di Giuseppe Mayer
Quando più di 20 anni fa i primi digital entrarono in azienda erano davvero visti comealieni; personaggi con una lingua diversa che blateravano di un mondo futuribile dove in tempo reale potevi parlare con un collega dall’altra parte del mondo o comprare un cesto di banane online o ancora fare pubblicità senza carta, tv o radio.
L’onda della Trasformazione Digitale non ha toccato ancora la riva ed ecco palesarsi all’orizzonte uno tsunami che promette di ridefinire l’intera vita in azienda, ma siamo pronti?
Quello che già oggi l’intelligenza artificiale generativa è in grado di offrire alle aziende è di sicuro la possibilità di ottimizzare i processi e promuovere l’innovazione seguendo diverse modalità d’azione. Analizzando i dati storici, l’AI identifica modelli, colli di bottiglia e inefficienze nei processi aziendali, fornendo approfondimenti utili per garantire un’allocazione ottimale delle risorse e una maggiore efficienza. Ma la promessa dell’AI generativa va oltre la mera ottimizzazione ed alimenta l’innovazione in molti modi. Generando nuove idee, concept o progetti, apre a soluzioni creative e approcci alternativi, portando a miglioramenti nell’esperienza del cliente, nello sviluppo di nuovi prodotti e nella differenziazione competitiva.
Oltre ai processi l’AI ha già iniziato ad impattare in modo significativo anche la comunicazione interna; i metodi tradizionali, manuali e gerarchici, di trasferimento della conoscenza hanno da sempre mostrato limiti evidenti. L’AI, anche in questo caso, sembra portare una soluzione efficace che velocizza la comunicazione, abbatte le barriere e fornisce informazioni in tempo reale.
L’idea di codificare e incorporare tutta la conoscenza collettiva di un’azienda, prima dispersa e informale, è un caso d’uso tanto semplice quanto dirompente; per certi versi è una rivoluzione paragonabile all’invenzione della stampa. Rende le informazioni accessibili a tutti, democratizzandole.
Se possibile ancora più d’impatto credo sarà l’entrata dell’AI nel mondo delle risorse umane. Superando i limiti tradizionali di questa funzione, l’AI promette di analizzare e identificare le competenze necessarie per i vari ruoli con precisione oggettiva e, se addestrata correttamente, riducendo i bias tipici dei processi di selezione e rendendo questi percorsi di selezione più inclusivi.
Ma anche qui l’impatto non si fermerà alla selezione, ma proseguirà in ambiti come la formazione dove l’AI può supportare nella creazione di percorsi personalizzati di up-skill e re-skill analizzando dati sulle performance, stili di apprendimento e obiettivi di carriera dei dipendenti. L’AI potrà così fornire supporto in tempo reale e contenuti su misura monitorando i progressi per garantire un miglioramento continuo.
Insomma sembra proprio che l’AI stia entrando in azienda e forse tutto lo sforzo fatto negli anni della “trasformazione digitale” permetterà a questi strumenti di diffondersi più rapidamente. Ovviamente, come ogni nuova tecnologia anche questa porta con sé opportunità e rischi, ma la scelta peggiore sarebbe quella di ignorarla o peggio di temerla. Sta a noi professionisti tenere il volante, decidere la marcia e lo stile di guida.
E adesso rispondiamo alla domanda da cui siamo partiti. Siamo pronti? No, per molti versi la maggior parte delle aziende non è ancora pronta e serviranno investimenti in competenze e formazione per governare al meglio queste nuove possibilità. Ma se sapremo coglierne il potenziale, l’intelligenza artificiale generativa promette davvero di rivoluzionare processi, comunicazione interna e risorse umane in azienda rendendo possibile un nuovo modo di lavorare e un’esplosione di creatività e di valore.