Stefano Monticelli, Ceo e Executive Producer BLACK MAMBA
È finito il 2022, che anno è stato per voi?
Il 2022 è stato un anno straordinario, un consolidamento della nostra posizione, che aveva avuto una svolta nel 2021 con un fatturato triplicato. Diciamo che la percezione di Black Mamba è quella di casa di produzione affidabile, che ha deciso di accogliere i progetti, facendoli crescere al suo interno. Una sorta di incubatrice. Dico sempre ai nostri clienti che quando accettiamo di partecipare a una gara è perché poi seguiremo il progetto in tutti i suoi aspetti, con passione e dedizione, non come ‘uno dei tanti’, e puntualmente le aspettative vengono ripagate. Ho lavorato per anni evitando di sopravvivere ma costruendo una realtà alternativa alle solite vecchie scelte.
Quali gli obiettivi raggiunti di cui andate più fieri e quale il progetto realizzato che diventa benchmark?
Sicuramente l’obiettivo principale è stato quello di superare a testa alta il periodo peggiore di sempre, ovvero la pandemia. Abbiamo capito che presidiare il posto di lavoro anche nei periodi peggiori, alla fine paga. Abbiamo ampliato il nostro organico, perfezionando il reparto di ricerca regia; non esiste un progetto benchmark’ ma ci siamo accorti che sempre più spesso veniamo chiamati su gare importanti, dove la ricerca regia fa la differenza. Avendo un passato nella radio, trovo una curiosa analogia tra la ricerca regia e la ricerca della canzone più bella da programmare alla radio, quando i D.J. sceglievano la musica. A volte ci sentiamo un po’ dei D.J. quando proponiamo le regie.
Contingenza a parte, che cosa augurate all’industry per il nuovo anno, insomma quali gli ambiti sistemici su cui lavorare pro tutti?
Lo ripeto da sempre, più coraggio. Anche da parte delle agenzie. Capisco che sia complesso ma non si deve partecipare alle gare impossibili, con dieci partecipanti e regole inaccettabili; questo dovrebbe valere per tutti. Io sono sempre stato pro-associazionismo. È complicato stare insieme ma ti rende forte, non capisco i battitori liberi, rendono più deboli loro stessi e il sistema.
In che direzione va il rapporto con i clienti, su cosa state ragionando per vestire meglio le loro esigenze, a quali ambiti, nuovi servizi, visioni?
Non si può essere fornitori di tutti. I clienti vanno selezionati, ci si deve conoscere, frequentare, comprendere. Ci sono aziende con le quali si lavora benissimo, vanno fidelizzate, sono le aziende stesse che ce lo chiedono. I nostri clienti ci chiedono anche una sorta di consulenza. Un modo è quello di essere sempre presenti, rispondere subito alle richieste. A volte segnaliamo soluzioni che non passano necessariamente da noi, l’importante è indicare la giusta direzione.
Nell’era della proliferazione dei touch point sembra che la quantità vinca. Ma alla fine non è la memorabilità a fare la differenza? Non vi sembra che le belle cose siano sempre meno? La causa è del budget, della creatività o della scarsa attenzione riservata al crafting dai committenti?
Penso che la qualità vinca sempre ma la qualità deve partire innanzitutto dall’idea, che può richiedere anche un crafting basico ma che non deve essere una scusa per risultare inaccurato. Il problema è del linguaggio, spesso per paura di adottarne certi si sbaglia a comunicare e per adottare il linguaggio giusto bisogna essere coraggiosi. Forse è per questo che noi italiani siamo scarsi in pronuncia con l’inglese.