Youmark

L’attenzione è la cosa più importante. Nel bersagliamento di messaggi, quanto valgono realmente impression, like e numeri se non correlati all’attenzione che mettiamo, insomma a cosa realmente arriva a colpire il nostro cervello? In Beyond Visual Attention by OMG le risposte

Da sin. Lorenzo Facchinotti, Nielsen; Catarina Sismeiro, Annalect; Nora Schmitz, Ipsos; Marco Girelli, OMG; Francesco Gallucci, Ainem; Marco Robbiati, OMG

di Maurizio Ermisino

La ricerca ‘Beyond Visual Attention’, promossa da OMNICOM MEDIA GROUP in collaborazione con Ainem, Ipsos e Nielsen, presentata ieri a Roma, usa metodi innovativi per studiare l’attenzione reale verso i messaggi pubblicitari e i vari mezzi. Consentirà di pianificare in modo più mirato.

E’ un momento di grandissima trasformazione dovuta alla digitalizzazione, che fa nascere grandi opportunità ma nasconde anche molte insidie. Uno dei temi più rilevanti che stanno emergendo è quello dell’attenzione. In questo momento siamo raggiunti, sommersi da una quantità incredibile di messaggi: stimiamo che siano circa 33mila messaggi tutti i giorni. Il nostro cervello non è in grado di poter prestare attenzione a tutti”, così Marco Girelli, Ceo Omnicom Media Group, ha introdotto il senso del progetto di ricerca ‘Beyond Visual Attention’, promosso da Omnicom Media Group in collaborazione con Ainem, Ipsos e Nielsen, che è stato presentato a Roma alla stampa, alle istituzioni e al mercato.

Il fatto che il nostro cervello non sia in grado di prestare attenzione a tutti gli input ricevuti, infatti, porta a una serie di conseguenze. La prima è di business. “In questo momento molte aziende investono grandi quantità di denaro per raggiungere i propri consumatori, ma il loro cervello non è in grado di elaborare queste informazioni”, spiega Girelli. Ma ci sono altri due aspetti. “Occupandoci di questo tipo di attività, come grande gruppo media, non possiamo sfuggire ad avere una responsabilità verso le persone” continua. “Siamo di fronte a una serie di temi legati all’overloading di comunicazione. Gestiamo un miliardo di euro di pubblicità in Italia e abbiamo una responsabilità nei confronti di come vengono distribuiti questi messaggi”. Il terzo e ultimo tema è il rispetto dell’ambiente. “Dalla prima all’ultima mail che mandiamo stiamo creando un disturbo all’ambiente”, conclude. “Quindi la comunicazione rischia di essere non solo inutile, ma anche dannosa”. L’attenzione è una risorsa scarsa e in un contesto di sovraffollamento informativo come quello nel quale siamo immersi è sempre più complesso comunicare con efficacia.

La ricerca: 10” di attenzione per la pubblicità in tv, 2” su mobile

La ricerca conferma che la videocomunicazione è una modalità altamente performante, ma che anche il formato audio non è da meno: in termini di attenzione, infatti, l’adv in questo ambiente perde solo il 2%. I formati pubblicitari statici (come, ad esempio, i banner) hanno invece performance diverse, con un ricordo intorno al 50% rispetto al formato video. La televisione ha ancora un ruolo molto rilevante nella comunicazione pubblicitaria: secondo le analisi di Ipsos il ricordo di un brand visto in tv è 3 volte superiore rispetto al mobile e solo il 17% dei break pubblicitari oggi è interrotto dallo zapping, che quindi è un fenomeno in calo. Le persone dedicano circa 10” di attenzione attiva agli stimoli pubblicitari in tv, mentre questo numero su mobile si riduce intorno ai 2”, Ma l’audio è molto importante nell’attivare l’attenzione: 1 persona su 5 ricorda una pubblicità passata in tv anche se in quel momento non stava guardando lo schermo.

L’attenzione alla pubblicità in casa: in salotto è del 60%

La cosa interessante è che Ipsos ha condotto lo studio entrando letteralmente nelle case degli italiani e rilevando, tramite strumenti di AI e machine learning, i loro comportamenti di fruizione di tv e mobile nei vari luoghi: soggiorno, camera da letto, cucina. L’attenzione alla pubblicità cala in camera da letto dove si registra un 47% di attenzione visiva all’adv, mentre in salotto si arriva al 60%. In cucina, dove si fanno tante altre cose, l’attenzione è più bassa. La ricerca ha parlato anche del contesto in cui si fruiscono i contenuti. Pensiamo ai mezzi di informazione: lo studio analizza l’attenzione ai messaggi pubblicitari sulle testate web di news (anche i siti di quotidiani e periodici). Su questi mezzi l’attention time è del 20% superiore rispetto a quella registrata sui social media. Il contesto influenza l’attenzione: i contenuti presenti sui siti di informazione spingono a una maggiore attenzione anche nei confronti dei messaggi pubblicitari.

L’attenzione non può essere valutata solo nel modo in cui studiamo dove l’occhio si posa sul contenuto

“La pandemia ha aumentato la digitalizzazione, e oggi le famiglie italiane si trovano a decidere come fruire dei contenuti, in maniera lineare e on demand: la personalizzazione è uno dei temi chiave di oggi”, spiega Marco Robbiati, Head Of media Intelligence & Market Insight Omnicom Media Group. “Se la nostra capacità di attenzione è scarsa e limitata, la stessa che abbiamo da 10mila anni a questa parte, il moltiplicarsi degli stimoli non può che diminuire l’attenzione. Che non può essere valutata solo nel modo in cui studiamo dove l’occhio si posa sul contenuto”. Così oggi l’attenzione si studia osservando dove l’occhio si posa, poi come il contenuto interagisce con la nostra mente, e infine osservando la risposta del corpo.

Il mobile ha dato la possibilità di colonizzare degli spazi degli spostamenti

Il tema dell’attenzione è legato alla frammentazione dei media e delle audience. “Nel nostro paese questo processo inizia 50 anni fa, negli anni Settanta, con la nascita dell’emittenza privata, e poi ha un grosso boom grazie a internet, che ha abbattuto le barriere dell’ingresso all’informazione”, commenta Lorenzo Facchinotti, Campaign Analytics Commercial Strategy Lead – West di Nielsen. “Il mobile è stato fondamentale, perché ha dato la possibilità di colonizzare degli spazi interstiziali, quelli degli spostamenti, in cui prima non fruivamo dei media. Oggi oltre il 60% delle persone su internet guarda piattaforme a pagamento, altrettanti quelle gratuite, come Youtube, e il 52% scrive sui social quando guarda la tv. Il 40% segue podcast o influencer. Per cui va fatta una configurazione media legata non solo al contatto, ma anche a una dimensione qualitativa, quella che l’attenzione propone”.

Se sei più attento della media alla pubblicità in tv lo sarai anche sul mobile

Perché si possa studiare l’attenzione nel vero senso della parola, in una dimensione qualitativa, si è andati proprio ad analizzare la vita reale delle persone. “Abbiamo provato ad entrare nelle case degli italiani e misurare le dinamiche attentive nella vita vera, senza stimoli artificiali”, ha spiegato Nora Schmitz, Head audience measurement e Media development Ipsos. “Siamo andati a seguirli nei vari ambienti della casa, dalla tv del salotto della cucina camera da letto, e anche nel loro uso del mobile, come si comportano le persone quando fruiscono i loro contenuti social. Se vogliamo cogliere l’attenzione in maniera veridica dobbiamo lasciare libere le persone di seguire le loro abitudini. La vita vera è qualcosa che ti capita, l’attenzione dei media è distratta; ti devi alzare per girare il minestrone, ti distrai perché hai il bambino sulle ginocchia”. “Grazie alla misurazione di tv e mobile abbiamo scoperto che l’atteggiamento attentivo verso i contenuti pubblicitari non dipende dal device, ma dalla tua attenzione. Se sei più attento della media alla pubblicità in tv lo sarai anche sul mobile, come accade in 7 casi su 10”.

L’attenzione va misurata su tre aspetti: visivo, mentale e legato al corpo

“Il contributo è cercare innanzitutto di definire cosa sia l’attenzione”, ha sottolineato Francesco Gallucci, Vicepresidente e Scientific Director Ainem (Italian Association of Neuromarketing). “Tendevamo a vederla come qualcosa di legato solo alla vista. Ma la nostra percezione è limitata, non riusciamo a elaborare troppe informazioni quando guardiamo. Il nostro cervello ci sorprende per elaborazione di contenuti. Abbiamo introdotto delle variabili, delle metriche che sono del tutto nuove. Misurare l’attenzione visiva va bene, ma poi arriva l’elaborazione della mente: sto guardando qualcosa ma penso ad altro. Abbiamo colto un fenomeno nuovo, ora l’attenzione va valutata su tre aspetti: visivo, mentale e legato al corpo. Gli stimoli visivi producono delle reazioni anche a livello di organismo, a livello emotivo”. Questo nuovo metodo allora è in grado di capire se stiamo attenti anche quando non lo siamo, e se oltre all’attenzione razionale c’è un’attenzione inconscia, magari attivata con l’audio. Proprio i risultati sull’audio sono interessanti. “L’attenzione legata alla percezione visiva è il 56%, quella legata all’audio è del 55%” ci spiega Gallucci.  “A parità di misurazione la capacita di creare attenzione dell’audio è molto vicina a quella visiva”. Così strumenti come la radio, ma anche lo streaming e il podcast sono sempre più degni di nota.

Dal punto di vista del ricordo fra i più giovani e i più maturi non c’è differenza

C’è insomma una dieta mediatica che possiamo mettere in atto quando parliamo di attenzione e di pianificazione? Catarina Sismeiro, Managing Director di Annalect (OMG) spiega che “c’è una grande diversità su quello che è possibile fare sui diversi mezzi e sui diversi formati. Abbiamo grande abbondanza di attenzione sul mobile, ma è un’attenzione più fragile, più veloce”. “L’attenzione data dai gruppi più giovani è minore, anche in tv” continua. “Ma la cosa interessante è che, dal punto di vista del ricordo, fra i più giovani e i più maturi non c’è tanta differenza”. “L’attenzione per uno spot in tv può arrivare fino a 10 secondi, sul digitale può arrivare a 2” conclude. “Dobbiamo avere un mix di tutti e due. È come una dieta, che non è tutta fatta di grassi, o proteine, ma un misto”.

Lavorare sul formato è importante per catturare l’attenzione

Ma per catturare l’attenzione giusta sembrano essere decisivi non solo i contenuti e i messaggi giusti, ma anche i formati. “Abbiamo introdotto un concetto nuovo, quello dei frame, i formati”, commenta Francesco Gallucci. “Il formato, la cornice, è diventato fondamentale. Oggi ha una rilevanza nel richiamare l’attenzione quasi quanto i contenuti stessi. Lavorare sul formato è importante per catturare l’attenzione. Il cervello ha bisogno di essere guidato verso i contenuti”. La cosa importante è proprio questa. “Questa ricerca, al di là dell’aspetto scientifico, ha una ricaduta pratica”, ha aggiunto Girelli a margine della presentazione. “Siamo andati ad analizzare i formati che, rispetto alla capacità di attenzione, possono impattare. Sono molto importanti i contesti. La modalità di pianificazione su un mezzo come il mobile, dove il livello di attenzione è molto limitato rispetto alla televisione o alle nuove smart tv, dovrà essere fatta con formati diversi rispetto a quelli tradizionali. Verranno caricati sui nostri strumenti che usiamo per la pianificazione e l’applicazione sarà diversa”.