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Centromarca, Luigi Bordoni confermato alla presidenza. “impensabile perseguire la ripresa varando interventi che vanno evidentemente nella direzione opposta, soffocando le famiglie, le imprese e il mercato interno”

Il Consiglio Direttivo di Centromarca ha confermato Luigi Bordoni alla presidenza dell’associazione Italiana dell’industria di marca per il prossimo biennio. A supportarlo nella sua attività saranno i vicepresidenti Giorgina Gallo (presidente e amministratore delegato L’Oréal Italia), Francesco Averna (presidente del Gruppo Averna) e Valerio Di Natale (presidente e amministratore delegato Kraft Italia).

Del rinnovato organo di governo di Centromarca fanno parte esponenti delle principali industrie di marca operanti in Italia: Antonio Baravalle (Lavazza), Paolo Barilla (Barilla), Alberto Bauli (Bauli), Niccolò Branca di Romanico (Branca), Antonio Bulgheroni (Lindt & Sprüngli), Stefano Clini (Heinz-Plasmon), Angelo Colussi (Colussi), Marina Deserti (D&C), Jean Jacques Dubau (Campari), James Hill (Unilever), Sami Kahale (Procter&Gamble), Gino Lugli (Ferrero), Filippo Meroni (SC Johnson), Francesco Mutti (Mutti), Debora Paglieri (Paglieri), Umberto Pasqua (Pasqua), Antonio Posa (Kellog’s), Mario Preve (Riso Gallo), Marco Rosi (Parmacotto), Lamberto Vallarino Gancia (Gancia), Antonio Vanoli (Parmalat), Leo Wencel (Nestlé).

Secondo le elaborazioni dei centri studi di Centromarca e di Ref Ricerche, l’aumento dell’Iva, determinerà:
– crescita dei prezzi (+0,6% per i prodotti alimentari e +0,9% per il non alimentare)
– contrazione della domanda (-0,3% per l’alimentare e -0,45% per il non alimentare)
– flessioni del prodotto interno lordo (-0,25%) e dell’occupazione (-0,2%)
– calo del gettito fiscale (stime in elaborazione)

“E’ impensabile perseguire la ripresa varando interventi che vanno evidentemente nella direzione opposta, soffocando le famiglie, le imprese e il mercato interno”, rileva in una nota Bordoni. “Invece di penalizzare la domanda tassando i consumi, ci aspetteremmo interventi sul fronte della spesa pubblica, dove gli sprechi erano e restano colossali a livello centrale e periferico”. Analogo impegno è atteso sul fronte delle liberalizzazioni. “Il potere d’acquisto cala anche per effetto dell’inasprimento della pressione fiscale e della crescita delle spese obbligatorie incomprimibili: bollette gas/energia/acqua, sanità, carburanti, trasporti pesano sempre più sui consumi degli italiani. Nel 1992 eravamo al 32,3%, nel 2011 siamo passati al 39,5% (con una crescita del 7,2%). Ci sono poi i costi bancari, assicurativi, che sono lievitati a dismisura, anche per la mancanza di reale concorrenza in questi settori”.