di Maurizio Ermisino
“Questo mondo è assurdo e disumano. E non credo che migliorerà molto presto”. In questa frase c’è tutto il pensiero di Pedro Almodóvar sul mondo di oggi. Un pessimismo storico, potremmo definirlo. C’è tutta una visione sui tempi che stiamo vivendo nel suo ultimo film, La stanza accanto, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha vinto il Leone d’Oro, e che ora arriva finalmente nei nostri cinema, dal 12 dicembre. È il primo film di Almodóvar in lingua inglese, con due straordinarie attrici come Tilda Swinton e Julianne Moore. È un film diverso da quelli a cui ci aveva abituato: intenso e profondo, ma anche molto trattenuto e sobrio. Dentro a tutta la sua visione del mondo, infatti, c’è un tema centrale: la morte, e la possibilità di scegliere il modo e il momento di lasciare questo mondo. Cioè l’eutanasia. È una storia dura, dolorosa, delicatissima, commovente, che il grande controllo di Almodóvar e delle sue attrici e l’uso sapiente di una leggera ironia, non rendono mai troppo duro né troppo dolente. È un film da vedere assolutamente.
Congedarsi al mondo con dignità
Ingrid e Martha sono due vecchie amiche che hanno condiviso gli anni più intensi della loro giovinezza lavorando per una rivista a New York. Ingrid è diventata poi autrice di romanzi e Martha corrispondente di guerra. Come spesso capita, le due amiche si erano perse di vista. Quando Ingrid apprende da una conoscente comune che Martha è ricoverata in ospedale per un tumore in stato avanzato, va a trovarla in ospedale e comprende che Martha sta affrontando bene la malattia e ha bisogno di parlare. Durante una pausa dalle terapie, le due vanno a vedere un film. Prima di entrare Martha, che è peggiorata, confessa ad Ingrid che non ha intenzione di “andarsene dopo un’umiliante agonia”. Vuole congedarsi dal mondo con dignità. Martha le propone di accompagnarla in qualche posto lontano da New York per mettere fine alla sua vita. Ingrid non dovrà fare nulla. È solo che Martha, il giorno che deciderà di andarsene, non vuole essere sola, vuole che ci sia qualcuno nella stanza accanto.
La recitazione
La stanza accanto è il primo film in lingua inglese di Pedro Almodóvar. Vedetelo in lingua originale, se potete. Perché noterete di più la differenza. È vero che molti film del cineasta spagnolo li abbiamo visti doppiati in italiano, ma qui si sente uno stacco con i suoi film precedenti. Non è solo la lingua a incidere. È anche tutto quello che concorre a comporre la recitazione degli attori. Qui tutto è più contenuto: nel contegno, nelle movenze, nella mimica facciale. Gli attori anglosassoni sono molto diversi da quelli spagnoli, che sono più portati al melodramma e a una recitazione più espressionista, più marcata. Julianne Moore e Tilda Swinton sono straordinarie: nelle parole, negli sguardi, e in quelle controscene, i controcampi, in cui vediamo le reazioni alle parole. Quelle scene in cui un attore non parla, ma reagisce, sente. E che sono importantissime.
Un melodramma tenuto a freno
Ovviamente gli attori de La stanza accanto sono funzionali al tono che il regista ha voluto dare al film. Ci aveva abituato a storie iperboliche, a prendere l’incredibile e a renderlo credibile grazie all’emozione e all’empatia, con quel suo modo unico di raccontare le storie, Qui invece c’è una storia molto reale, concreta, minimalista. Un melodramma naturale, in cui però il regista riesce a tenere a freno la commozione, usando l’intelligenza, la riflessione e l’ironia. “Il genere più vicino a questa storia sarebbe stato il melodramma, ma ho cercato di fare un film contenuto evitando il sentimentalismo e i toni melodrammatici” ha spiegato. “Sebbene il tema della morte sia molto presente, non volevo un film lugubre. Questo film è pieno di luce e vitalità che emanano dal personaggio di Martha e dalla forza della natura che avvolge le due donne nella Casa del Bosco. Dai tempi di Julieta tendo ad una maggiore sobrietà stilistica. Ne La Stanza Accanto il tema del film, la morte come unico futuro desiderabile) lo esigeva. È un tema eterno al quale cerco di accostarmi con tatto e delicatezza”. Anche a livello di colori, Almodóvar non rinuncia alle sue proverbiali tinte pastello, ma via via le smorza, a seconda delle situazioni, dei personaggi e dell’incedere del film.
Una storia realistica e minimale
Così l’abbiamo definita. E per renderla tale, ci sono anche tutte le piccole grandi questioni pratiche che ruotano intorno alla scelta di Martha. Come l’idea di scegliere una casa diversa dalla propria, perché andarsene è più facile se non si è circondati da cose familiari, intime, che potrebbero frenare quella decisione. Come la difficoltà e il rischio di trovare quella pillola per il fine vita, attraverso il dark web. Come dare all’amica il segnale della sua morte, quella porta rossa che, passando davanti alla sua stanza, troverà aperta o chiusa. E ancora, il dover lasciare spiegato tutto in alcune lettere, in modo che l’amica non sia ritenuta assolutamente responsabile.
Riflessione sulla malattia, sulla morte, sul mondo
Tutto questo fa capire che tipo di film sia La stanza accanto. Senza alcuna polemica, senza che diventi mai dichiaratamente un film politico – ma in fondo non può non esserlo e, come si dice, tutto è politico – Almodóvar riflette sulla malattia e la morte. È interessante quello che dice Martha a un certo punto del film. “La gente vuole che continui a vivere. Perché è in questo modo che viene considerato oggi il cancro. Come una lotta: se vinci sei un eroe, se perdi sei lo sconfitto”. “Ma questo è il mio modo di combattere il cancro. Non può prendermi se mi prendo prima io”. Ma, nel corso dei dialoghi, Almodóvar non si sfuggire l’occasione di dire il suo punto di vista sul mondo: la guerra, la crisi climatica, il neoliberismo e l’estrema destra. Per questo La stanza Accanto è un film sul fine vita, ma anche una summa del pensiero del Maestro spagnolo. Se fosse stato girato da un autore italiano, un film come questo avrebbe acceso dibattiti e polemiche (ricordiamo quando toccò il tema Marco Bellocchio con La bella addormentata). Probabilmente si continuerà a parlare di questo film per la qualità artistica più che per il suo carattere politico.
Nel nome di Hopper, Keaton, Huston e Joyce
Il suo primo film americano è anche l’occasione per Almodóvar di mostrare l’America che ama. I quadri di Hopper, il cinema di Buster Keaton e di John Huston. È proprio il suo The Dead – Gente di Dublino, il film tratto dal racconto di James Joyce, uno dei fili conduttori de La stanza accanto, ricorrendo spesso lungo il racconto, come La sera della prima di John Cassavetes e Un tram che si chiama desiderio di Tennesse Williams / Elia Kazan scorrevano sottotraccia in Tutto su mia madre. Le parole di The Dead ricorrono spesso durante il film e contribuiscono a dare un tono di pace e serenità, quella di cui ha bisogno, a tutta la storia. “La neve cade sul cimitero solitario, cade lieve nell’universo, e cade lieve su tutti i vivi e sui morti.”