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Istat, Rapporto annuale 2023: dal mercato del lavoro dati incoraggianti ma resta marginale l’imprenditoria giovanile. Tra i cittadini cresce la preoccupazione per i cambiamenti climatici

Il Presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli ha presentato questa mattina a Palazzo Montecitorio, il ‘Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese’.

Estratto del Rapporto

Terminato nel primo trimestre 2022 lo stato di emergenza sanitaria nazionale, nel corso dell’anno sono emersi nuovi elementi di criticità. Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, accentuato dal conflitto in Ucraina, ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Nonostante l’attenuarsi della fase più critica della crisi energetica, nel primo trimestre 2023, l’andamento dell’inflazione condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali nel prossimo futuro.

Non mancano, tuttavia, segnali favorevoli. Nel 2022 è proseguita la fase di recupero dell’attività produttiva iniziata nel primo trimestre 2021. A fine anno il saldo commerciale è tornato in attivo. Dati incoraggianti arrivano dal mercato del lavoro, in cui all’aumento degli occupati si è associata la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi.

Nel primo trimestre 2023 si registra una dinamica congiunturale positiva per il Pil, superiore a quella delle altre economie dell’Unione europea, trainata soprattutto dal settore dei servizi. La manifattura mostra invece segnali di rallentamento.

Uno dei temi che l’Istat ha affrontato con maggiore continuità nelle ultime edizioni del Rapporto Annuale riguarda lo stato dell’ambiente del nostro Paese e le connessioni con l’economia e la società.

Le indagini sulle famiglie mostrano che la preoccupazione per i cambiamenti climatici è crescente tra i cittadini.

Le preoccupazioni ambientali si declinano differentemente per classe di età. I giovani fino a 34 anni sono più sensibili alla perdita della biodiversità (32,1 per cento tra i 14 e i 34 anni contro 20,9 per cento degli over 55), alla distruzione delle foreste (26,2 per cento contro 20,1 per cento) e l’esaurimento delle risorse naturali (24,7 per cento contro 15,9 per cento). Gli ultracinquantenni si dichiarano, invece, più preoccupati dei giovani per il dissesto idrogeologico (26,3 per cento contro 17,0 per cento degli under 35) e l’inquinamento del suolo (23,7 per cento contro 20,8 per cento).

Nel 2022, quasi il 60 per cento delle imprese manifatturiere e la metà di quelle attive nei servizi di mercato ha adottato misure finalizzate a rafforzare la sostenibilità dei processi di produzione. La propensione cresce con la dimensione di impresa e nelle regioni del Nord del Paese.

Il Rapporto dedica anche un’attenzione particolare al tema dell’imprenditorialità giovanile e femminile.

Nel 2020, le imprese guidate da giovani di età inferiore a 35 anni sono poco più di mezzo milione erappresentano l’11,7 per cento del totale dell’industria e dei servizi.

I giovani imprenditori operano prevalentemente nella sanità e nell’assistenza sociale, dove rappresentano il 19,4 per cento delle aziende del settore, nelle attività artistiche sportive, di intrattenimento e divertimento e nel settore dei servizi alloggio e ristorazione.

L’incidenza delle imprese giovanili è più elevata nel Mezzogiorno: 13,9 per cento nel Sud, 13,2 per cento nelle Isole e 10,1 per cento nel Nord-est.

Nel 2020, le imprese a conduzione femminile in Italia sono invece un milione e 200 mila e costituiscono il 27,6 per cento del totale.

Esse si caratterizzano per una prevalenza di ditte individuali, un minor numero di addetti rispetto alle imprese maschili, un’età di impresa più bassa della media e operano, per lo più, nel settore dei servizi.

Nel complesso, il sistema produttivo ha dimostrato un elevato grado di resilienza agli shock, consentendo al Paese di recuperare i livelli di produzione precedenti alle crisi e di riposizionarsi sui mercati internazionali.

Pur in presenza di alcune caratteristiche peculiari, non solo in termini di struttura delle imprese ma anche di strategie non sempre orientate ad incrementare la produttività, le imprese più dinamiche hanno mostrato di saper intraprendere modelli virtuosi, basati sulla maggiore partecipazione alle catene internazionali del valore, l’adozione di strategie innovative e la programmazione di investimenti orientati alla sostenibilità, che hanno permesso di ottenere benefici più ampi in termini di crescita economica, produttività e redditività.

Le complesse trasformazioni in atto a livello demografico e nel mercato del lavoro richiederanno, del resto, un rafforzamento del sistema produttivo proprio in tale direzione.