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Festa del Cinema di Roma: Suburraeterna, prodotto da Cattleya, arriva su Netflix il 14 novembre. Filippo Nigro: “Suburra non è un luogo geografico, ma uno stato umano”

di Maurizio Ermesino

Panem et circenses. Era quello che gli imperatori romani donavano al loro popolo, per tenerlo a bada e non creare rivolte: il cibo, e lo spettacolo, i gladiatori. Così, in Suburraeterna, un nuovo politico salito alla ribalta nel consiglio comunale, Ercole Bonatesta, propone una nuova idea per sviare le menti dalla crisi che sta mettendo in ginocchio le persone e dalle rivolte che stanno mettendo a ferro e fuoco Roma: il nuovo Colosseo, il nuovo stadio della Roma.

Suburraeterna, la nuova serie spin-off di Suburra, è stata presentata ieri alla Festa del Cinema di Roma ed è in arrivo su Netflix il 14 novembre. Al cento di questa serie crime particolarissima c’è la solita triade: politica, Chiesa e strada, cioè Campidoglio, Vaticano e i gruppi criminali del sud di Roma e di Ostia. Ritornano alcuni dei personaggi storici e nuovi ne entrano in scena.

Spadino torna a casa

2011: Romba Brucia. Il governo rischia di cadere, il Vaticano è in crisi e le piazze della città sono letteralmente date alle fiamme. L’ex politico Cinaglia (Filippo Nigro) ha raccolto l’eredità di Samurai e, insieme al mafioso Badali (Emmanuele Aita), continua a gestire gli affari criminali della città, con l’aiuto di Adelaide (Paola Sotgiu) e Angelica (Carlotta Antonelli), rimaste a capo degli Anacleti, e di Nadia (Federica Sabatini), che le aiuta a gestire le piazze di Ostia. Ma ci sono dei nuovi protagonisti, lupi affamati, che stanno entrando in scena, stravolgendo gli equilibri di Roma. Spadino (Giacomo Ferrara), che vive a Berlino e fa il deejay, è costretto a tornare a casa dopo un fatto che riguarda la sua famiglia, e a cercare nuovi alleati.

Ilaria Castiglioni (Netflix): Suburra è stato il primo originale italiano di Netflix

È una scelta strategia molto particolare questa nuova serie, spin-off di Suburra, da parte di Netflix. Chiusa Suburra piuttosto frettolosamente, con una terza stagione di soli sei episodi che sembrava aver accelerato il compimento di alcuni degli archi narrativi della storia, ora ritorna in quel mondo, con una produzione nuova, un nuovo titolo e la definizione di spin-off, per quello che, in qualche modo, è comunque Suburra 4.

“C’erano personaggi vivi e per un crime era già un punto di partenza”, spiega Ilaria Castiglioni di Netflix. “C’era un capitale di personaggi e storie che il pubblico ha amato e che sono patrimonio collettivo a Roma, in Italia e fuori. Abbiamo voluto espandere l’universo basato su quel capitale di personaggi e storie. Questo anche per il fatto che Suburra in Italia per noi è stata la prima volta, è stato il primo originale italiano di Netflix su cui sentivamo c’era la possibilità di fare questa operazione. Il mondo umano di queste storie, questi personaggi non risolti con la terza stagione, aveva ancora qualcosa da raccontare”.

Gina Gardini (Cattleya): Le storie di Suburra non finiscono mai

A produrre c’è ancora Cattleya, che ha una linea editoriale ben precisa: produrre serialità nell’ambito dei generi in cui il cinema italiano è stato grande. Così quello che oggi chiamiamo crime è l’erede del poliziottesco italiano degli anni Settanta. E infatti Suburra arriva dopo Romanzo criminale e Gomorra, prodotte da Cattleya per Sky (e che torneranno con dei prequel, come vi avevamo annunciato in occasione dei 20 anni di Sky). Sono tutte storie che hanno a che fare con la ricerca del potere. Che, anche in questa Suburraeterna, è centrale, e che a Roma è però diverso dagli altri luoghi. “Il tema principale è il potere”, spiega Gina Gardini, produttrice di Cattleya. “Chi lo ha, chi ne ha bisogno e chi lo vuole prendere. È stata la nostra stella polare in tutti gli sviluppi di Suburra. È un tema universale. Ma è anche particolare, su Roma. È l’unica città in cui c’è questa dialettica tra la strada, la politica e la Chiesa. Per questo le storie che racconti in quel mondo non possono finire mai”.

Fabrizio Bettelli: “Vediamo personaggi iconici trasformarsi”

Suburaeterna infatti rimette in gioco alcune figure che avevamo conosciuto nelle tre stagioni di Suburra e le mette in relazione a nuovi protagonisti del crimine, appena arrivati e quindi più affamati di loro.

“È stato come ritrovare dei vecchi amici che avevamo cresciuto”, racconta Fabrizio Bettelli, Head writer della serie. “Erano nel romanzo e nel film, ma in una serie di 10 puntate – com’era la prima stagione – li abbiamo svezzati, modellati, sentiti particolarmente nostri. Abbiamo trovato dei vecchi amici cambiati, sono sopravvissuti a Suburra – La serie e sono in parte diversi. Sono passati degli anni. È questo è un elemento di fascino: vedere personaggi iconici trasformarsi”.

Il vuoto dei personaggi mancanti è colmato da mondi nuovi. Il concept è sempre quello della tripartizione di mondi – il mondo alto, il mondo di mezzo e quello basso – che lottano per il potere. I nuovi sono affamati di vita e di potere. Si volta pagina, si incontrano i vecchi personaggi, e i nuovi hanno più fame, uno sguardo più famelico. Ma alcuni tornano, altri nel loro cambiamento devono guardarsi le spalle da questi lupi giovani L’arena si complica e i mondi si moltiplicano. La mitologia della serie è sempre molto forte: approfondiamo la fondazione delle famiglie zingare di Roma. Suburra è un crime ma non un true crime: è solo ispirato a elementi della realtà, con sufficiente facilità potrete ritrovare elementi delle criminalità romana”.

Giacomo Ferrara: “Ho spogliato Spadino dei suoi vezzi, abiti e look”

Sburraeterna, lo spin-off di Suburra, per riportare in scena i suoi protagonisti riparte da un archetipo delle storie crime, quello de Il padrino di Francis Ford Coppola: il figlio che non vuole percorrere la strada del padre, che vuole uscire dal mondo criminale, ma che gli eventi e il ruolo riportano verso il Male. La storia del Michael Corleone di Al Pacino dopo la morte di Don Vito Corleone era proprio questa. E qui è quello che accade Spadino, interpretato da un Giacomo Ferrara diverso, cresciuto nella consapevolezza, nel look, nella personalità. “Con questo personaggio ci sono cresciuto; mi hanno conosciuto che avevo 23 anni e ne ho quasi 33” commenta l’attore. “È cresciuto anche lui, ed è stata già una grande sfida passare dal film alla serie in cui si raccontava un personaggio. È un personaggio iconico per molti, un amico per i fan che incontro per strada. Spogliarlo di quei vezzi, quegli abiti, quel look che lo aveva reso iconico è stata una sfida molto difficile, molto bella: lo ritroviamo anni dopo fuggito da Roma a Berlino dove si è costruito una vita. Ha trovato un amore, una vita, un lavoro: fa il deejay. Ma un evento lo riporta a Roma e tutto quello che credeva di aver lasciato alle spalle lo fa tornare indietro. È una lotta tra quello che è oggi e quello che è stato. È Alberto: è cresciuto e non vuole nascondersi dietro un ghigno o un vezzo, esprime i suoi sentimenti totalmente”.

Filippo Nigro: “Ci sono eventi reali in cui le persone si possono riconoscere”

L’altro grande reduce dalle precedenti stagioni di Suburra è l’Amedeo Cinaglia di Filippo Nigro, che rappresenta il trasformismo della politica, lo scivolare verso l’illegalità, il restare sempre a galla. Come Spadino, anche Cinaglia è nuovo: esteticamente più anonimo, il volto più torvo, la mascella serrata di chi è determinato a prendersi tutto.  “Cinaglia rimane sempre lì: non è più un politico, ha una cooperativa di decoro urbano. Ha in mano questo dossier di Samurai. Ce l’ha fatta. Ma Cinaglia non ce la fa mai perché a Roma nessuno ce la fa mai: è un bersaglio mobile. Ma qui c’è un aspetto più umano: ha un segreto e una famiglia da proteggere, non è bello avere un padre come Amedeo Cinaglia. Ha un segreto inconfessabile a sé e ai suoi figli. È pronto ad associarsi con i peggiori nemici pur di raggiungere il suo obiettivo, e questo è un aspetto importante per il personaggio”. Ed è proprio Filippo Nigro che meglio di tutti trova il senso di una storia come quella di Suburra. “Suburra non è solo un luogo geografico, ma uno stato umano. Di realizzare uno stadio per la Roma se ne parla dall’82, c’è l’ambizione dell’Expo, delle Olimpiadi e così via. Eventi reali in cui le persone si possono riconoscere e per le quali si possono anche incazzare, che vivano a Roma o meno”. Suburra, insomma, non è la realtà. Ma lo sembra davvero tanto.