di Maurizio Ermisino
Impresa e arte cinematografica sono mondi sempre più vicini. Per capire come comunicano tra loro è interessante seguire la 3 giorni del Premio Film Impresa, in scena da oggi fino all’11 aprile alla Casa del Cinema di Roma. Il premio Film Impresa si è aperto oggi con il Premio Speciale a Ferzan Ozpetek, un grande del cinema che ha messo spesso la sua arte al servizio del racconto delle imprese italiane, come Unicredit e FS.
Ma perché nasce il premio Film Impresa? Perché, sempre più spesso, le aziende realizzano non solo gli spot pubblicitari, ma anche film, corti o lungometraggi, documentari o di finzione, in cui raccontano loro stesse, la visione degli imprenditori che le hanno create, il rapporto con il territorio. Insomma tutti quei valori d’impresa che spesso, nella comunicazione commerciale, non vengono valorizzati nella giusta maniera.
E perché questi sono film che a volte non vengono visti, perché vengono veicolati ai propri clienti, ai propri dipendenti, ai partner commerciali, ma non arrivano al grande pubblico. “Dare vita a un progetto come Film Impresa, allora, vuol dire costruire un cantiere di visibilità per capire cosa succede quando il cinema viene in contatto con i sogni e i bisogni delle imprese” come ha dichiarato Mario Sesti, il Direttore Artistico di Film Impresa. Gianni Letta, Presidente di Film Impresa, ha ringraziato le aziende partner del premio. Come lo scorso anno sono Almaviva, Edison, Fondazione Eos – Edison Orizzonte Sociale ETS, Gruppo FS, Umana, e UniCredit. A questi si sono aggiunti Università Campus Bio-Medico di Roma, Fondazione Policinico Universitario Campus Bio-Medico e Würth. Adnkronos è media partner.
Ferzan Ozpetek: “Lo stile è più importante del prodotto”
I lavori di Film Impresa si sono aperti con il talk “Comunicare l’impresa, l’impresa di comunicare. Connessione, emozione, narrazione: il valore del racconto”, e con il Premio Speciale Film Impresa a Ferzan Ozpetek, uno degli autori più rinomati in Italia e all’estero, a cui è stato consegnato il premio con questa motivazione: “Autore di un cinema attento all’inclusione e alla complessità, capace di raccontare con lo stesso rispetto personalità e visione delle imprese”. Parlare con Ozpetek significa davvero capire che cosa accade quando un autore viene chiamato da un’impresa per raccontarla. “Lo stile è più importante del prodotto” esordisce l’autore turco. “Si tratta di raccontare un prodotto in un modo che sia artistico, che diventi un oggetto d’arte, che crei emozione. Il che non vuol dire nasconderlo”. “Ultimamente mi succede spesso” continua il regista de Le fate ignoranti. “Ho fatto dei film per Ferrovie dello Stato, Unicredit, Maserati, per cui a a breve è in uscita il nuovo corto da 18 minuti. E ho lavorato con una bevanda turca, Rakı, la più bevuta nel nostro Paese, che non può fare pubblicità perché Erdogan è contrario. Ho fatto tre corti, La Trilogia di Istanbul, che vanno al festival di Istanbul e sono stati acquistati da Netflix”.
Unicredit e FS: cinema d’impresa ma con dentro il mondo di Ozpetek
Sullo schermo della Casa del Cinema sono passate le immagini del corto per Unicredit. È un film (produzione Twenty8 Studios) che, con un montaggio originale – grazie a un filo rosso, letteralmente, con i colori del brand – racconta il supporto della banca alle imprese. È evidente come ci sia dentro tutto il cinema di Ozpetek. C’è il suo senso per il melodramma e per la lirica (inizia in un teatro, tra velluti e abiti rossi, e un canto operistico è la colonna sonora del film), c’è il lavoro quotidiano delle persone comuni, come quello degli operai di una sartoria e quello degli operatori di un’azienda agricola: ricordate Stefano Accorsi che lavorava ai Mercati generali ne Le fate ignoranti? Anche nel corto di FS, proiettato alla fine, c’è il mondo dell’autore di Istanbul: gli incontri che cambiano la vita, il gioco di sguardi, il partire e il ritornare. Negli anni Ottanta lavorare nella pubblicità era come lavorare in Formula 1: c’erano mezzi e risorse produttive grazie alle quali si potevano sperimentare cose che avevano la loro ricaduta anche nel cinema, fa notare Mario Sesti. “Forse all’epoca” riflette Ozpetek. “Oggi dipende che tipo di film fai, che possibilità hai. Io preferisco, se ci sono cose tecniche molto avanzate, fare le cose semplici. Quando ho girato la serie Le fate ignoranti per la Disney, volevano macchinari enormi: io preferisco usare un motorino con l’operatore con una macchina a mano che una macchina con due camere montate sopra. Mi piace inventare cose artigianali che ti avvicinano all’attore e non ti tolgono le emozioni”.
Cinema per dare un’immagine diversa alle imprese
Il discorso sulla tecnologia è ricaduto nel talk che ha seguito l’intervista a Ozpetek. Di tecnologia, di Intelligenza Artificiale e Metaverso, si occupa quotidianamente Alberto Tripi, Presidente di Almaviva. “I Fratelli Lumière hanno creato il cinema” interviene. “È cinema quando una persona si immedesima in una storia e si commuove. Ed è quello che accadrà con il Metaverso. Stiamo andando verso l’unione tra la tecnologia e l’arte, che può far nascere prodotti intelligenti e accattivanti”. I cineasti, secondo Tripi, hanno un compito importante. “La responsabilità vostra è dare all’opinione pubblica un’immagine diversa da quella che ha ora, dare il messaggio che l’impresa è una cosa seria, che non vende solo il prodotto, ma è anche umanità”.
Il punto di vista di Unindustria
Angelo Camilli, Presidente Unindustria, ha inserito l’audiovisivo tra i settori trainanti della regione. “Nel Lazio c’è il 50% degli occupati del settore audiovisivo italiano. L’incidenza dell’audiovisivo a livello economico è del 3,4%. È un settore importante della nostra città e della nostra regione” spiega. “L’audiovisivo è uno strumento di comunicazione potentissimo per l’impatto che ha sulla percezione e l’immaginario collettivo. Anche per l’industria rappresenta un volano molto importante”. Camilli auspica che il premio Film Impresa, giunto alla seconda edizione, continui negli anni. “È fondamentale che gli imprenditori siano stimolati a raccontarsi sempre di più” riflette. “A raccontare la capacità di innovare, il coraggio di resistere a situazioni complicate come la pandemia, il rapporto con i dipendenti, con i territori”.
ANICA: l’importanza della formazione
Dell’idea di creare un terreno comune tra cinema e impresa, di capire come queste due competenze possano interagire insieme, si parla quotidianamente anche in ANICA, non solo con le parole ma anche con i fatti. Il Presidente Francesco Rutelli ha parlato di alcuni corsi in svolgimento. ANICA Summer School serve per fare avvicinare i ragazzi delle superiori, quelli del terzo e quarto anno, e far loro scoprire le molte professioni interessanti e creative. Creare storie è dedicato ai giovani dai 18 ai 25 anni. Sono stati fatti dei corsi sull’intimacy coordinator, le figure che si occupano che le scene di sesso e violenza sul set avvengano con rispetto e in maniera ragionevole. Ci sono corsi di economia e finanziamento, per imparare a gestire i budget, di amministratore di produzione, un corso base per contabilità e gestione dei rapporti di lavoro, il corso Writers Room, per chi scrive serialità, e un corso per direttore di produzione dei film d’animazione. Sono stati fatti anche corsi in regioni, come la Calabria, dove molti vanno a girare, ma non c’ è personale, e formazione in tema di sostenibilità.
Gruppo FS Italiane: a maggio nuovo spot diretto da Volfango De Biasi
“Per noi il racconto per immagini è fondamentale” ha spiegato Luca Torchia, CEO del Gruppo FS Italiane, che dieci anni fa aveva scelto Ferzan Ozpetek per girare un corto e uno spot per il lancio dell’Alta Velocità e Frecciarossa. “È parte del racconto di quello che offriamo alla nostra clientela, ma anche quello che noi siamo: cerchiamo di garantire esperienze di viaggio ai nostri passeggeri”. Il racconto di Frecciarossa è continuato con una serie di spot pianificati per il Natale del 2022 e il 2023. “Il 15 maggio ci sarà il terzo episodio, con il nuovo spot girato da Volfango De Biasi” annuncia Torchia. “Per noi è importante, prima di trasmettere il brand, comunicare l’emozione delle persone che salgono a bordo. Non abbiamo mai fatto comunicazione commerciale, mai evidenziato il prodotto: il brand placement si fa partendo dalle emozioni delle persone”. La protagonista del prossimo spot è una macchinista di un Frecciarossa e lo è davvero, c’è dunque una componente documentaristica.
Edison e Umana: l’importanza delle immagini
“Abbiamo avuto la fortuna di avere avuto Ermanno Olmi, il grande maestro, tra i nostri dipendenti negli anni Cinquanta” commenta Cristina Parenti, Direttore Relazioni Esterne e Comunicazione di Edison. “Si occupava della ripresa delle nostre attività. È un imprinting, una cosa che ci ha segnati. È qualcosa che teniamo vivo anche oggi, cerchiamo di mantenere il valore del racconto del mondo del lavoro”. “Per le imprese è fondamentale raccontarsi” ragiona Maria Raffaella Caprioglio, Presidente di Umana. “Oggi che i giovani possono e vogliono scegliere dove andare a lavorare, raccontarsi per le aziende è importante. Le aziende hanno cose da dire. Se un giovane sa cosa produce, ma anche cosa fa, in fatto di sostenibilità e di welfare, può scegliere un’azienda in base a questo. Per noi che ci occupiamo di servizi è particolarmente complesso e delicato promuovere i concetti. Non ci sono prodotti da far vedere”.
Unicredit: comunicare aiuta a definire meglio la propria visione
Promuovere servizi e concetti fa parte anche della comunicazione di Unicredit, un’azienda vicina alle imprese dell’audiovisivo, che utilizza per la sua comunicazione, e alle imprese, che sostiene con i finanziamenti. “La rappresentazione diventa sostanza” riflette Roberto Fiorini, Regional Manager Centro di Unicredit. “Se non lo rappresenti non esiste. Nei servizi, dove non c’è un prodotto, la comunicazione passa dalla fiducia che si instaura con i clienti. E per questo serve un racconto. Nell’ultima campagna media, Ogni impresa, una storia, abbiamo chiesto a sette imprese, in sette territori, di raccontarsi e raccontare che cosa ha fatto con Unicredit: una narrazione che passa dai fatti”. Ma fare cinema d’impresa ha anche un’altra funzione. “Nel momento in cui approcciamo una campagna di comunicazione scopro che mi aiuta a definire meglio la mia visione” ragiona Fiorini. “È maieutico: ti vedi con gli occhi del mercato e ti migliori”. E così abbiamo trovato un altro senso al cinema d’impresa. A sintetizzarlo è Mario Sesti. “I filmati d’impresa sono uno specchio. Qualcosa che fa definire la tua sagoma” riflette il Direttore Artistico. “È vero che un servizio è più impalpabile degli oggetti. Ma se un servizio funziona la gente lo sa. Il racconto non è solo una necessità imprenditoriale, ma serve a raccontare l’azienda a sè stessa. Ha una funzione identificativa”.