i parametri per la profilazione” conclude.

Pubblicità: +5,5%

“A me sta a cuore la misurazione” aggiunge Marianna Ghirlanda, Presidente IAA Italy Chapter. “Penso che possa dare un grande contributo, e che la mancanza di misurazione unica freni il mercato. Ci occupiamo di comunicazione commerciale, pubblicità. È un mercato che è cresciuto del 5,5% e abbiamo previsioni positive per il 2025. Il fatto che le persone utilizzino sempre più il web come intrattenimento è importante. I mezzi sono sempre meno rilevanti, ma è importante che gli investitori abbiano dei dati in modo che possano investire su questo settore”.

Ma in tutto questo c’è una questione politica

“Non c’è un equilibrio fiscale” spiega Maurizio Gasparri, Senatore di Forza Italia, e il problema è noto da tempo.  “Se non lo capiscono i giganti del web, il parlamento lo dovrà dire. C’è un’arroganza dei giganti che non coincide con la sensibilità che tutti devono avere”. A proposito di questa arroganza, Franco Siddi (Presidente CRTV, Tv2000, TuttiMedia e consigliere FIEG) fa notare che “Google ha deciso di sospendere, per fini statistici, la diffusione di notizie dei giornali in molti paesi europei”. “Cosa fanno senza le nostre notizie?” si chiede. “È un allarme enorme. Cosa succede se la diffusione delle notizie è data da enti che decidono cosa conviene e cosa no, cosa funziona e cosa no?” Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google, risponde a entrambe le questioni. “C’è un problema di multinazionali, a livello di tassazione, che non è solo di quelle del digitale” spiega. “La teoria è che chi utilizza la rete per arrivare agli utenti dovrebbe pagare chi la rete la fa. Ma la rete viene già pagata. Le persone pagano la telco attraverso la quale accedono a un contenuto che viene fatto da altri. Noi in Italia stiamo stringendo accordi con tutti i singoli editori”. Quanto al problema dei contenuti dei giornali bloccati, spiega: “È un esperimento per avere dei dati”.

Sono gli editori a portare valore alle piattaforme o il contrario?

“Nessuno di noi è in grado di rispondere alla domanda” ragiona Ciulli. “Secondo noi, creiamo valore insieme”. “Bisogna prendere atto che il mercato è uno” continua. “E che cercare di frammentarlo significa cercare di limitare l’evoluzione di quel mercato. Vorrei fare un appello verso il lavorare tutti insieme per andare verso una misurazione dell’audience unica di due cose che erano molto lontane. YouTube avrebbe molto da guadagnare da una misurazione trasparente. Favorirebbe la qualità del contenuto”. “Non dovremmo essere arroganti pretendendo che la tv si misuri con le nostre metriche e viceversa” conclude. “Servono metodologie interoperabili, ma che tengano conto delle specificità di ognuno. Per la misurazione crossmediale è fondamentale che la privacy sia tutelata. La tecnologia deve essere neutrale. E va studiato un metodo di misurazione che lo sia”.