di Massimo Bolchi
“Abbiamo bisogno di una politica industriale che favorisca fusioni e acquisizioni, perché la taglia delle nostre imprese ci penalizza nel mercato globale», ha sottolineato il presidente di Centromarca Francesco Mutti nel corso dell’incontro ‘Geopolitica, società, innovazione – Scenari e priorità per l’Industria di Marca’, promosso alla Triennale di Milano in concomitanza con l’assemblea dell’associazione. “«È inoltre fondamentale finalizzare le risorse pubbliche sui comparti strategici e creare le condizioni migliori per gli investimenti, in particolare quelli destinati alla digitalizzazione e allo sviluppo sostenibile”.
Nette anche le considerazioni del Presidente sulla legalità: “Chi non rispetta le regole, altera la concorrenza e compete in modo sleale. L’illegalità si combatte con leggi chiare e controlli rigorosi, perché il corretto andamento del mercato è elemento d’interesse collettivo”.
Il richiamo al Governo è stato altrettanto chiaro, incentrato su competitività, innovazione, sostenibilità e legalità, tutti ambiti su cui Centromarca ha posto l’accento, portando la voce di un settore fondamentale per l’Italia: 200 aziende industriali manifatturiere, alimentari e non food, che commercializzano 2.400 marchi, sviluppano un giro d’affari di 64 miliardi di euro (in un mercato Gdo che vale 94 miliardi) e occupano 97mila persone. Una compagine di realtà eccellenti da cui scaturiscono 70 miliardi di valore condiviso a monte e a valle della loro attività (un quarto del prodotto interno lordo dei soli settori agroalimentare e vitivinicolo).
“Consideriamo che tra il 2019 e il 2023 il valore complessivo degli acquisti delle famiglie è cresciuto in termini di consumo da 1058 miliardi a 1061 miliardi. Una crescita del 0,3%, nulla in termini quantitativi”, ha sottolineato il Presidente, per poi proseguire: “In questa fase critica, le IdM hanno risposto mantenendo o potenziando gli investimenti, in particolare destinando un 6% delle loro entrate totali, con un trend di crescita costante, alla ricerca e sviluppo”.
Secondo le rilevazioni, ogni occupato nell’industria di marca genera sette posti di lavoro nella filiera del largo consumo e dieci complessivi in Italia. L’associazione è pertanto impegnata nel contrasto all’introduzione di nuove tasse sui consumi e a qualsiasi ipotesi di rafforzamento di quelle esistenti. “Gli effetti che ne deriverebbero sul potere d’acquisto delle famiglie, sulla dinamica della domanda interna e sui livelli occupazionali sarebbero fortemente negativi”, ha rilevato Mutti. “Siamo il comparto responsabile che ha evitato – ogni impresa per quanto le era possibile – di scaricare a valle istantaneamente i pesanti aumenti esogeni di costo che in questi anni sono piovuti sui nostri conti economici”.
L’analisi dei bilanci mostra che tra il 2020 e il 2022 l’incidenza dei costi sostenuti, dalle industrie aderenti a Centromarca, per l’acquisto di materie prime è cresciuta dal 54,5% al 57,8%. Energia elettrica, acqua e gas hanno visto il loro peso aumentare dall’1,3% al 2,4%. Gli extracosti sono stati in parte assorbiti nei conti economici e in parte trasferiti a valle con estrema gradualità. Per effetto della crescita dei costi l’utile netto complessivo è calato dal 5,5% al 4,6%.
A una fase critica per la congiuntura e i mercati l’industria di marca, nel suo insieme, ha risposto mantenendo o potenziando gli investimenti. Il 6% delle entrate è stato destinato alla ricerca e allo sviluppo. Il 63% delle aziende ha aumentato gli impieghi in tecnologie digitali, come le piattaforme di e-commerce, l’intelligenza artificiale e gli strumenti per la gestione dei big data. Oltre il 70% ha aumentato gli stanziamenti destinati alla sostenibilità, con focus sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e sull’adozione di pratiche di economia circolare.
L’industria del largo consumo, complessivamente, rappresenta l’11,6% di tutti i beni manifatturieri nell’Unione europea. Il 61%, pari a 276 miliardi di euro, resta all’interno dei confini; il 39%, pari a 174 miliardi di euro, è esportato. I prodotti di marca europei, particolarmente richiesti in tutto il mondo, rappresentano il 33% del saldo commerciale positivo dell’Ue. Investendo 81 miliardi di euro l’anno nell’Unione europea, l’industria dei beni di largo consumo contribuisce significativamente alla competitività e all’innovazione.
Alle tavole rotonde di approfondimento che hanno caratterizzato l’incontro hanno preso parte: Paolo Barilla (Vicepresidente Gruppo Barilla), Marco Bentivogli (esperto di politiche industriali e del lavoro Base Italia), Mirja Cartia d’Asero (Amministratrice delegata Gruppo 24 Ore), Roberto Leopardi (Group ceo e general manager Bolton), Paolo Magri (Vicepresidente esecutivo Ispi), Mara Panajia (Presidente e amministratrice delegata Henkel Italia), Corrado Passera (Fondatore e amministratore delegato illimity), Vincenzo Perrone (Professore ordinario Università Bocconi), Cristina Scocchia (Chief executive officer illycaffé), Andrea Scotti Calderini (Fondatore e ceo Freeda), Veronica Squinzi (Amministratrice delegata Gruppo Mapei), Massimiliano Valerii (Direttore generale Censis). Per le conclusioni è intervenuto il ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, che ha sintetizzato così uno dei pericoli che minaccia l’IdM: “L’AI è fondamentale per l’industria: il maggior rischio che corriamo tutti è di accontentarci di fare i ‘regolatori’ invece di partecipare in prima persona allo sviluppo di questa tecnologia”.