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Lorenzo Sassoli de Bianchi, alla sua ultima assemblea Upa dopo 17 anni di presidenza: mercato a +4,2% con i media tradizionali a crescere più del digitale. La collaborazione è tutto, nessuno guardi al proprio orticello

di monica lazzarotto

Ci mancherà questo presidente colto e raffinato (non se ne abbia a male Marco Travaglia, che siamo certi sarà assolutamente all’altezza del suo mandato), che ha saputo innovare il modo di essere di un’associazione come Upa, soprattutto grazie all’apertura alle varie componenti di un sistema poliedrico quale l’industry della comunicazione è, facendo realmente sistema.

A partire dalla collaborazione con le altre associazioni, da Una a Fcp, allargando agli attori dei vari tavoli, vedi ad esempio i centri media, avendo spuntato che i diritti di negoziazione siano oggi trasparenti, ossia contrattabili dalle parti, giustificandoli in nome del ‘never squeeze the supplier’. Ma soprattutto in seno alle Audi, che oggi lavorano assieme nell’obiettivo della total audience e total campaign, con la messa a segno nell’ultimo anno e mezzo della nuova Audicom (alle battute finali la gara per la scelta dell’istituto che realizzerà la ricerca così da avere nel 2025 i primi dati, contando di annoverare pure gli over the top, aiutati anche dalla  nascita in Usa dei Jic – Joint Industry Committee- , così che per le multinazionali sarà meno ostica la loro comprensione) e Audiradio, con ricerche areali e nazionali, nonchè misurazioni del digitale, che grazie alle nuove auto (la radio la si ascolta per il 70% lì) diventerà canale di fruizione elettivo.

A proposito di misurazioni, fiore all’occhiello l’obbligatorietà (chi non si adeguerà non disporrà dei dati dei propri video né di quelli dei concorrenti) da luglio del prossimo anno del Cusv (Codice Univoco Spot Video) così da avere certezza della fruizione indipendentemente dal canale (Tv o web) e dal device. A oggi solo il 6% delle campagne lo utilizza.  Il tutto alla luce di un rapporto agenzie aziende che è evoluto nel comune obiettivo di far crescere il valore delle marche, che hanno capito (complice il Covid) che se non si investe in tal senso si cade nella palude dell’indifferenziazione.

Veniamo così ai dati. Un anno migliore delle previsioni questo 2024. Con gli investimenti che superando i 10 miliardi mettono a segno una crescita del +4,2%, sottolineando come l’indotto della comunicazione valga il 20% del Pil oltre i 300 milioni di euro.

Tra i mezzi, sorpresa per l’inversione di tendenza, dopo anni di digital first, sono quelli tradizionali a mettere a segno i migliori risultati, complice la loro capacità di aver interpretato il cambiamento (sembra impossibile che 17 anni fa i video si guardassero solo alla tv. Ma d’altronde i prossimi 17 saranno paragonabili a due secoli tanto l’innovazione corre, protagonista l’opportunità, certamente non priva di rischi, della gen Ai). Nel dettaglio, Tv a +4%, radio benissimo, doppia cifra per l’Ooh. Capitolo a parte quello dell’editoria tradizionale, con la stampa a soffrire. Tanto da fare appello agli investitori perché sia sostenuta, quale garante di democrazia.

In quanto ai settori, crescono automotive, casa, con il petfood a diventare tendenza, tempo libero, ma anche gdo (del 10%) e alimentare (1,5%).

Il tutto ricordando come la comunicazione debba essere responsabile, applaudendo quindi alla scelta di investitori, agenzie ed editori di aderire alle regole dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, con il recente ingresso di Google a far  sperare nella partecipazione anche degli altri attori dell’universo digital.

Infine, accento sulla creatività, perché senza le marche non possono emergere. E qui l’invito di Sassoli de Bianchi è di concentrarsi su concetti rilevanti nella vita delle persone, ricercando l’ovvio, l’intuitivo, il lampante, ed evitando complessità e confusione.