“Leggo ancora su LinkedIn la frase di Mario Andretti “se hai tutto sotto controllo significa che non sei abbastanza veloce.” A scriverla sono spesso neolaureati o giovanissimi manager nativi digitali che vivono la piattaforma come un reale luogo di lavoro dove la quote cool porta like e i like portano opportunità di business. Quando mi ci imbatto, sorrido. La generazione X ha infilato quel “virgolettato” in ogni PowerPoint per almeno dieci anni. Ci abbiamo creduto. Abbiamo giocato a fare gli spericolati consapevoli che un playground lento rendesse la velocità differenziante. Ma il tentativo è riuscito in parte perché il mondo ci ha sorpassato ugualmente, diverse volte, anche quando abbiamo provato a dare gas, mostrando dimestichezza con la tecnologia di turno, e illudendoci che non era necessario mettersi in discussione.
Ci è mancato proprio il controllo.
Contrariamente a ciò che spesso si pensa, il controllo non è sinonimo di rigidità o dominio. Anzi, nei tempi moderni, caratterizzati da accelerazione costante e imprevedibilità, il controllo efficace si manifesta come capacità di mantenere un equilibrio dinamico. È una consapevolezza attiva, un allenamento mentale e pratico che consente di governare il caos senza lasciarsene sopraffare. È un’abilità che richiede ascolto, osservazione e adattamento. Non so quanto abbiamo ascoltato, osservato, e quanto ci siamo adattati. Quanto siamo stati capaci di tirare una riga tra i comodi noi stessi che eravamo e gli scomodi noi stessi in cerca di identità. Ed è in questa incertezza che ci siamo appannati: nel fascino, nella credibilità, nei fee.
L’industry creativa, un tempo guida indiscussa della leadership culturale, ha progressivamente smarrito questo ruolo con l’avvento dell’innovazione tecnologica e delle piattaforme. Incapaci di mettersi in discussione e di affrontare una trasformazione profonda, abbiamo ceduto il passo a una narrazione dominata da numeri, algoritmi e tecnologia applicativa. Tuttavia, questa ritirata ha lasciato un vuoto che può essere colmato. Oggi più che mai, è necessario riscoprire la capacità di interpretare il mondo, abbandonare le zone di comfort e ristabilire una leadership culturale capace di affiancare – e non subordinarsi – agli strumenti tecnologici. Solo così l’industry creativa potrà tornare a essere un faro culturale, capace di orientare le trasformazioni del presente senza esserne passivamente guidata.”
Daniele Cobianchi, Ceo McCann Worldgroup Italy